Nel caso “Clayton v Clayton”, la Suprema Corte ha fugato ogni dubbio residuo circa la possibilità che un trust familiare discrezionale, disposto da uno dei coniugi durante il matrimonio possa, qualora il matrimonio si sciolga, proteggere i beni destinati da un’azione intentata dall’altro coniuge.
La Corte, di fatti, ha ritenuto che, qualunque siano le intenzioni dichiarate dagli sposi, occorre guardare all’obiettivo del trust. Se la funzione del trust era quella di provvedere alla famiglia – oppure dei coniugi e/o dei figli – allora, la sezione 182 del Family Proceedings Act del 1980 (l’Act) dà la possibilità di adire la Corte per ottenere un risarcimento, nel caso in cui il matrimonio dovesse sciogliersi.
Questo risarcimento può ben essere costituito da una divisione equa dei beni oggetto del trust tra i coniugi, coerentemente con le loro aspettative circa il fine del trust, nel caso in cui il matrimonio fosse continuato.
Alcuni ritengono che l’appiglio offerto dalla sezione 182 dell’Act sia limitato alle circostanze in cui si sciolga il matrimonio o un’unione civile.
In realtà, la sezione si spinge molto oltre.
La Corte potrebbe infatti anche applicare la sezione 182 seguendo ogni disposizione ricompresa nella Parte 4 dell’Act incluse, ad esempio, la dichiarazione di incompatibilità di un matrimonio o di un’unione civile (e non solo lo scioglimento, quindi).
Il team della Martelli McKegg Lawyers recentemente ha ottenuto una pronuncia dal Tribunale di Famiglia nella causa “Singh v Bourchier”, il quale ha dichiarato legittimo un matrimonio ai sensi della Parte 4 dell’Act, nonostante questo matrimonio fosse validamente registrato ai sensi della legge della Nuova Zelanda. Come conseguenza di tale decisione, e’ stato consentito alla vedova, il cui marito era deceduto in un incidente, di chiedere alla corte, ai sensi della sezione 182, una domanda di ristoro dal trust familiare, nonostante il fatto che, a norma della citata sezione 182, il matrimonio non si fosse mai dissolto.
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