I contratti di Jersey non sono soggetti a un dovere generale di buona fede e il semplice silenzio, senza altro, non può equivalere a una falsa dichiarazione.
La Royal Court ha condotto un’analisi approfondita dei commentatori di diritto consuetudinario, tra cui Pothier, la più importante guida al diritto contrattuale di Jersey. La Royal Court ha concluso che non esiste un’autorità definitiva a sostegno dell’esistenza di una clausola implicita di buona fede come materia del diritto consuetudinario di Jersey.
Tuttavia, la Royal Court era disposta a riconoscere l’esistenza di un termine implicito di buona fede nei “contratti relazionali”. Si tratta di contratti a lungo termine in cui la collaborazione è centrale e c’è un’aspettativa di fiducia e lealtà reciproca. la Corte ha riconosciuto che una clausola specifica ed espressa in un contratto relazionale può escludere il dovere di buona fede.
Pertanto, se le parti agiscono onestamente, sono libere di perseguire i propri interessi commerciali e non devono subordinarli a favore della controparte. Inoltre, la buona fede non può imporre l’obbligo di rinegoziare una clausola fondamentale del contratto o di rinunciare a un diritto legale conferito dal contratto.
Inoltre, quanto al silenzio, la legge di Jersey stabilisce che una affermazione seguita da silenzio puo’ costituire falsa rappresentazione ma non e’ ancora stato chiarito se invece il semplice silenzio puo’ costituire falsa rappresentazione dei fatti. Il silenzio “fraudolento” non e’ un principo radicato nel diritto di Jersey applicabile ai contratti. Cosi’ come per il principio di buona fede, la Royal Court ha ancora una volta deciso di dare la precedenza alla liberta’ contrattuale. Sarebbe infatti poco appropriato e opportuno rendere passibile di azioni giudiziali il silenzio di una parte, quando al giorno d’oggi le parti possono fare domande e richiedere garanzie, se intendono tutelarsi.