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L’Italia e Isola di Man hanno firmato l’accordo sullo scambio di informazioni

L’Italia e l’Isola di Man hanno sottoscritto a Londra, n data 16 settembre 2013, un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale, basato sul Modello di “Tax Information Exchange Agreement” (TIEA) dell’OCSE del 2002.

Tale Modello ha lo scopo di promuovere la cooperazione in materia fiscale, agevolando lo scambio di informazioni tra le autorità competenti degli Stati contraenti.
Il TIEA, non ha carattere vincolante, rappresenta un modello per la conclusione di accordi bilaterali sullo scambio di informazioni in materia fiscale, nei casi in cui non sono in vigore Convenzioni contro le doppie imposizioni.

Lo stesso giorno l’Isola di Man ha stipulato accordo analogo con il Lesotho.
Il Ministro del Tesoro dell’Isola di Man ricorda che ad oggi l’Isola di Man ha stipulato 41 accordi basati sugli standard OCSE, di cui 31 TIEA.
Con l’Italia salgono a diciassette i Paesi membri dell’Unione europea con i quali l’Isola di Man ha concluso un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale sulla base degli standard OCSE.

Le autorità competenti dei due Stati hanno la facoltà di avviare lo scambio delle informazioni rilevanti per assicurare la corretta applicazione delle disposizioni nazionali relative a ogni imposta rientrante nell’ambito di applicazione del TIEA: le parti contraenti sono tenute a fornire tutte le informazioni prevedibilmente rilevanti per l’Amministrazione fiscale richiedente, incluse quelle informazioni relative alla determinazione, alla verifica e al recupero delle imposte riferite alla persona sottoposta a indagine/controllo da parte dell’Autorità fiscale.
Tuttavia, l’autorità richiesta non è tenuta a fornire le informazioni non richieste dalla normativa fiscale nazionale.

E’ previsto l’obbligo dello Stato richiesto di utilizzare i poteri di cui dispone per raccogliere le informazioni  che gli sono richieste, anche qualora le stesse non siano rilevanti per i suoi propri fini fiscali interni.
E’ esteso l’obbligo dello scambio di informazioni anche a quelle detenute da una banca o da altra istituzione finanziaria, nonché da soggetto che opera in qualità di agente o fiduciario.

Sono individuati i casi in cui lo Stato richiesto può legittimamente rifiutarsi di fornire le informazioni allo Stato richiedente, facendo riferimento ai casi in cui la richiesta non sia effettuata in conformità con le disposizioni del TIEA, o la divulgazione delle informazioni richieste sia contraria all’ordine pubblico o possa rivelare un segreto commerciale, industriale o professionale.
Un’ulteriore ipotesi di “legittimo rifiuto” fa riferimento al caso in cui le informazioni richieste riguardino una disposizione fiscale dello Stato richiedente che discrimina tra un cittadino dello Stato richiesto e un cittadino dello Stato richiedente, in presenza delle medesime circostanze.

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La Svizzera attira gli imprenditori francesi

Dall’inizio dell’anno un centinaio di aziende francesi ha deciso di trasferirsi in Svizzera, l’obiettivo dichiarato è quello di trarre profitto da una tassazione favorevole.

Il Direttore della Camera di Commercio e Industria franco-svizzero ha recentemente reso nota che ora ci sono 850 imprese francesi impiantate nella Confederazione in cui il 25 per cento o più del capitale è di proprietà di una casa madre Francese. Questo dato si contrappone a 750 nel 2011 e a 550 dieci anni fa.

Peri nuovi insediamenti non si tratta semplicemente grandi aziende ma anche piccole e medie imprese, che comincino come filiali commerciali di una società francese .

Inoltre, un numero crescente di imprese francesi invia i dirigenti a lavorare in Svizzera, beneficiando di oneri significativamente inferiori sui salari. Su stipendi mensili di oltre CHF10, 000 gli oneri sociali rappresentano il 32 per cento in Svizzera, contro il 65 per cento in Francia.

Inoltre, i compensi dei  dirigenti francesi non saranno soggetti al contributo eccezionale imposto dalla Francia ai percettori di reddito elevati. L’imposta speciale è attualmente riscossa ad un tasso del 3 per cento sui redditi superiori a 250, 000 e il 4 per cento sui redditi superiori a 500 000 euro.

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Europa: IVA non prevista l’applicazione del prorata mondiale

Una società la cui sede è stabilita in uno Stato membro non può prendere in considerazione, nel calcolare il proprio prorata di detrazione dell’IVA, il fatturato delle sue succursali stabilite all’estero
La sesta direttiva IVA non prevede applicazione del «prorata mondiale»
In seguito a una verifica della sua contabilità, l’istituto di credito Le Crédit Lyonnais (LCL), la cui sede è stabilita in Francia e che detiene succursali all’estero, è stato oggetto di due notifiche di rettifica. L’amministrazione tributaria francese gli ha infatti inviato solleciti relativi, in particolare, all’IVA per il periodo compreso tra il 1° gennaio 1988 e il 31 dicembre 1989, lamentando che esso aveva preso in considerazione l’importo degli interessi dei prestiti accordati alle sue succursali stabilite fuori del territorio francese al fine di calcolare il prorata di detrazione dell’IVA applicabile alla banca.

 LCL ha proposto tre reclami in cui faceva valere la contestazione e la restituzione dell’IVA che la banca ritiene di aver pagato a torto per gli anni dal 1988 al 1990 (circa EUR 31,7 milioni). In seguito al rigetto di tali reclami da parte dell’amministrazione tributaria, LCL ha adito i giustizia amministrativa francese, sostenendo che qualora non si potesse tenere conto dell’importo degli interessi fatturati dalla sede principale alle succursali, in quanto la sede principale formerebbe, unitamente alle succursali estere, un’unica entità, i proventi delle operazioni che queste ultime realizzano con terzi dovrebbero essere considerati come ad essa facenti capo ed essere presi in considerazione per il calcolo del prorata di detrazione ad essa applicato («prorata mondiale»).

 A seguito del rigetto del suo ricorso nonché dell’impugnazione, LCL ha adito in cassazione il Conseil d’État (Francia) che ha deciso di interrogare la Corte di giustizia sull’interpretazione della sesta direttiva IVA . Si tratta di stabilire se la società la cui sede è stabilita in uno Stato membro e che dispone di succursali site all’estero, al momento di assolvere i suoi obblighi tributari nei confronti dello Stato membro in cui ha sede – nella misura in cui realizza sia operazioni che danno diritto alla detrazione sia operazioni che non vi danno diritto – debba prendere in considerazione o meno, per calcolare il suo prorata di detrazione dell’IVA, il proprio fatturato totale, cioè integrare sia quello della sede centrale sia quello delle sue diverse succursali.

 Con la sentenza odierna, la Corte ricorda, in primo luogo, che il regime delle detrazioni sancito dalla direttiva è diretto a sgravare integralmente l’imprenditore dall’onere dell’IVA dovuta o assolta nel contesto di tutte le sue attività economiche. Di conseguenza, il sistema comune dell’IVA garantisce una perfetta neutralità quanto all’onere tributario di tutte le attività economiche, qualunque siano i loro scopi o i loro risultati a condizione che tali attività siano soggette all’IVA. In particolare, allorché l’IVA si riferisce a beni o servizi che sono utilizzati dal soggetto d’imposta per effettuare sia operazioni che danno diritto a detrazione sia operazioni che non vi danno diritto, la detrazione è ammessa soltanto per quella quota dell’IVA che è proporzionale all’importo delle prime operazioni tassate. Il diritto a detrazione è calcolato secondo un prorata determinato in conformità alla direttiva . Orbene, dal momento che il

calcolo del prorata di detrazione costituisce un elemento del regime delle detrazioni, le modalità di tale calcolo rientrano nella sfera d’applicazione della normativa nazionale in materia di IVA alla quale un’attività o un’operazione deve essere fiscalmente collegata (principio di territorialità). Spetta pertanto alle autorità tributarie nazionali stabilire il metodo di determinazione del diritto a detrazione autorizzandole a prevedere la fissazione di un prorata distinto per ciascun settore d’attività oppure la detrazione secondo la destinazione  di  tutti  o  parte  dei  beni  e  servizi  ad  un’attività  precisa  o  anche  a  prevedere l’esclusione del diritto a detrazione al ricorrere di talune condizioni.

 La Corte precisa peraltro che la modalità di restituzione dell’IVA (per detrazione o rimborso) è esclusivamente in funzione del luogo di stabilimento del soggetto d’imposta (sede ma anche stabile organizzazione situata negli altri Stati membri). Così, una società che ha fissato la propria sede in uno Stato membro e che dispone di una stabile organizzazione   in un altro Stato membro deve essere considerata, per tale motivo, stabilita in quest’ultimo Stato per le attività ivi compiute e non potrà più chiedere il rimborso dell’IVA. Spetterà a detta stabile organizzazione sollecitare, presso le autorità tributarie di tale Stato, la detrazione dell’IVA relativa agli acquisti che ivi sono stati realizzati.

 Nei limiti in cui la Corte ha dichiarato che la stabile organizzazione  situata in uno Stato membro e la sede principale situato in un altro Stato membro costituiscono un unico e solo soggetto d’IVA, ne consegue che un unico soggetto passivo è sottoposto, oltre al regime applicabile nello Stato in cui ha sede, ad altrettanti regimi di detrazione nazionali quanti sono gli Stati membri nei quali egli dispone di stabili organizzazioni.

 Orbene, poiché le modalità del calcolo del prorata costituiscono un elemento fondamentale del regime delle detrazioni, non si può tenere conto, nel calcolo applicabile alla sede principale di un soggetto d’imposta stabilito in uno Stato membro, della cifra d’affari realizzata da tutti gli stabili organizzazioni di cui tale soggetto d’imposta dispone negli altri Stati membri.

 Del pari, la Corte risponde, in secondo luogo, che la direttiva deve essere interpretata nel senso che, ai fini della determinazione del prorata di detrazione dell’IVA ad essa applicabile, una società la cui sede è situata in uno Stato membro non può prendere in considerazione il fatturato realizzato dalle sue succursali stabilite nei paesi terzi.

 È giocoforza constatare che la direttiva non contiene alcun indizio che consenta di concludere che la circostanza che un soggetto d’imposta disponga di una stabile organizzazione fuori dell’Unione europea sia idonea ad avere un’incidenza sul regime delle detrazioni alle quali tale soggetto d’imposta è sottoposto nello Stato membro in cui è situata la sua sede principale. La Corte confuta così l’argomento di LCL secondo cui una società che dispone di una succursale in un paese terzo deve, sotto il profilo dell’IVA, beneficiare dello stesso trattamento di una società che dispone di una controllata in tale Stato. Al contrario, secondo la Corte, tali diverse opzioni riflettono situazioni chiaramente distinte e non possono quindi ricevere lo stesso trattamento tributario.

 La Corte constata, in terzo luogo, che la direttiva non consente ad uno Stato membro di accogliere una regola di calcolo del prorata di detrazione per settore d’attività di una società soggetta ad imposta che autorizzi quest’ultima a prendere in considerazione la cifra d’affari realizzata da una succursale stabilita in un altro Stato membro o in un paese terzo.

 Infatti, la nozione di «settori d’attività» non riguarda zone geografiche, ma diversi generi d’attività economiche come le attività di produttore, di commerciante o di prestatore di servizi.

( Fonte : Curia)

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Anagrafe dei conti bancari : ennesima buffala dell’Agenzia delle Entrate

Il SID ( Sistema di interscambio dati) che nulla ha a vedere con i Servizi Segreti italiani che, dopo lo scandalo delle schedature del SIFAR e del Piano Solo, dettero i natali al primo SID (Servizio Informazioni Difesa)

Ieri si schedavano i cittadini per sesso, religione, razza, colore della pelle, orientamento politico e sessuale.

Oggi non si schedano piu’ i cittadini ma i conti correnti bancari.

Le similitudini sono assolutamente casuali e non volute.

Oggi i diritti della persona sono inviolabili, la tutela è ferrea ed inossidabile.

Attraverso l’Anagrafe dei conti correnti l’Amministrazione finanziaria disporrà di tutte le informazioni relative ai conti correnti ed analizzando questi dati stabilirà se il reddito dichiarato da ciascun contribuente è in linea con le spese ch’egli ha sostenuto.

Udite, udite!

Le banche i gli intermediari finanziari comunicheranno dati aggregati come il saldo iniziale, il saldo finale, il totale degli addebiti ed il totale degli accrediti per consentire all’Amministrazione Fiscale una visione d’insieme.

Queste notizie e questi dati sono necessari per individuare gli evasori.

Bumh: “aggettivo” che ci crede.

Che trovata! Peccato che non faccia ridere.

I dati immagazzinati via l’Anagrafe dei conti bancari confluiranno nel sistema Serpico.

Quel fenomenale sistema che utilizzando uno o piu’ super o iper computer raccoglie i dati relativi ai contribuenti: dichiarazione dei redditi, case, terreni, auto, barche e chi piu’ ne ha piu’ ne metta.

Si dice che da questa immensa mole di informazioni e dati l’Agenzia delle Entrate sarà in grado di debellare l’evasione.

Verificare o ricostruire il reddito di ciascun contribuente sarà un gioco da ragazzi. Il margine di errore imputabile al sistema è meno che scarso, il tenore di vita di ogni cittadino sarà codificato e dovrà essere compatibile con le spese e gli incassi emersi dalle comunicazioni che arriveranno dalle banche.

I dati arrivano per masse di aggregazione ma, con un miracolo il cui merito è tutto delle nuove tecnologie, verranno disaggregati ed attribuiti ai contribuenti.

Ad ognuno il suo tenore di vita.

Bumh: ancora “aggettivo” che ci crede.

In tutta sincerità credo che l’Agenzia delle Entrate migliorerebbe la sua produttività se dedicasse energie e risorse alla clonazione della lampada di Aladino.

Da ragazzino ero costretto a fare i compiti delle vacanze, il libro si intitolava “Repetita juvant”.
Qui si ha l’impressione di essere in ipotesi di copia ed incolla.
Nel 1971 l’allora Ministro delle Finanze Preti inauguro’ il Progetto Athéna che si basava sulle straordinarie potenzialità di un calcolatore Ibm.
Anche a quei tempi le tasse le pagavano in pochi, talmente pochi che il Ministro parlava al singolare.
Ma il Ministro Preti assicurò: «Basterà spingere un bottone per scovare l’evasore».
Visti i risultati della lotta all’evasione vien da pensare che qualche monello abbia nascosto il bottone.

Guido Ascheri

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L’Unione Europea corre ai ripari…

Sia la riscossione delle imposte sia la lotta alle frodi e all’evasione fiscale sono responsabilità delle autorità nazionali dei paesi dell’UE. Ciononostante, una grande percentuale dei casi di frode avviene a livello transfrontaliero e un paese che agisca da solo non riuscirà a ottenere grandi risultati. L’UE fornisce da tempo strumenti per assistere gli Stati membri a contrastare le frodi in modo più efficace. Ora vuole cambiare marcia e migliorare ulteriormente. Da qui il piano d’azione

…all’interno…

Grazie agli strumenti informatici e ad altri mezzi, l’UE consente la cooperazione e lo scambio d’informazioni tra i suoi Stati membri su tutti i tipi d’imposta, in particolare sulla tassazione del risparmio e sull’IVA. Ad esempio, un sistema UE di assistenza reciproca permette alle autorità fiscali nazionali di recuperare imposte non versate con l’aiuto e la cooperazione delle autorità fiscale di un altro paese UE.

…e a livello mondiale

Molte imprese sono attive a livello mondiale, e lo stesso vale per l’evasione fiscale.  L’UE ha stipulato accordi con una serie di paesi vicini e partecipa a tutte le iniziative internazionali tese a prevenire le pratiche abusive nel settore fiscale. Inoltre, i paradisi fiscali sono sempre più presi di mira.

Questo il comunicato ufficiale.
Nellà realtà di lotta all’evasione fiscale si parla da sempre.
Risultati: nessuna traccia.

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Cayman: cerca l’inclusione nella Convenzione OCSE

Il governo delle Isole Cayman ha annunciato che ha formalmente chiesto al Regno Unito di estendere alle Isole Cayman la condizione di membro dell’OCSE / Consiglio d’ Europa Convenzione sulla mutua assistenza amministrativa in materia.

” La nostra richiesta formale di adesione arriva dopo molti mesi di discussioni sostanziali tra Cayman e Regno Unito , e sottolinea il nostro continuo impegno per la partecipazione attiva in materia di cooperazione fiscale internazionale “, ha detto il ministro per i servizi finanziari , Wayne Panton .

La convenzione prevede tutte le possibili forme di cooperazione amministrativa tra Stati membri nella valutazione e la riscossione delle imposte , in particolare al fine di combattere l’elusione e l’evasione fiscale . Questa cooperazione varia da scambio di informazioni , compresi gli scambi automatici, al recupero dei crediti fiscali estere .

Il comunicato stampa diramato da “Isle Cayman Financial Services ( CIFS )” precisa  che Cayman non gestirà le questioni relative alle richieste per il recupero dei crediti fiscali estere , o di scambio di informazioni per quanto riguarda le imposte locali , e dei contributi previdenziali .

Ministro Panton ha detto che attende dai funzionari Cayman e del Regno Unito che lavorano insieme il completamento delle misure necessarie per l’estensione .

CIFS ha dichiarato che supporta pienamente il Ministro e il Governo nella decisione di aderire alla convenzione .

“Il settore dei servizi finanziari è stata consultata , attraverso Cayman Finanza , nel corso di queste discussioni e siamo fiduciosi che l’attuazione degli accordi bilaterali che scaturiranno dalla convenzione prenderà in considerazione le esigenze della nostra giurisdizione “, ha detto il CEO Gonzalo Jalles .

Ha aggiunto che la convenzione è uno standard rispettato da più di 50 paesi, e ha detto che era fondamentale per i servizi finanziari di Cayman restare allineato con i movimenti globali in direzione di scambio automatico di informazioni .

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Italia: Irpef sulle seconde case sfitte

La bozza del D.L. n. 102/2013 sulla cancellazione della prima rata dell’IMU 2013 conteneva, inizialmente, una disposizione che prevedeva il ritorno dell’Irpef, nella misura del 50%, sugli immobili a disposizione sfitti (seconde o terze case per le vacanze, case date in uso ad un familiare). Con una nota ufficiale diffusa dal Governo, viene confermato che la disposizione, sebbene contenuta nella bozza del decreto legge, non è stata mantenuta nella versione finale del decreto, quella pubblicata in Gazzetta Ufficiale e, quindi, l’Irpef sugli immobili tenuti a disposizione sfitti è saltata.

Da tenere sotto controllo.

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Trasferimento quote di S.r.l. – è sufficiente la firma digitale

fileLa legge di stabilità 2012 (L. 12.11.2011, n. 183 pubblicata nella G.U. n. 265 del 14.11.2011) ha previsto, tra le altre, alcune disposizioni volte alla riduzione degli oneri amministrativi per imprese e cittadini. Tra queste, l’art. 14, c.8, ha definitivamente chiarito che il trasferimento di quote di Società a Responsabilità Limitata può essere effettuato anche solo con firma digitale e quindi non è necessaria l’autenticazione notarile.

Allo stato attuale esistono due procedimenti alternativi per il trasferimento di quote di S.R.L.:

  • Il primo (art. 2470, c.2 c.c.) prevede l’autentica notarile della sottoscrizione dell’atto e il deposito, entro 30 giorni, dell’atto stesso presso il Registro delle Imprese;
  • Il secondo (art. 36, c.1-bis D.L. n. 112/2008 convertito dalla L. 133/2008) prevede la sottoscrizione digitale, da parte di tutti i contraenti, nel rispetto della normativa vigente in tema di sottoscrizione dei documenti informatici e il deposito,  entro 30 giorni, dell’atto stesso, presso il Registro delle Imprese, a cura di un intermediario abilitato munito di firma digitale.

Le due tipologie di firme sopra indicate sono definite dagli art. 24 (firma digitale) e 25 (firma autenticata) del Codice dell’Amministrazione Digitale (D. Lgs. 07.03.2005, n. 82):

  • Art. 24 CADLa firma digitale deve riferirsi in maniera univoca ad un solo soggetto ed al documento o all’insieme di documenti cui è apposta o associata …. Per la generazione della firma digitale deve adoperarsi un certificato qualificato che, al momento della sottoscrizione, non risulti scaduto di validità ovvero non risulti revocato o sospeso.
  • Art. 25 CAD Firma autenticata: la firma elettronica o qualsiasi altro tipo di firma avanzata  autenticata dal notaio o da altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato. Essa attesta che la firma è stata apposta in sua presenza dal titolare previo accertamento:
    • della sua identità personale,
    • della validità dell’eventuale certificato elettronico utilizzato,
    • del fatto che il documento sottoscritto non è in contrasto con l’ordinamento giuridico.

La suddetta norma di interpretazione autentica ha eliminato i residui dubbi sulla riserva di attività attribuita ai notai fino al 2008 (art. 36, c.1-bis D.L. n. 112/2008 convertito dalla L. 133/2008) indicando i dottori commercialisti quali soggetti abilitati a provvedere al deposito per l’iscrizione, presso il Registro delle Imprese, degli atti di trasferimento di quote di SRL, purché sottoscritti con firma digitale (semplice non autenticata) da tutti i contraenti.

Il tenore letterale della norma del 2008 aveva dato adito a interpretazioni differenti, essa infatti disponeva che “l’atto di trasferimento di cui al secondo comma dell’art. 2470 del codice civile può essere sottoscritto con firma digitale, nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione dei documenti informatici, ed è depositato, entro 30 giorni, presso l’ufficio del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilità la sede sociale a cura di un intermediario abilitato ai sensi dell’art. 31, comma 2-quater, della L. 24 novembre 2000 n. 340. Resta salva la disciplina tributaria degli atti di cui al presente comma.” Tale norma, facendo riferimento ai trasferimenti di cui al secondo comma dell’art. 2470 c.c. secondo il quale “l’atto di trasferimento, con sottoscrizione autenticata, deve essere depositato entro 30 giorni, …” è stata interpretata da certa giurisprudenza nel senso di  ritenere che il procedimento introdotto nel 2008 non fosse alternativo a quello della sottoscrizione autenticata notarile e in alcune decisioni (decreto 21 aprile 2009 del Giudice del Registro Imprese di Vicenza e sentenza 23 novembre 2009, n. 3817 del Tribunale di Vicenza) è stata disposta la cancellazione dell’avvenuta iscrizione dell’atto di trasferimento di quote di S.R.L. curato da dottore commercialista, perché carente della sottoscrizione autenticata ai sensi dell’art. 25 CAD. Secondo tale interpretazione è sempre necessaria l’autenticazione da parte del notaio della sottoscrizione con firma digitale dell’atto di trasferimento di quote di S.R.L. e pertanto, la funzione del commercialista è limitata alla mera trasmissione del documento al Registro Imprese, vanificando gli intenti, dichiaratamente perseguiti dal legislatore, di semplificazione e accelerazione delle procedure amministrative concernenti l’attività d’impresa.

Dall’altra numerosi contributi di dottrina, tra cui le circolari dell’IRDCEC, hanno evidenziato come il riferimento dell’art. 36, comma 1-bis a “l’atto di trasferimento di cui al secondo comma dell’art. 2470 del codice civile” sia fatto al contratto con cui vengono trasferite le partecipazioni da un soggetto ad un altro. L’autentica notarile non è infatti prevista come forma ad substantiam  ma come semplice forma per la regolarità del procedimento di iscrizione nel registro delle imprese  e pertanto il legislatore, con tale disposizione voleva far riferimento all’atto in sé con cui le partecipazioni circolano (non alla forma dell’autentica notarile).

La controversa questione è stata anche oggetto di una interrogazione in Commissione Finanze alla Camera lo scorso aprile (risoluzione 7-00538 Fugatti, presentata dagli onorevoli Maurizio Fugatti e Massimo Bitonci) con richiesta al Governo di predisporre le modifiche normative necessarie a chiarire la volontà del legislatore.

Con la Legge di Stabilità 2012, il dottore commercialista a cui viene conferito il mandato finalizzato alla definizione dell’accordo di compravendita delle quote sociali e alla verifica dei numerosi e delicati aspetti economici, finanziari, contabili, fiscali, societari e giuridici in genere (due diligence contabile, fiscale e legale, piano economico patrimoniale, perizia di stima, patti sociali e parasociali, regolazione di sopravvenienze passive, garanzie, ecc.) potrà portare a termine ogni adempimento, in un’ottica di semplificazione, economicità e tutela del pubblico interesse.

Rientra in tale ambito di attività lo svolgimento di una serie di controlli che, nell’interesse del proprio cliente e nel rispetto della diligenza richiesta nello svolgimento dell’incarico, nonché dell’obbligo deontologico di agire nell’interesse pubblico, sono necessari perché connessi alla verifica dell’osservanza della legge e dell’atto costitutivo della società le cui partecipazioni sono oggetto di trasferimento. A tal proposito il commercialista incaricato, fermo restando quanto previsto dalla legge sulla privacy e dalla normativa in materia antiriciclaggio, è tenuto ad effettuare i seguenti principali controlli:

  • verifica dell’identità e della capacità di agire delle parti nonché, nel caso di soggetti diversi dalle persone fisiche, dei relativi poteri di rappresentanza;
  • verifica della legittimazione a disporre delle partecipazioni oggetto del trasferimento, avendo anche riguardo all’eventuale esistenza di regimi di comunione dei beni; ·
  • verifica della non contrarietà dell’atto al buon costume e all’ordine pubblico;
  • esame dello statuto sociale e verifica dell’esistenza di
    • clausole che contengano previsioni di esclusione della trasferibilità delle quote,
    • clausole che subordinano il trasferimento al gradimento di organi sociali, di soci o di terzi,
    • clausole che pongono condizioni o limiti ai trasferimenti a causa di morte,
    • clausole di prelazione normalmente previste allo scopo di attribuire ai soci il diritto di essere preferiti ad eventuali terzi, a parità di condizioni;
  • verifica che il capitale sociale corrispondente alla partecipazione da trasferire sia stato o meno interamente liberato;
  • richiesta dell’eventuale esistenza di patti parasociali.

Qualora il cedente o il cessionario non possano intervenire direttamente nell’atto, è possibile ricorrere all’istituto della rappresentanza come previsto quale regola generale all’art. 1392 c.c., la forma della procura deve essere la stessa di quella prevista per il trasferimento della quota. Pertanto, il rappresentato dovrà rilasciare procura con atto informatico sottoscritto con firma digitale e apposizione di marca temporale e l’atto di trasferimento della partecipazione dovrà essere sottoscritto dal rappresentante con firma digitale e sottoposto alla formalità di marcatura temporale. La procura sarà allegata, in file separato, all’atto di trasferimento.

Infine aspetti operativi particolari attengono:

  • alla creazione del documento informatico per garantire la sua immutabilità nel tempo (formato PDF/A) e per attribuirgli data certa (marca temporale),
  • alla fase di pagamento telematico delle imposte di registro e di bollo,
  • alla certificazione nei confronti delle parti contraenti delle operazioni che possono generare redditi diversi di natura finanziaria di cui all’art. 67, comma 1, lettere da c) a c-quinquies) del TUIR,
  • alla comunicazione all’Agenzia delle Entrate delle operazioni con la compilazione dell’apposito quadro della dichiarazione dei sostituti d’imposta, modello 770 ordinario.

In merito agli atti costitutivi di usufrutto e di pegno sulle quote di S.R.L. va segnalato che le Camere di Commercio del Triveneto avevano disposto fin dal 2008 la sospensione del ricevimento dei relativi atti, redatti senza l’intervento del notaio e il Ministero dello Sviluppo Economico con parere n. 127447 del 5 luglio 2011 ha di recente evidenziato che permane il dubbio circa l’applicabilità della procedura in commento agli stessi atti. A seguito della legge di Stabilità 2012 qui illustrata, è auspicabile che anche agli atti di costituzione di usufrutto e pegno su partecipazioni di S.R.L possa trovare applicazione, per analogia, quanto previsto per la cessione di quote sociali.

a cura di:

dott. Lucio Antonello

pubblicato su:

C&S Informa, volume 12, numero 9 anno 2011

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Lotta alle frodi ed all’evasione fiscale: l’UE corre ai ripari

Sia la riscossione delle imposte sia la lotta alle frodi e all’evasione fiscale sono responsabilità delle autorità nazionali dei paesi dell’UE. Ciononostante, una grande percentuale dei casi di frode avviene a livello transfrontaliero e un paese che agisca da solo non riuscirà a ottenere grandi risultati. L’UE fornisce da tempo strumenti per assistere gli Stati membri a contrastare le frodi in modo più efficace. Ora vuole cambiare marcia e migliorare ulteriormente. Da qui il piano d’azione.

Grazie agli strumenti informatici e ad altri mezzi, l’UE consente la cooperazione e lo scambio d’informazioni tra i suoi Stati membri su tutti i tipi d’imposta, in particolare sulla tassazione del risparmio e sull’IVA. Ad esempio, un sistema UE di assistenza reciproca permette alle autorità fiscali nazionali di recuperare imposte non versate con l’aiuto e la cooperazione delle autorità fiscale di un altro paese UE.

Molte imprese sono attive a livello mondiale, e lo stesso vale per l’evasione fiscale.  L’UE ha stipulato accordi con una serie di paesi vicini e partecipa a tutte le iniziative internazionali tese a prevenire le pratiche abusive nel settore fiscale. Inoltre, i paradisi fiscali sono sempre più presi di mira.

Molto bene, anzi benissimo. Sia consentita una domanda.  Tutti questi comunicati, tutte queste iniziative tutti questi controllori di cui sentiamo parlare da decenni non riescono ad aver ragione dei frodatori e degli evasori.
Da quale delle due parti sta il problema? Da scoprire!

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Regno Unito

Società Limited Inglese

Panoramica

È possibile costituire una private limited company al fine di esercitare un’attività. È necessario nominare le persone per gestire l’impresa (chiamati gli amministratori) e registrarsi (o’ incorporarsi’) presso la Companies House. Una volta che l’azienda è registrata, si riceve un “Certificate of Incorporation”, che prova l’esistenza giuridica dell’azienda, indica il numero della società e la data di costituzione della stessa.

Gli imprenditori individuali sono personalmente responsabili per i debiti aziendali, ma la responsabilità di una società privata è di solito limitata agli azionisti.

Le tipologie di società a responsabilità limitata

Nella private company limited by shares la responsabilità dei soci (azionisti) è limitata al valore iniziale delle azioni emesse e non pagate.

Esempio

Un’azionista ha 500 azioni inizialmente valutate a una sterlina ciascuna. Nel momento che la società fallisce, egli ha pagato solo per 100 azioni, quindi è responsabile fino al valore originario delle azioni che non aveva pagato (£ 400).

Una società privata a responsabilità limitata implica che i membri della società sono responsabili economicamente nei confronti dell’azienda fino ad un importo specifico se la società è in perdita .

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