Brexit: eventualità di un no-deal

Dopo che la maggioranza ha respinto l’accordo sulla Brexit proposto da Theresa May il 15 gennaio 2019, un rapido esame della pagina Lexology Hub rivela come la crescente possibilità di un Brexit no-deal rappresenti una reale causa di preoccupazione in molti settori. Oltre alle varie comunicazioni riguardanti il no-deal emesse dal Governo britannico, alla fine del mese di dicembre 2018, la Commissione Europea ha annunciato che vorrebbe attuare il suo Contingency Action Plan no-deal in relazione ai diritti dei cittadini, ai servizi finanziari, alla protezione dei dati e al commercio.

Osborne Clarke fornisce un utile quadro generale di tali misure ed un breve riassunto di ciò che un no-deal significherebbe da un punto di vista legale. Se il Regno Unito lascerà l’Unione Europea il 29 marzo 2019 senza aver raggiunto un accordo o senza aver messo in atto una dichiarazione politica, questo verrà considerato come un Paese terzo a fini legali, normativi, politici ed economici dal momento in cui uscirà dal Regno Unito. Questo aggiornamento prende in considerazione le conseguenze di questo evento analizzando I vari aspetti degli affari.

Contratti commerciali

I contratti legali saranno inevitabilmente condizionati da qualsiasi decisione relativa alla Brexit. Una misura cautelare adottata dal Governo Britannico è stata quella di presentare il suo strumento di adesione alla Convenzione dell’Aia sugli accordi di scelta del foro del 2005, in modo tale che il Regno Unito possa continuare a fare affidamento a pieno titolo sulla Convenzione anche a seguito della Brexit. Tuttavia, Beale & Co avverte che le compagnie assicurative dovrebbero prestare particolare attenzione allo strumento di adesione in quanto afferma che alcuni tipi di contratti assicurativi saranno esclusi dal campo di applicazione della convenzione.

Continuando sulla scelta della Legge applicabile nei contratti, Bird & Bird LLP riferisce che il Governo britannico ha indicato la continuazione da parte dei tribunali britannici dell’applicazione dei principi stabiliti nei Regolamenti Europei Roma I e Roma II in caso di mancato accordo. Pertanto, è improbabile che anche questa posizione cambi. Ciò nonostante, le parti impegnate in contratti commerciali – specialmente quelli contenenti un elemento non britannico – dovranno effettuare un audit per valutare l’effetto che una Brexit no-deal può avere sull’esecutività dei loro contratti e considerare se rinegoziarli o modificarli al fine di affrontare in modo specifico le conseguenze della Brexit.

Keystone Law consiglia alle parti che stipulano nuovi contratti commerciali di considerare l’inclusione di una clausola Brexit, che definisca le azioni da intraprendere o le modifiche da fare nel caso in cui si verifichi un evento correlato alla Brexit. Tuttavia, data l’incertezza che circonda alcune conseguenze concrete di una Brexit no-deal, è improbabile che questo fornisca una soluzione polivalente. Infatti, BEAUCHAMPS avverte che il massimo che una clausola Brexit può offrire è un requisito vincolante che dia la possibilità alle parti di provare a rinegoziare alcuni aspetti del contratto. Sebbene sia possibile prevedere determinati scenari, esiste un rischio più ampio che si verifichino eventi per i quali le parti non hanno previsto soluzioni. Al contrario, il Contract Center GmbH suggerisce alle parti di prendere in considerazione “una clausola sulla modifica legislativa” più generica, la quale afferma chiaramente che eventuali ritardi o costi sostenuti a seguito di modifiche legislative autorizzano la parte interessata al risarcimento o all’appropriata estensione delle risorse.

Concentrandosi sui contratti che sono già stati stipulati, Charles Russell Speechlys LLP pone la massima su quelli che vanno oltre la data di uscita e che attraversano in qualche modo il confine UK/EU. La società avverte che sebbene alcuni contratti non sembrino idonei per questo, potrebbe esserci un cross over di fondo altrove.

Trasferimento di beni e servizi

Nel caso di una Brexit no-deal, entreranno in vigore gli obblighi e le formalità doganali e la libera circolazione di beni, servizi e persone sarà bloccata. Pertanto, Peeters Advocaten raccomanda alle parti di verificare i seguenti dettagli in tutti i loro contratti esistenti:

  • La misura in cui si presume che il Regno Unito sia uno stato membro dell’UE;
  • La misura in cui si presume che il traffico gratuito di merci, servizi e lavoratori possa essere eseguito correttamente;
  • se il contratto è basato su una legislazione comune tra Unione Europea e Regno Unito; e
  • se si prendono in considerazione potenziali oneri doganali futuri.

Inoltre, White & Case LLP avverte che potrebbero esserci delle implicazioni anche nell’ambito delle attività commerciali del Regno Unito con Paesi non appartenenti all’Unione Europea. Ció é dovuto al fatto che alcuni rapporti commerciali tra il Regno Unito e Paesi terzi sono disciplinati da accordi commerciali conclusi dall’Unione Europea. Sebbene il governo britannico stia cercando di stringere accordi bilaterali identici o sostanzialmente simili con questi paesi, è improbabile che tali accordi entrino in vigore entro la data di uscita del Regno Unito e, in pratica, “ci saranno probabilmente dei cambiamenti nelle modalità in cui viene ottenuto l’accesso alle preferenze”.

Servizi finanziari

Anche la Financial Conduct Authority (FCA) sta lavorando duramente per garantire che il futuro sistema finanziario continui a funzionare in modo efficace, mantenendo allo stesso tempo e il più possibile il quadro attuale. Secondo la Hogan Lovells, la FCA sta proponendo soltanto modifiche essenziali – vale a dire, assegnare a sé stessa e all’Autoritá normativa prudenziale I poteri che erano precedentemente riservati alle istituzioni dell’UE (ad esempio, l’Autorità bancaria europea) e limitare la portata geografica dei vari regimi soltanto al Regno Unito. Pertanto, il Manuale FCA deve essere modificato relativamente all’e-commerce e al marketing a distanza, a seguito di ció I requisiti saranno limitate a quelle situazioni in cui il cliente risiede nel Regno Unito e non si estenderanno più a quelle in cui il cliente risiede in un altro stato dello Spazio Economico Europeo.

La FCA ha anche pubblicato una serie di raccomandazioni rivolte alle aziende che si stanno preparando alla Brexit. Come riporta Macfarlanes LLP, la FCA suggerisce a quelle imprese che operano nello Spazio Economico Europeo sotto passaporto di considerare:

  • come continuare a fornire dei servizi a seguito della Brexit;
  • il modo migliore per mantenere gli interessi dei clienti;
  • il modo migliore per comunicare le possibili conseguenze della Brexit ai clienti; e
  • se un piano di emergenza può essere necessario quando si trasferiscono dati personali tra giurisdizioni.

Inoltre, il Womble Bond Dickinson (UK) LLP ricorda ai lettori che una volta che il Regno Unito ha lasciato l’Unione Europea, i servizi finanziari e i settori assicurativi britannici faranno affari con L’Unione Europea come se il Regno Unito fosse un paese terzo. Pertanto, il Womble Bond Dickinson (UK) LLP suggerisce di seguire l’esempio di molte aziende britanniche e di trasferire le operazioni dell’UE a paesi favorevoli alle imprese come il Lussemburgo, la Germania e l’Irlanda. Aprendo una filiale o una controllata in uno stato membro dell’Unione Europea, le società possono utilizzare I passaporti di quel paese per accedere al resto dell’Unione Europea.

“Questo e` il modo in cui molte, se non la maggior parte, delle imprese non europee hanno fatto gran parte dei loro affari con l’Europa fino ad oggi: ironicamente, spesso aprendo una filiale o una controllata nel Regno Unito e utilizzandola come ‘porta di accesso’ all’Europa.”

Data la persistenza degli accordi che probabilmente continueranno a supportare i servizi finanziari e i settori assicurativi, l’azienda sostiene che la preoccupazione principale dovrebbe essere piuttosto quella relativa al riconoscimento della protezione dei dati, ai diritti dei lavoratori dell’UE che si trovano già nel Regno Unito e ai viaggi senza visto – tutto questo potrebbe costituire un grande ostacolo che le imprese devono superare.

Protezione dei dati

Il 4 gennaio 2019 Burges Salmon LLP ha riferito che, a seguito degli avvertimenti da parte del Dipartimento britannico per il digitale, la cultura, i media e gli sport e da parte dell’Information Commissioner’s Office (ICO), il progetto relativo ai Regolamenti sulla protezione dei dati, sulla privacy e sulle comunicazioni elettroniche (emendamenti, ecc.) (uscita dall’UE) del 2019 era stato presentato al Parlamento, delineando le modifiche fondamentali da apportare alla legge sulla protezione dei dati del Regno Unito. Sebbene il Regno Unito abbia intenzione di introdurre la propria versione, a malapena modificata, del Regolamento europeo sulla protezione dei dati (GDPR) nella legislazione nazionale, ciò non sarà sufficiente a mantenere il libero flusso dei dati personali tra le due giurisdizioni in caso di Brexit no-deal. Il modo in cui le parti dello Spazio Economico Europeo dovrebbero trasferire i dati personali nel Regno Unito diventerà esclusivamente una questione di diritto comunitario, sulla quale il governo britannico non avrà alcuna influenza. Inoltre, la Commissione Europea ha affermato che non avvierà un adeguato processo decisionale prima della data d’uscita proposta. In quanto tale, DLA Piper avverte che, mentre le norme sulla protezione dei dati nelle versioni britannica ed europea del GDPR rimarranno sostanzialmente le stesse, esse sono comunque leggi diverse e pertanto soggette ad una regolamentazione potenzialmente doppia o sovrapposta. Infatti, le società che effettuano un trattamento transfrontaliero dei dati potrebbero trovarsi presto sotto la supervisione di più di un’autorità di regolamentazione, con la possibilità di sanzioni pecuniarie da parte sia delle autorità dello Spazio Economico Europeo che dell’ICO. Inoltre, Bryan Cave Leighton Paisner LLP conferma che, ai sensi del No Deal Guidance, i responsabili del trattamento dei dati che hanno sede al di fuori dell’Unione Europea ma che hanno come destinatari clienti del Regno Unito (e che sono quindi soggetti al GDPR britannico) dovranno nominare un rappresentante del Regno Unito; viceversa, ai sensi dell’Articolo 3, paragrafo 2, del GDPR europeo, i responsabili del trattamento dei dati, stabiliti nel Regno Unito e senza alcuna presenza nell’Unione Europea, ma che hanno come destinatari clienti europei, dovranno nominare un rappresentante dell’Unione Europea.

Considerando queste complicazioni, Gowling WLG consiglia alle aziende di rivedere il loro flusso di dati, utilizzando delle mappe dati prodotte come parte dei programmi di conformità del GDPR, al fine di identificare qualsiasi scambio tra Regno Unito e Unione Europea e attuare le misure appropriate. Dillon Eustace ricorda agli imprenditori che ciò potrebbe richiedere del tempo e che la negoziazione di accordi contrattuali modificati con terze parti richiederà risorse significative. Pertanto, le società dovrebbero tener conto di questi ritardi nel momento in cui elaborano i loro piani di emergenza in vista della Brexit.

Superando la tempesta Mentre il Parlamento britannico è in attesa del risultato della votazione sul ‘Plan B’ relativo alla Brexit della prossima settimana, le società dovrebbero già essere in procinto di rivedere le loro procedure – in particolare quella riguardante la protezione dei dati – al fine di identificare e affrontare ogni possibile crossover con le parti dell’Unione Europea. Con i minuti contati, é fondamentale che le imprese trovino il tempo per rinegoziare i contratti che sono vulnerabili e mettere in atto più garanzie possibili; in questi tempi incerti, la miglior strategia sarà quella di sperare nel meglio ma di prepararsi al peggio.

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