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Diritto societario

Acquisizioni

Una delle opzioni di cui dispongono le imprese per accrescere la loro competitività ed espandere le loro attività nel proprio paese e all’estero consiste nel acquisire un’altra azienda. Le modalità sono tante e possono comportare:

  • un’offerta pubblica di acquisto di una società;
  • l’acquisto della maggior parte delle azioni o di una percentuale di controllo di una società quotata in borsa;
  • l’acquisto delle azioni di una società con l’accordo dei proprietari;
  • la fusione con un’altra impresa, ossia l’unione di due o più imprese in un’unica proprietà (mediante rilevamento di una società o creazione di una nuova).

Le fusioni costituiscono un modo più economico di espandere una società, poiché la procedura non richiede il pagamento in contanti delle attività trasferite dall’impresa assorbita all’altra.

L’UE ha fissato una serie di norme per consentire le fusioni interne e transfrontaliere delle società per azioni, nonché le offerte pubbliche di acquisto. Altre norme riguardano le operazioni di scissione che comportano il trasferimento delle attività dell’impresa frazionata a due diverse società.

  • Direttiva sulle fusioni interne delle società per azioni
  • Direttiva sulle fusioni transfrontaliere
  • Direttiva sulle scissioni delle società per azioni

Le acquisizioni e fusioni possono essere effettuate avvalendosi dei nuovi tipi di strutture aziendali europee, come la società europea (per azioni), il gruppo europeo di interesse economico e la società cooperativa europea.

Acquistare un’impresa con una struttura consolidata può rivelarsi vantaggioso per l’espansione di un’attività

Controllo delle fusioni

Le fusioni possono ostacolare o creare distorsioni della concorrenza conferendo all’entità nata dalla fusione una posizione di mercato dominante o un’influenza eccessiva nella catena di produzione o di distribuzione. Ciò può, a sua volta, causare un aumento dei prezzi al consumo, ridurre la scelta del consumatore e frenare l’innovazione.

Laddove il fatturato annuale delle imprese interessate supera una determinata soglia (intesa come percentuale delle vendite complessive e delle vendite in Europa), la Commissione europea deve esserne informata per poter analizzare l’impatto della fusione sulla concorrenza. Le fusioni con fatturati annuali inferiori vengono controllate dalle autorità nazionali garanti della concorrenza.

Le norme sulla fusione si applicano a tutte le imprese che operano nell’UE, a prescindere che la loro sede si trovi all’interno o al di fuori dell’UE.

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Diritto societario

Società Europea

SOCIETA’ EUROPEA

Con la pubblicazione dello Statuto della Società Europea (SE), le istituzioni comunitarie intendono offire uno strumento legale adeguato per le attività transnazionali e transfrontaliere di tali soggetti economici.

Lo strumento si aggiunge al Regolamento in merito all´istituzione di un Gruppo Europeo di Interesse Economico – GEIE – e all’istituzione della  Società Cooperativa Europea.

Statuto della Società Europea:
Il Consiglio UE ha approvato due distinti tipi di documenti sulla Società europea:

  • Regolamento 2157/2001/CE,
    che disciplina in dettaglio le regole di costituzione e di funzionamento delle Società europee
  • Direttiva 2001/86/CE,
    che stabilisce le regole di partecipazione dei lavoratori alla creazione e allo sviluppo della società stessa.

Il regolamento e la direttiva sono due provvedimenti inscindibili. Per il resto, la disciplina va ricostruita attraverso il rinvio, totale o parziale, alla disciplina applicabile ad una società per azioni dello Stato membro in cui la SE ha la propria sede legale.

L’obiettivo che si vuole raggiungere è quello di creare una Società Europea dotata di un proprio statuto giuridico, per permettere a società di Stati membri differenti di fondersi, di formare una holding o una filiale comune senza dover sottostare ai vincoli giuridici e pratici derivanti da quindici ordinamenti giuridici differenti.

Per quanto sia la direttiva che il regolamento siano entrati in vigore l’8 Ottobre 2004, occorre considerare che solo le imprese degli Statri membri che hanno già provveduto a recepire la direttiva possono già di fatto utilizzare questo nuovo strumento.

Per quanto riguarda l’Italia, la direttiva 2001/86/CE è stata recepita dal Decreto Legislativo 19 agosto 2005, n. 188 “Attuazione della direttiva 2001/86/CE che completa lo statuto della società europea per quanto riguarda il coinvolgimento dei lavoratori” (pubblicato sulla G.U. n. 220, del 21/09/2005). L’elenco dei provvedimenti di attuazione adottati dagli altri Paesi UE è disponibile sul sito EUR-LEX.

La costituzione:

  • Società per azioni
  • Dotata di personalità giuridica
  • Nella denominazione sociale deve comparire l’indicazione Società europea (SE)
  • Capitale minimo sottoscritto 120.000 euro
  • Immatricolazione e cancellazione sono atti soggetti a pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale dell´ Unione europea
  • La sede sociale della Se deve essere situata all’interno dell’UE

Le regole applicabili:

  • Il regime della SE è opzionale e alternativo a quello nazionale
  • In riferimento a tutto ciò che non è disciplinato dal regolamento si applicano le regole nazionali in cui la SE ha la sede sociale

La struttura:

  • Assemblea generale degli azionisti
  • Un organo di controllo e un organo di direzione (modello dualista)
  • Un organo di amministrazione (modello monista)

Il trasferimento di sede:

  • Progetto di trasferimento
  • Convocazione dell’assemblea generale
  • Un mese prima dell’assemblea generale: informazione del contenuto del progetto di fusione ad azionisti e creditori
  • Decisione dell’assemblea generale
  • Iscrizione nel nuovo Stato e notifica allo Stato in cui, in precedenza, era la sede della società
  • Cancellazione della precedente iscrizione
  • Pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale delle Comunità europee dell’immatricolazione e della cancellazione

La partecipazione dei lavoratori:

  • In fase di costituzione: creazione di un gruppo speciale di negoziazione
  • In fase di funzionamento: previsione di un organo di rappresentanza per la partecipazione diretta dei lavoratori alla vita della Se

Le materie non disciplinate:

  • Diritto della proprietà intellettuale
  • Diritto fallimentare
  • Diritto internazionale privato
  • Fiscalità
  • Regole per la formazione del bilancio d’esercizio e del bilancio consolidato
  • Concorrenza

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Diritto societario

Succursali e filiali

512px-European_flag_in_Karlskrona_2011Succursali e filiali

Panoramica

Qualsiasi impresa legalmente costituita in un paese dell’UE può aprire una sede secondaria (ufficio, agenzia, succursale o filiale) in un altro paese dell’UE.

  • Libertà di stabilimento (articolo 43 del trattato CE)

Tipi di sedi secondarie

Le imprese possono costituire diversi tipi di sedi secondarie:

  • un ufficio, che rappresenta la società e fornisce informazioni sui prodotti ma, in linea di principio, non svolge un’attività commerciale;
  • un’agenzia, che svolge funzioni di rappresentanza della società;
  • una succursale, ossia un’entità dotata di maggiore autonomia che svolge attività in proprio, ma sempre per conto dell’impresa cui fa capo;
  • una filiale, ossia un’entità dotata di personalità giuridica, costituita in un paese ospitante in una delle forme previste dal diritto societario di quest’ultimo, il cui capitale è interamente di proprietà dell’impresa madre (una società con un socio unico, una forma sociale riconosciuta in tutti i paesi dell’UE) o controllato da un’altra società insieme a soci di minoranza locali (una filiale comune).

Se uffici, agenzie e succursali non hanno personalità giuridica, le filiali sono persone giuridiche autonome rispetto alla società madre.

Condizioni

Per costituire una sede secondaria in un altro paese dell’UE, le imprese devono:

  • rispettare i codici deontologici professionali;
  • ottenere le autorizzazioni necessarie;
  • possedere tutti i requisiti previsti dalla legge;
  • verificare i requisiti fiscali.

In tutti i paesi dell’UE le succursali devono:

  • iscriversi nel registro delle imprese e adempiere alle necessarie formalità in materia di imposte, IVA e previdenza sociale;
  • pubblicare informazioni – le stesse in tutti i paesi dell’UE – sulla società cui fanno capo e sulle sue attività.

Le filiali devono inoltre seguire tutte le procedure prescritte per la costituzione di una società nel paese ospitante.

I responsabili di uffici agenzie devono ottenere un’autorizzazione, iscriversi alla camera di commercio o ad altri organismi analoghi e verificare quali siano i loro obblighi fiscali e previdenziali nel paese ospitante.

Sportelli unici

La direttiva europea sui servizi, cui va data piena attuazione entro la fine del 2009, impone ai paesi dell’UE di semplificare tutte le procedure connesse all’avvio e allo svolgimento di un’attività di servizio. Entro la fine del 2009, le imprese e i singoli operatori che prestano servizi devono poter espletare tutte le formalità necessarie attraverso sportelli unici, a distanza e per via elettronica.

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Sistema fiscale

La tassazione del reddito da risparmio

600x1000_fitbox-save_money_box_aL’Unione europea persegue l’obiettivo finale di consentire che i redditi da risparmio sotto forma di pagamenti di interessi corrisposti in uno Stato membro a persone fisiche residenti ai fini fiscali in un altro Stato membro siano soggetti a un’effettiva imposizione secondo la legislazione di quest’ultimo Stato membro.

ATTO

Direttiva 2003/48/CE del Consiglio, del 3 giugno 2003, in materia di tassazione dei redditi da risparmio sotto forma di pagamenti di interessi.

Obiettivo della direttiva

L’obiettivo finale della presente direttiva è permettere che i redditi da risparmio sotto forma di pagamenti di interessi corrisposti in uno Stato membro a «beneficiari effettivi», che sono persone fisiche residenti ai fini fiscali in un altro Stato membro, siano soggetti a un’effettiva imposizione secondo la legislazione di quest’ultimo Stato. Il mezzo fissato per permettere la reale imposizione su tali pagamenti nello Stato membro di residenza fiscale del beneficiario effettivo è lo scambio automatico di informazioni tra gli Stati membri sui «pagamenti di interessi». Gli Stati membri devono pertanto adottare le misure indispensabili per assicurare che i compiti necessari per l’attuazione della presente direttiva – cooperazione e scambio di informazioni bancarie – siano eseguiti dagli agenti pagatori stabiliti sul loro territorio, a prescindere dal luogo di stabilimento del debitore del credito che produce gli interessi.

Campo di applicazione

La direttiva riguarda unicamente l’imposizione sui redditi da risparmio sotto forma di pagamenti di interessi su crediti ed esclude le questioni relative alla tassazione delle prestazioni pensionistiche e assicurative. A livello territoriale, la direttiva si applica agli interessi pagati da un «agente pagatore» con residenza all’interno del territorio in cui è applicabile il trattato.

Regime generale: scambio di informazioni

  • Comunicazione di informazioni da parte dell’agente pagatore

Nel caso in cui il beneficiario effettivo degli interessi sia residente in uno Stato membro diverso da quello in cui è stabilito l’agente pagatore, la direttiva impone a quest’ultimo di comunicare all’autorità competente dello Stato membro di stabilimento delle informazioni minime, come l’identità e la residenza del beneficiario effettivo, il nome o la denominazione e l’indirizzo dell’agente pagatore, il numero di conto del beneficiario effettivo o, in assenza di tale riferimento, l’identificazione del credito che produce gli interessi, nonché informazioni relative al pagamento di interessi.

Inoltre, le informazioni minime che l’agente pagatore è tenuto a comunicare riguardo al pagamento di interessi devono differenziare gli interessi secondo le specifiche categorie enumerate nella direttiva. Tuttavia gli Stati membri possono limitare tali informazioni minime all’intero importo degli interessi o dei redditi e a quello dei proventi della cessione, del riscatto o del rimborso.

  • Scambio automatico di informazioni

La direttiva impone all’autorità competente dello Stato membro dell’agente pagatore di comunicare le informazioni di cui sopra – almeno una volta all’anno ed entro i sei mesi successivi al termine dell’anno fiscale dello Stato membro dell’agente pagatore – all’autorità competente dello Stato membro di residenza del beneficiario effettivo.

Disposizioni transitorie: ritenuta alla fonte (Belgio, Lussemburgo e Austria)

Durante un periodo transitorio, Belgio, Lussemburgo e Austria possono astenersi dallo scambio di informazioni sui redditi da risparmio di cui alla presente direttiva, a condizione che applichino ai redditi di cui sopra un sistema di ritenuta alla fonte. In effetti, questi tre Stati membri applicano il sistema transitorio in questione finché la Confederazione svizzera, il Principato di Andorra, il Principato del Liechtenstein, il Principato di Monaco e la Repubblica di San Marino non garantiscano uno scambio effettivo e completo di informazioni in materia di pagamento di interessi e finché il Consiglio non convenga all’unanimità sull’impegno degli Sati Uniti d’America a scambiare informazioni su richiesta come definito nel modello di convenzione dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE). Tuttavia, la direttiva autorizza questi tre Stati membri a ricevere informazioni dagli altri Stati membri. Nel corso del periodo transitorio, Belgio, Lussemburgo o Austria possono optare per l’introduzione dello scambio automatico di informazioni, qualora il paese che abbia esercitato tale opzione non applichi più un sistema di ritenuta alla fonte e la ripartizione del relativo gettito fiscale. Il Belgio ha pertanto annunciato di aver deciso di applicare lo scambio di informazioni nel quadro della direttiva “Risparmio” a decorrere dal 1° gennaio 2010.

Quanto al sistema di ritenuta alla fonte, la direttiva impone che, se il beneficiario effettivo degli interessi è residente in uno Stato membro diverso da quello in cui è stabilito l’agente pagatore, Belgio, Lussemburgo e Austria prelevano una ritenuta alla fonte ad un’aliquota del 15% nei primi tre anni del periodo transitorio, del 20% per i tre anni seguenti e del 35% successivamente.

In materia di ripartizione del gettito fiscale, la direttiva impone agli Stati membri che applicano una ritenuta alla fonte di conservare il 25% del gettito di tale ritenuta e di trasferirne il 75% allo Stato membro di residenza del beneficiario effettivo degli interessi.

Per quanto riguarda le doppie imposizioni, la direttiva impone allo Stato membro di residenza fiscale del beneficiario effettivo di assicurare l’eliminazione di qualsiasi doppia imposizione che potrebbe derivare dall’applicazione della ritenuta alla fonte.

Infine, la direttiva non osta a che gli Stati membri prelevino ritenute alla fonte di tipo diverso da quello di cui sopra, in conformità alla loro legislazione nazionale o ai sensi di convenzioni contro le doppie imposizioni.

Contesto

Nell’ambito del “pacchetto fiscale” destinato alla lotta contro la concorrenza fiscale dannosa, la Comunità europea (CE) ha deciso di dotarsi di uno strumento normativo per attenuare le distorsioni esistenti nell’effettiva tassazione dei redditi da risparmio sotto forma di pagamenti di interessi.

I redditi da risparmio sotto forma di pagamenti di interessi su crediti costituiscono infatti redditi imponibili per i residenti di tutti gli Stati membri dell’Unione europea. Tuttavia, a causa della libera circolazione dei capitali (artt. 56-60 del trattato) e in mancanza di un coordinamento dei regimi tributari nazionali in materia di imposizione sui redditi da risparmio sotto forma di pagamenti di interessi, in particolare per quanto attiene al trattamento degli interessi percepiti da non residenti, attualmente i residenti degli Stati membri possono spesso evitare nel loro Stato di residenza qualsiasi forma di imposizione sugli interessi percepiti in un altro Stato membro. Questa situazione produce, nei movimenti di capitali fra Stati membri, distorsioni incompatibili con il mercato interno. Inoltre, incoraggia l’evasione dei redditi da risparmio e accentua la pressione fiscale su redditi meno mobili, come quelli da lavoro, con un effetto dannoso sul costo di quest’ultimo e quindi indirettamente sulla creazione d’impiego.

Dopo il fallimento della proposta di direttiva del 1998, che, per ovviare a questi ostacoli, suggeriva di lasciare agli Stati membri la scelta tra lo scambio delle informazioni bancarie o l’applicazione di una ritenuta fiscale alla fonte, la presente direttiva si basa sull’accordo raggiunto al Consiglio europeo di Feira del 19 e del 20 giugno 2000 e ai successivi Consigli ECOFIN del 26 e del 27 novembre 2000, del 13 dicembre 2001 e del 21 gennaio 2003. Tale accordo riguarda la realizzazione di uno scambio automatico di informazioni tra gli Stati membri, ad accezione di Belgio, Lussemburgo ed Austria, che beneficeranno di un periodo transitorio durante il quale, invece di fornire le informazioni agli altri Stati membri, devono applicare una ritenuta alla fonte ai redditi da risparmio di cui alla presente direttiva

Termini chiave dell’atto
  • Beneficiario effettivo: con questo termine si intende qualsiasi persona fisica che percepisca un pagamento di interessi o a favore della quale sia attribuito un pagamento di interessi, a meno che essa dimostri che tale pagamento non sia stato effettuato a proprio vantaggio o che non le sia stato attribuito.
  • Agente pagatore: con questo termine si intende qualsiasi operatore economico che paghi interessi o che attribuisca il pagamento di interessi direttamente a favore del beneficiario effettivo, sia esso il debitore del credito che produce gli interessi o l’operatore incaricato dal debitore o dal beneficiario effettivo di pagare gli interessi o di attribuirne il pagamento; in alcuni casi specifici di cui all’art. 4 della direttiva, anche qualsiasi entità stabilita in uno Stato membro alla quale siano pagati interessi o alla quale sia attribuito un pagamento di interessi a vantaggio del beneficiario effettivo è considerata agente pagatore all’atto stesso di tale pagamento o di tale attribuzione di pagamento.
  • Pagamento di interessi: con pagamento d’interessi si intendono gli interessi pagati, o accreditati su un conto, relativi a crediti di qualsivoglia natura, assistiti o meno da garanzie ipotecarie e corredati o meno di una clausola di partecipazione agli utili del debitore, e in particolare i redditi dei titoli del debito pubblico e delle obbligazioni, compresi i premi connessi a tali titoli e obbligazioni (con esclusione delle penalità di mora); gli interessi maturati o capitalizzati alla cessione, al rimborso o al riscatto dei crediti di cui sopra; i redditi derivanti da pagamenti di interessi, direttamente o tramite alcune entità enumerate limitativamente, distribuiti dagli organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) autorizzati ai sensi della direttiva 85/611/CEE o da alcuni altri organismi di investimento collettivo; i redditi realizzati alla cessione, al rimborso o al riscatto di partecipazioni o quote negli OICVM, qualora questi investano, direttamente o indirettamente, tramite altri organismi di investimento collettivo o altre entità, più del 40% del loro attivo nei crediti.

Fonte: Commissione Europea

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Sistema fiscale

Coordinamento dei sistemi di imposizione diretta degli Stati membri

Le iniziative annunciate nella presente comunicazione mirano a promuovere il coordinamento dei sistemi di imposizione diretta degli Stati membri per eliminare ostacoli fiscali quali le discriminazioni e le doppie imposizioni a livello dell’Unione europea (UE). Il coordinamento dei sistemi di imposizione diretta non armonizzati degli Stati membri mira a far sì che tali sistemi siano compatibili con il diritto comunitario e la giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee. Due di queste iniziative riguardano i settori specifici delle tassazioni in uscita e della compensazione delle perdite transfrontaliere per le società ed i gruppi.

ATTO

Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo e al Comitato economico e sociale europeo – Coordinamento dei sistemi di imposizione diretta degli Stati membri nel mercato interno [COM(2006) 823 def. – Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale].

SINTESI

La Commissione europea annuncia una serie di iniziative destinate a promuovere un migliore coordinamento dei sistemi nazionali di imposizione diretta nell’Unione. L’obiettivo è di garantire la conformità di questi sistemi nazionali con il diritto comunitario e assicurare una buona interazione tra di essi. Le iniziative in questione riguardano la soppressione delle discriminazioni e della doppia imposizione a beneficio dei privati e delle imprese, nonché la lotta contro la frode fiscale e la preservazione della base imponibile.

Gli obiettivi principali di un approccio fiscale coerente e coordinato sono i seguenti:

    • soppressione delle discriminazioni e della doppia imposizione;
    • prevenzione dei casi involontari di mancata imposizione e delle frodi;
    • riduzione dei costi che comporta l’obbligo di conformarsi alle disposizioni di più sistemi fiscali.

Parallelamente alla comunicazione suddetta, la Commissione ha adottato altre due comunicazioni, la prima sulla compensazione transfrontaliera delle perdite, la seconda sulla tassazione in uscita. Si tratta dei primi due esempi concreti di settori specifici nei quali un approccio coordinato potrebbe rivelarsi vantaggioso.

Contesto

La normativa comunitaria lascia agli Stati membri grande discrezionalità nella concezione dei loro sistemi di imposizione diretta, consentendo loro di adattarli in funzione di obiettivi e imperativi nazionali. Disposizioni fiscali esclusivamente o principalmente fondate su considerazioni di ordine interno possono tuttavia comportare incoerenze nel trattamento fiscale quando sono applicate in un contesto transfrontaliero. Un contribuente in situazione transfrontaliera, che si tratti di un privato o di un’impresa, può essere vittima di discriminazione o di doppia imposizione, e può succedere che debba pagare spese supplementari per conformarsi a più regolamentazioni diverse.

L’aumento netto delle denunce presentate in questi ultimi anni dai contribuenti dinanzi ai tribunali nazionali e alla Corte di giustizia delle Comunità europee dimostra chiaramente che è necessario garantire maggiore cooperazione e coordinamento tra gli Stati membri.

Obiettivi

L’iniziativa della Commissione consiste nel promuovere soluzioni ai problemi comuni derivanti dalle interazioni dei numerosi sistemi fiscali esistenti nel quadro del mercato interno. Presentando questa iniziativa, la Commissione dimostra la propria volontà di aiutare gli Stati membri a definire i principi che permetteranno di mettere a punto soluzioni coordinate e di migliorare le modalità pratiche della cooperazione amministrativa.

L’iniziativa della Commissione non mira a sostituire i sistemi fiscali nazionali con un sistema comunitario unico. Essa tenta soprattutto di rafforzare la cooperazione tra gli Stati membri e di migliorare il coordinamento delle loro legislazioni, per garantire il buon funzionamento di ventisette sistemi nazionali diversi nel quadro del mercato interno.

Oltre ai settori specifici trattati nelle due comunicazioni che la accompagnano, la comunicazione suddetta copre altri aspetti dell’imposizione diretta (ritenute alla fonte, misure contro l’evasione fiscale, diritti di successione, ecc..), per le quali la Commissione ritiene che sia necessario avere un approccio coordinato.

Coordinamento ed armonizzazione della base imponibile dell’imposta sulle società

L’iniziativa di coordinamento dei sistemi fiscali è complementare alle iniziative legislative intraprese dalla Commissione in materia di imposizione diretta. La Commissione ritiene che il solo mezzo sistematico per lottare contro gli ostacoli fiscali persistenti con i quali si scontrano le imprese che effettuano operazioni in più di uno Stato membro è di permettere ai gruppi multinazionali di essere tassati, per tutte le loro attività nell’UE, su una base imponibile comune consolidata per l’imposta sulle società. La Commissione ha annunciato l’intenzione di presentare nel 2008 una proposta legislativa globale in vista della creazione di una base imponibile comune consolidata per l’imposta sulle società (CCCTB). La CCCTB sarà applicata tuttavia soltanto alle società che soddisferanno i criteri stabiliti a tal fine e che ne faranno richiesta. Resta necessario, in modo più generale, garantire un migliore coordinamento dei sistemi fiscali nazionali a vantaggio dei privati e delle imprese, e prevenire l’erosione della base imponibile degli Stati membri.

SETTORI POSSIBILI DI COORDINAMENTO TRA GLI STATI MEMBRI

In relazione con la presente comunicazione, la Commissione ha pubblicato due comunicazioni nei settori specifici delle tassazioni in uscita e della compensazione delle perdite transfrontaliere per le società ed i gruppi.

Tassazione in uscita

Il settore delle tassazioni in uscita riguarda in particolare le tasse sui trasferimenti di attivi in un altro Stato membro. Nella comunicazione sulla tassazione in uscita, che riguarda la fiscalità dei privati e delle imprese, la Commissione formula delle proposte sul modo in cui gli Stati membri potrebbero coordinare la loro azione per eliminare la discriminazione o la doppia imposizione.

Compensazione delle perdite transfrontaliere

In mancanza di una compensazione delle perdite transfrontaliere per le società ed i gruppi, gli utili e le perdite di tali società e gruppi rischiano di essere ripartiti su diversi paesi. Pertanto la compensazione delle perdite delle società e dei gruppi è limitata agli utili realizzati nello Stato membro nel quale è stato effettuato l’investimento. Di conseguenza, i gruppi e le società rischiano di pagare imposte su una base imponibile che supera la totalità dei loro risultati a livello dell’UE. Questa situazione determina altresì un calo della competitività. Per questa ragione la Commissione propone un approccio coordinato degli Stati membri in questo settore.

(Fonte: Commissione Europea) […]

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Sistema fiscale

Tempo di vacanze attenti al contante

banconote-euroLa carta costituzionale europea garantisce la libera circolazione delle persone, delle merci, dei servizi e dei capitali all’interno dell’Unione Europea, e vieta rigorosamente qualsiasi discriminazione in base alla nazionalità.

Molto bene per la teoria ed i principi, un pochino meno bene nella realtà dei fatti.

Controllo dei movimenti di denaro contante

Gli stati membri sono fortemente impegnati nella lotta al riciclaggio di denaro sporco nonché al terrorismo internazionale ed al suo finanziamento. Anche questo è un principio sacrosanto.

La regola generale

L’obbligo di dichiarazione dei movimenti di denaro liquido fa parte della strategia comunitaria della lotta contro il finanziamento al terrorismo ed il riciclaggio di denaro sporco.Chiunque desideri entrare od uscire dal territorio dell’Unione Europea trasportando con se una somma di denaro contante uguale o superiore a 10.000 euro, o al suo controvalore in altre valute, deve presentare una dichiarazione alle autorità doganali.

Che cosa succede in caso di omessa dichiarazione?

Il denaro contante che viene trasportato può essere trattenuto o confiscato. In caso di omessa o falsa dichiarazione le autorità doganali applicano la loro legislazione nazionale.
Le sanzioni possono anche arrivare a pene di tipo carcerazione in caso di ipotesi di collegamento al riciclaggio di denaro o al finanziamento del terrorismo.

Quale è la sorte dei dati comunicati?

La confidenzialità dei dati è garantita al fine di proteggere la sicurezza dei cittadini quando trasportano denaro contante.
Le informazioni sono messe a disposizione dei Servizi di Informazione Finanziaria dello stato membro, attraverso il quale si è entrati o si è usciti dal territorio della Comunità Europea.
I Servizi di Informazione Finanziaria sono delle agenzie centrali che controllano le transazioni finanziarie allo scopo di lottare contro il riciclaggio di denaro sporco e contro il finanziamento del terrorismo.
Quando è provato che il denaro contante è trasportato al fine di riciclare denaro sporco o di finanziare il terrorismo, gli Stati membri possono procedere allo scambio di informazioni tra di loro e con la Commissione Europea.

Movimento di denaro liquido all’interno della Comunità Europea

In alcuni Stati membri vigono disposizioni specifiche in materia di controllo e di dichiarazione per i movimenti intracomunitari di denaro contante; queste vengono applicate in aggiunta alla normativa UE.
Le misure nazionali devono essere conformi al Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, che autorizza gli Stati membri a predisporre delle procedure di dichiarazione dei movimenti di denaro ai fini di una informazione amministrativa o statistica, o a prendere delle misure giustificate da motivi connessi all’ordine pubblico ed alla sicurezza pubblica; tuttavia queste misure e procedure non possono costituire né un mezzo di discriminazione arbitraria né una restrizione mascherata alla libera circolazione dei capitali.

Applicano il controllo dei movimenti di denaro contante alle frontiere con gli altri Stati Membri il Belgio, la Bulgaria, Cipro, la Germania, la Danimarca, la Spagna, la Francia, l’Italia, Malta, la Polonia e il Portogallo.
A questo scopo questi Stati ricorrono a un sistema di dichiarazione obbligatoria con una soglia di 10.000 euro, ad eccezione del Portogallo in cui la dichiarazione è facoltativa, a meno che la persona non sia controllata.
L’Austria estende i controlli sull’insieme del suo territorio. La Spagna, come l’Austria, ha introdotto dei controlli nazionali, ma limitatamente a importi superiori o uguali a 100.000 Euro.
Il Regno Unito non ha instaurato dei controlli abitudinari alle frontiere, ma i suoi funzionari effettuano, sul territorio, dei controlli a campione sia dei passeggeri che dei loro bagagli, al fine di verificare il trasporto di qualsiasi somma di denaro contante.
L’Irlanda applica una procedura simile a quella del Regno Unito, ma la soglia di denaro contante è fissata a 6.438 Euro.
Repubblica Ceca, Estonia, Grecia, Finlandia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Olanda, Romania, Slovenia, Slovacchia e Svezia non praticano alcuna forma di controllo intracomunitario relativo alla movimentazione di denaro contante.

Italia: la normativa nazionale in dettaglio

Ogni persona che entra/esce dal territorio italiano “trasportando” denaro contante (o mezzi non tracciabili equivalenti) per un ammontare pari o superiore a 10.000 euro, deve dichiarare dette somme utilizzando il modello messo a disposizione dall’Agenzia delle Dogane. La dichiarazione può essere presentata in via telematica all’Agenzia delle Dogane ovvero consegnata in forma cartacea presso un Ufficio doganale.

Lo Stato italiano nel recepire la normativa comunitaria ha rivisto la disciplina riguardante le movimentazioni di denaro contante, o mezzi equivalenti, in entrata e in uscita dall’Italia, la cui provenienza o destinazione sia uno Stato comunitario ovvero extracomunitario, al fine di “contrastare l’introduzione dei proventi di attività illecite nel sistema economico finanziario” e di “individuare, attraverso l’obbligo della dichiarazione, movimenti di denaro contante in entrata nella Comunità europea o in uscita da essa e … tra l’Italia e gli altri Paesi comunitari”.

Si ricorda che tale obbligo era già presente nel nostro ordinamento nazionale la cui soglia era però fissata ad € 12.500.
Per denaro contante si intendono, in generale, i mezzi di pagamento non tracciabili, ossia:
– le banconote e le monete metalliche aventi corso legale;
– gli strumenti negoziabili al portatore, compresi gli strumenti monetari emessi al portatore quali traveller’s cheque;
– gli strumenti negoziabili, compresi assegni, effetti all’ordine e mandati di pagamento, emessi al portatore, girati senza restrizioni, a favore di un beneficiario fittizio o emessi in forma tale che il relativo titolo passi alla consegna;
– gli strumenti incompleti, compresi assegni, effetti all’ordine e mandati di pagamento firmati ma privi del nome del beneficiario.

Sono interessati dalla disciplina in esame anche i trasferimenti di denaro contante effettuati mediante plico postale o equivalente.
Sono invece esclusi dagli obblighi in esame i trasferimenti di vaglia postali o cambiari, di assegni postali, bancari o circolari, tratti o emessi da Banche o Poste, a condizione che rechino l’indicazione del nome del beneficiario e la clausola di non trasferibilità.
Sono altresì esclusi i moduli di assegni bancari (non compilati) che il soggetto trasporta con sé recandosi all’estero.
In caso di eventuale rilascio a soggetti terzi devono essere comunque rispettate le regole di emissione, e cioè l’indicazione del beneficiario e clausola di non trasferibilità in caso di importi pari o superiori ad euro 5.000.

La dichiarazione di trasferimento

La dichiarazione di trasferimento di denaro contante deve essere, alternativamente:
– inviata telematicamente all’Agenzia delle Dogane, prima dell’entrata/uscita dal territorio italiano; in tal caso il soggetto interessato deve portare al seguito una copia della dichiarazione inviata ed il numero di registrazione attribuito alla stessa dal sistema telematico doganale;
– presentata in forma cartacea presso un Ufficio doganale di confine o limitrofo, al momento dell’entrata/uscita dal territorio italiano; in tal caso l’Ufficio rilascia copia della dichiarazione presentata con l’attestazione di ricevimento, copia che il soggetto interessato deve portare al seguito nel prosieguo del suo viaggio.

In riferimento ai trasferimenti di denaro contante tramite plico postale o mezzo equivalente, la dichiarazione in esame va presentata all’Ufficio postale ovvero al fornitore del servizio postale all’atto della spedizione, o nelle 48 ore successive al ricevimento, e non presso la Dogana.

Regime sanzionatorio

In caso di omessa, incompleta o non veritiera dichiarazione di trasferimento di denaro contante pari o superiore a 10.000 euro, è previsto il sequestro del denaro trasferito o che si è tentato di trasferire eccedente la soglia di 10.000 euro, nel limite del 40% dell’importo oltre la soglia, con un minimo di 300 euro. Alla conclusione del procedimento sanzionatorio, il denaro sequestrato, nella misura in cui non è servito per il pagamento della sanzione, è restituito all’interessato, a condizione che lo stesso provveda a presentare istanza entro 5 anni dalla data del sequestro.

Estinzione della violazione con versamento dell’oblazione ridotta

E’ prevista la possibilità di estinguere la violazione di omessa/incompleta/non veritiera dichiarazione mediante il pagamento di un’oblazione di ammontare pari al 5% del denaro contante eccedente la soglia di 10.000 euro, con un minimo di 200 euro. Tale modalità è preclusa se la somma eccedente la soglia è superiore a 250.000 euro, ovvero se il soggetto si è già avvalso della facoltà oblatoria in esame nei 365 giorni precedenti.

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