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L’Italia e Isola di Man hanno firmato l’accordo sullo scambio di informazioni

L’Italia e l’Isola di Man hanno sottoscritto a Londra, n data 16 settembre 2013, un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale, basato sul Modello di “Tax Information Exchange Agreement” (TIEA) dell’OCSE del 2002.

Tale Modello ha lo scopo di promuovere la cooperazione in materia fiscale, agevolando lo scambio di informazioni tra le autorità competenti degli Stati contraenti.
Il TIEA, non ha carattere vincolante, rappresenta un modello per la conclusione di accordi bilaterali sullo scambio di informazioni in materia fiscale, nei casi in cui non sono in vigore Convenzioni contro le doppie imposizioni.

Lo stesso giorno l’Isola di Man ha stipulato accordo analogo con il Lesotho.
Il Ministro del Tesoro dell’Isola di Man ricorda che ad oggi l’Isola di Man ha stipulato 41 accordi basati sugli standard OCSE, di cui 31 TIEA.
Con l’Italia salgono a diciassette i Paesi membri dell’Unione europea con i quali l’Isola di Man ha concluso un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale sulla base degli standard OCSE.

Le autorità competenti dei due Stati hanno la facoltà di avviare lo scambio delle informazioni rilevanti per assicurare la corretta applicazione delle disposizioni nazionali relative a ogni imposta rientrante nell’ambito di applicazione del TIEA: le parti contraenti sono tenute a fornire tutte le informazioni prevedibilmente rilevanti per l’Amministrazione fiscale richiedente, incluse quelle informazioni relative alla determinazione, alla verifica e al recupero delle imposte riferite alla persona sottoposta a indagine/controllo da parte dell’Autorità fiscale.
Tuttavia, l’autorità richiesta non è tenuta a fornire le informazioni non richieste dalla normativa fiscale nazionale.

E’ previsto l’obbligo dello Stato richiesto di utilizzare i poteri di cui dispone per raccogliere le informazioni  che gli sono richieste, anche qualora le stesse non siano rilevanti per i suoi propri fini fiscali interni.
E’ esteso l’obbligo dello scambio di informazioni anche a quelle detenute da una banca o da altra istituzione finanziaria, nonché da soggetto che opera in qualità di agente o fiduciario.

Sono individuati i casi in cui lo Stato richiesto può legittimamente rifiutarsi di fornire le informazioni allo Stato richiedente, facendo riferimento ai casi in cui la richiesta non sia effettuata in conformità con le disposizioni del TIEA, o la divulgazione delle informazioni richieste sia contraria all’ordine pubblico o possa rivelare un segreto commerciale, industriale o professionale.
Un’ulteriore ipotesi di “legittimo rifiuto” fa riferimento al caso in cui le informazioni richieste riguardino una disposizione fiscale dello Stato richiedente che discrimina tra un cittadino dello Stato richiesto e un cittadino dello Stato richiedente, in presenza delle medesime circostanze.

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La Svizzera attira gli imprenditori francesi

Dall’inizio dell’anno un centinaio di aziende francesi ha deciso di trasferirsi in Svizzera, l’obiettivo dichiarato è quello di trarre profitto da una tassazione favorevole.

Il Direttore della Camera di Commercio e Industria franco-svizzero ha recentemente reso nota che ora ci sono 850 imprese francesi impiantate nella Confederazione in cui il 25 per cento o più del capitale è di proprietà di una casa madre Francese. Questo dato si contrappone a 750 nel 2011 e a 550 dieci anni fa.

Peri nuovi insediamenti non si tratta semplicemente grandi aziende ma anche piccole e medie imprese, che comincino come filiali commerciali di una società francese .

Inoltre, un numero crescente di imprese francesi invia i dirigenti a lavorare in Svizzera, beneficiando di oneri significativamente inferiori sui salari. Su stipendi mensili di oltre CHF10, 000 gli oneri sociali rappresentano il 32 per cento in Svizzera, contro il 65 per cento in Francia.

Inoltre, i compensi dei  dirigenti francesi non saranno soggetti al contributo eccezionale imposto dalla Francia ai percettori di reddito elevati. L’imposta speciale è attualmente riscossa ad un tasso del 3 per cento sui redditi superiori a 250, 000 e il 4 per cento sui redditi superiori a 500 000 euro.

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Europa: IVA non prevista l’applicazione del prorata mondiale

Una società la cui sede è stabilita in uno Stato membro non può prendere in considerazione, nel calcolare il proprio prorata di detrazione dell’IVA, il fatturato delle sue succursali stabilite all’estero
La sesta direttiva IVA non prevede applicazione del «prorata mondiale»
In seguito a una verifica della sua contabilità, l’istituto di credito Le Crédit Lyonnais (LCL), la cui sede è stabilita in Francia e che detiene succursali all’estero, è stato oggetto di due notifiche di rettifica. L’amministrazione tributaria francese gli ha infatti inviato solleciti relativi, in particolare, all’IVA per il periodo compreso tra il 1° gennaio 1988 e il 31 dicembre 1989, lamentando che esso aveva preso in considerazione l’importo degli interessi dei prestiti accordati alle sue succursali stabilite fuori del territorio francese al fine di calcolare il prorata di detrazione dell’IVA applicabile alla banca.

 LCL ha proposto tre reclami in cui faceva valere la contestazione e la restituzione dell’IVA che la banca ritiene di aver pagato a torto per gli anni dal 1988 al 1990 (circa EUR 31,7 milioni). In seguito al rigetto di tali reclami da parte dell’amministrazione tributaria, LCL ha adito i giustizia amministrativa francese, sostenendo che qualora non si potesse tenere conto dell’importo degli interessi fatturati dalla sede principale alle succursali, in quanto la sede principale formerebbe, unitamente alle succursali estere, un’unica entità, i proventi delle operazioni che queste ultime realizzano con terzi dovrebbero essere considerati come ad essa facenti capo ed essere presi in considerazione per il calcolo del prorata di detrazione ad essa applicato («prorata mondiale»).

 A seguito del rigetto del suo ricorso nonché dell’impugnazione, LCL ha adito in cassazione il Conseil d’État (Francia) che ha deciso di interrogare la Corte di giustizia sull’interpretazione della sesta direttiva IVA . Si tratta di stabilire se la società la cui sede è stabilita in uno Stato membro e che dispone di succursali site all’estero, al momento di assolvere i suoi obblighi tributari nei confronti dello Stato membro in cui ha sede – nella misura in cui realizza sia operazioni che danno diritto alla detrazione sia operazioni che non vi danno diritto – debba prendere in considerazione o meno, per calcolare il suo prorata di detrazione dell’IVA, il proprio fatturato totale, cioè integrare sia quello della sede centrale sia quello delle sue diverse succursali.

 Con la sentenza odierna, la Corte ricorda, in primo luogo, che il regime delle detrazioni sancito dalla direttiva è diretto a sgravare integralmente l’imprenditore dall’onere dell’IVA dovuta o assolta nel contesto di tutte le sue attività economiche. Di conseguenza, il sistema comune dell’IVA garantisce una perfetta neutralità quanto all’onere tributario di tutte le attività economiche, qualunque siano i loro scopi o i loro risultati a condizione che tali attività siano soggette all’IVA. In particolare, allorché l’IVA si riferisce a beni o servizi che sono utilizzati dal soggetto d’imposta per effettuare sia operazioni che danno diritto a detrazione sia operazioni che non vi danno diritto, la detrazione è ammessa soltanto per quella quota dell’IVA che è proporzionale all’importo delle prime operazioni tassate. Il diritto a detrazione è calcolato secondo un prorata determinato in conformità alla direttiva . Orbene, dal momento che il

calcolo del prorata di detrazione costituisce un elemento del regime delle detrazioni, le modalità di tale calcolo rientrano nella sfera d’applicazione della normativa nazionale in materia di IVA alla quale un’attività o un’operazione deve essere fiscalmente collegata (principio di territorialità). Spetta pertanto alle autorità tributarie nazionali stabilire il metodo di determinazione del diritto a detrazione autorizzandole a prevedere la fissazione di un prorata distinto per ciascun settore d’attività oppure la detrazione secondo la destinazione  di  tutti  o  parte  dei  beni  e  servizi  ad  un’attività  precisa  o  anche  a  prevedere l’esclusione del diritto a detrazione al ricorrere di talune condizioni.

 La Corte precisa peraltro che la modalità di restituzione dell’IVA (per detrazione o rimborso) è esclusivamente in funzione del luogo di stabilimento del soggetto d’imposta (sede ma anche stabile organizzazione situata negli altri Stati membri). Così, una società che ha fissato la propria sede in uno Stato membro e che dispone di una stabile organizzazione   in un altro Stato membro deve essere considerata, per tale motivo, stabilita in quest’ultimo Stato per le attività ivi compiute e non potrà più chiedere il rimborso dell’IVA. Spetterà a detta stabile organizzazione sollecitare, presso le autorità tributarie di tale Stato, la detrazione dell’IVA relativa agli acquisti che ivi sono stati realizzati.

 Nei limiti in cui la Corte ha dichiarato che la stabile organizzazione  situata in uno Stato membro e la sede principale situato in un altro Stato membro costituiscono un unico e solo soggetto d’IVA, ne consegue che un unico soggetto passivo è sottoposto, oltre al regime applicabile nello Stato in cui ha sede, ad altrettanti regimi di detrazione nazionali quanti sono gli Stati membri nei quali egli dispone di stabili organizzazioni.

 Orbene, poiché le modalità del calcolo del prorata costituiscono un elemento fondamentale del regime delle detrazioni, non si può tenere conto, nel calcolo applicabile alla sede principale di un soggetto d’imposta stabilito in uno Stato membro, della cifra d’affari realizzata da tutti gli stabili organizzazioni di cui tale soggetto d’imposta dispone negli altri Stati membri.

 Del pari, la Corte risponde, in secondo luogo, che la direttiva deve essere interpretata nel senso che, ai fini della determinazione del prorata di detrazione dell’IVA ad essa applicabile, una società la cui sede è situata in uno Stato membro non può prendere in considerazione il fatturato realizzato dalle sue succursali stabilite nei paesi terzi.

 È giocoforza constatare che la direttiva non contiene alcun indizio che consenta di concludere che la circostanza che un soggetto d’imposta disponga di una stabile organizzazione fuori dell’Unione europea sia idonea ad avere un’incidenza sul regime delle detrazioni alle quali tale soggetto d’imposta è sottoposto nello Stato membro in cui è situata la sua sede principale. La Corte confuta così l’argomento di LCL secondo cui una società che dispone di una succursale in un paese terzo deve, sotto il profilo dell’IVA, beneficiare dello stesso trattamento di una società che dispone di una controllata in tale Stato. Al contrario, secondo la Corte, tali diverse opzioni riflettono situazioni chiaramente distinte e non possono quindi ricevere lo stesso trattamento tributario.

 La Corte constata, in terzo luogo, che la direttiva non consente ad uno Stato membro di accogliere una regola di calcolo del prorata di detrazione per settore d’attività di una società soggetta ad imposta che autorizzi quest’ultima a prendere in considerazione la cifra d’affari realizzata da una succursale stabilita in un altro Stato membro o in un paese terzo.

 Infatti, la nozione di «settori d’attività» non riguarda zone geografiche, ma diversi generi d’attività economiche come le attività di produttore, di commerciante o di prestatore di servizi.

( Fonte : Curia)

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Anagrafe dei conti bancari : ennesima buffala dell’Agenzia delle Entrate

Il SID ( Sistema di interscambio dati) che nulla ha a vedere con i Servizi Segreti italiani che, dopo lo scandalo delle schedature del SIFAR e del Piano Solo, dettero i natali al primo SID (Servizio Informazioni Difesa)

Ieri si schedavano i cittadini per sesso, religione, razza, colore della pelle, orientamento politico e sessuale.

Oggi non si schedano piu’ i cittadini ma i conti correnti bancari.

Le similitudini sono assolutamente casuali e non volute.

Oggi i diritti della persona sono inviolabili, la tutela è ferrea ed inossidabile.

Attraverso l’Anagrafe dei conti correnti l’Amministrazione finanziaria disporrà di tutte le informazioni relative ai conti correnti ed analizzando questi dati stabilirà se il reddito dichiarato da ciascun contribuente è in linea con le spese ch’egli ha sostenuto.

Udite, udite!

Le banche i gli intermediari finanziari comunicheranno dati aggregati come il saldo iniziale, il saldo finale, il totale degli addebiti ed il totale degli accrediti per consentire all’Amministrazione Fiscale una visione d’insieme.

Queste notizie e questi dati sono necessari per individuare gli evasori.

Bumh: “aggettivo” che ci crede.

Che trovata! Peccato che non faccia ridere.

I dati immagazzinati via l’Anagrafe dei conti bancari confluiranno nel sistema Serpico.

Quel fenomenale sistema che utilizzando uno o piu’ super o iper computer raccoglie i dati relativi ai contribuenti: dichiarazione dei redditi, case, terreni, auto, barche e chi piu’ ne ha piu’ ne metta.

Si dice che da questa immensa mole di informazioni e dati l’Agenzia delle Entrate sarà in grado di debellare l’evasione.

Verificare o ricostruire il reddito di ciascun contribuente sarà un gioco da ragazzi. Il margine di errore imputabile al sistema è meno che scarso, il tenore di vita di ogni cittadino sarà codificato e dovrà essere compatibile con le spese e gli incassi emersi dalle comunicazioni che arriveranno dalle banche.

I dati arrivano per masse di aggregazione ma, con un miracolo il cui merito è tutto delle nuove tecnologie, verranno disaggregati ed attribuiti ai contribuenti.

Ad ognuno il suo tenore di vita.

Bumh: ancora “aggettivo” che ci crede.

In tutta sincerità credo che l’Agenzia delle Entrate migliorerebbe la sua produttività se dedicasse energie e risorse alla clonazione della lampada di Aladino.

Da ragazzino ero costretto a fare i compiti delle vacanze, il libro si intitolava “Repetita juvant”.
Qui si ha l’impressione di essere in ipotesi di copia ed incolla.
Nel 1971 l’allora Ministro delle Finanze Preti inauguro’ il Progetto Athéna che si basava sulle straordinarie potenzialità di un calcolatore Ibm.
Anche a quei tempi le tasse le pagavano in pochi, talmente pochi che il Ministro parlava al singolare.
Ma il Ministro Preti assicurò: «Basterà spingere un bottone per scovare l’evasore».
Visti i risultati della lotta all’evasione vien da pensare che qualche monello abbia nascosto il bottone.

Guido Ascheri

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L’Unione Europea corre ai ripari…

Sia la riscossione delle imposte sia la lotta alle frodi e all’evasione fiscale sono responsabilità delle autorità nazionali dei paesi dell’UE. Ciononostante, una grande percentuale dei casi di frode avviene a livello transfrontaliero e un paese che agisca da solo non riuscirà a ottenere grandi risultati. L’UE fornisce da tempo strumenti per assistere gli Stati membri a contrastare le frodi in modo più efficace. Ora vuole cambiare marcia e migliorare ulteriormente. Da qui il piano d’azione

…all’interno…

Grazie agli strumenti informatici e ad altri mezzi, l’UE consente la cooperazione e lo scambio d’informazioni tra i suoi Stati membri su tutti i tipi d’imposta, in particolare sulla tassazione del risparmio e sull’IVA. Ad esempio, un sistema UE di assistenza reciproca permette alle autorità fiscali nazionali di recuperare imposte non versate con l’aiuto e la cooperazione delle autorità fiscale di un altro paese UE.

…e a livello mondiale

Molte imprese sono attive a livello mondiale, e lo stesso vale per l’evasione fiscale.  L’UE ha stipulato accordi con una serie di paesi vicini e partecipa a tutte le iniziative internazionali tese a prevenire le pratiche abusive nel settore fiscale. Inoltre, i paradisi fiscali sono sempre più presi di mira.

Questo il comunicato ufficiale.
Nellà realtà di lotta all’evasione fiscale si parla da sempre.
Risultati: nessuna traccia.

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Cayman: cerca l’inclusione nella Convenzione OCSE

Il governo delle Isole Cayman ha annunciato che ha formalmente chiesto al Regno Unito di estendere alle Isole Cayman la condizione di membro dell’OCSE / Consiglio d’ Europa Convenzione sulla mutua assistenza amministrativa in materia.

” La nostra richiesta formale di adesione arriva dopo molti mesi di discussioni sostanziali tra Cayman e Regno Unito , e sottolinea il nostro continuo impegno per la partecipazione attiva in materia di cooperazione fiscale internazionale “, ha detto il ministro per i servizi finanziari , Wayne Panton .

La convenzione prevede tutte le possibili forme di cooperazione amministrativa tra Stati membri nella valutazione e la riscossione delle imposte , in particolare al fine di combattere l’elusione e l’evasione fiscale . Questa cooperazione varia da scambio di informazioni , compresi gli scambi automatici, al recupero dei crediti fiscali estere .

Il comunicato stampa diramato da “Isle Cayman Financial Services ( CIFS )” precisa  che Cayman non gestirà le questioni relative alle richieste per il recupero dei crediti fiscali estere , o di scambio di informazioni per quanto riguarda le imposte locali , e dei contributi previdenziali .

Ministro Panton ha detto che attende dai funzionari Cayman e del Regno Unito che lavorano insieme il completamento delle misure necessarie per l’estensione .

CIFS ha dichiarato che supporta pienamente il Ministro e il Governo nella decisione di aderire alla convenzione .

“Il settore dei servizi finanziari è stata consultata , attraverso Cayman Finanza , nel corso di queste discussioni e siamo fiduciosi che l’attuazione degli accordi bilaterali che scaturiranno dalla convenzione prenderà in considerazione le esigenze della nostra giurisdizione “, ha detto il CEO Gonzalo Jalles .

Ha aggiunto che la convenzione è uno standard rispettato da più di 50 paesi, e ha detto che era fondamentale per i servizi finanziari di Cayman restare allineato con i movimenti globali in direzione di scambio automatico di informazioni .

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Italia: Irpef sulle seconde case sfitte

La bozza del D.L. n. 102/2013 sulla cancellazione della prima rata dell’IMU 2013 conteneva, inizialmente, una disposizione che prevedeva il ritorno dell’Irpef, nella misura del 50%, sugli immobili a disposizione sfitti (seconde o terze case per le vacanze, case date in uso ad un familiare). Con una nota ufficiale diffusa dal Governo, viene confermato che la disposizione, sebbene contenuta nella bozza del decreto legge, non è stata mantenuta nella versione finale del decreto, quella pubblicata in Gazzetta Ufficiale e, quindi, l’Irpef sugli immobili tenuti a disposizione sfitti è saltata.

Da tenere sotto controllo.

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Lotta alle frodi ed all’evasione fiscale: l’UE corre ai ripari

Sia la riscossione delle imposte sia la lotta alle frodi e all’evasione fiscale sono responsabilità delle autorità nazionali dei paesi dell’UE. Ciononostante, una grande percentuale dei casi di frode avviene a livello transfrontaliero e un paese che agisca da solo non riuscirà a ottenere grandi risultati. L’UE fornisce da tempo strumenti per assistere gli Stati membri a contrastare le frodi in modo più efficace. Ora vuole cambiare marcia e migliorare ulteriormente. Da qui il piano d’azione.

Grazie agli strumenti informatici e ad altri mezzi, l’UE consente la cooperazione e lo scambio d’informazioni tra i suoi Stati membri su tutti i tipi d’imposta, in particolare sulla tassazione del risparmio e sull’IVA. Ad esempio, un sistema UE di assistenza reciproca permette alle autorità fiscali nazionali di recuperare imposte non versate con l’aiuto e la cooperazione delle autorità fiscale di un altro paese UE.

Molte imprese sono attive a livello mondiale, e lo stesso vale per l’evasione fiscale.  L’UE ha stipulato accordi con una serie di paesi vicini e partecipa a tutte le iniziative internazionali tese a prevenire le pratiche abusive nel settore fiscale. Inoltre, i paradisi fiscali sono sempre più presi di mira.

Molto bene, anzi benissimo. Sia consentita una domanda.  Tutti questi comunicati, tutte queste iniziative tutti questi controllori di cui sentiamo parlare da decenni non riescono ad aver ragione dei frodatori e degli evasori.
Da quale delle due parti sta il problema? Da scoprire!

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Monitoraggio: finito l’obbligo di indicare i movimenti da e verso l’Italia e/o i trasferimenti estero su estero

Con il recepimento della normativa europea, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 20 agosto scorso, sono state apportate significative modifiche alle che disciplinano gli obblighi in materia di dichiarazione annuale per gli investimenti e le attività estere e le relative sanzioni.

 Per quanto riguarda gli obblighi dichiarativi (articolo 4), è da segnalare l’abrogazione dell’obbligo, a carico dei contribuenti, di compilazione delle sezioni I e III del quadro RW e il permanere in vita del solo obbligo di compilazione della sezione II, relativa al saldo dei capitali detenuti all’estero al 31 dicembre di ciascuna annualità.

L’adempimento relativo alla sezione I, è del tutto marginale e residuale, la sua abrogazione è quasi ininfluente. Per contro è rilevante l’abrogazione dell’obbligo riguardante la sezione III, destinata a fornire indicazioni sui flussi in entrata e in uscita dall’Italia e sui trasferimenti di disponibilità estero su estero.

 Di grande interesse l’eliminazione del limite dei 10mila euro come soglia di riferimento superata la quale il contribuente era tenuto a compilare la sezione II.

Gli obblighi dichiarativi sono estesi al  “titolare effettivo”, vale a dire “la persona o le persone fisiche che, in ultima istanza, possiedono o controllano il cliente nonché’ la persona fisica per conto della quale è realizzata un’operazione o un’attività, individuate nel decreto sull’antiriciclaggio.

La sanzione per omessa trasmissione delle comunicazioni è graduata dal 10 al 25% mentre, per le violazioni commesse dai contribuenti, la mancata compilazione della Sezione II del quadro RW, le sanzioni variano dal 3 al 15%, mentre prima erano comprese tra il 10 e il 50 per cento.

In contro tendenza nelle ipotesi di investimenti o attività estere detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato, le sanzioni sono raddoppiate: oscilleranno tra il 6 e il 30 per cento.

In ultimo, il contribuente può sanare la mancata compilazione del quadro RW entro 90 giorni dallo scadere del termine per la presentazione della dichiarazione annuale, la sanzione è pari a 258 euro.

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Svizzera: progetto per un mandato negoziale sull’accordo istituzionale

A giugno il Consiglio federale ha affidato al Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) l’incarico di elaborare un progetto per un mandato negoziale con l’Unione europea in ambito istituzionale. Oggi il Consiglio federale ha adottato il progetto di mandato e lo sottopone a consultazione presso le Commissioni della politica estera e i Cantoni. Le parti sociali ne vengono informate.

La via bilaterale resta al momento lo strumento più efficace in materia di politica europea per difendere gli interessi della Svizzera nei confronti dell’UE, che rimane di gran lunga il suo principale partner commerciale. Poggiando su una ventina di accordi bilaterali principali e un centinaio di altri accordi settoriali, questa via garantisce agli operatori economici svizzeri accesso al mercato interno dell’UE. Il Consiglio federale ha confermato a più riprese questo strumento, attestando che resta il più adatto a difendere gli interessi della Svizzera. La via bilaterale è stata, inoltre, regolarmente sostenuta dal popolo svizzero e dai Cantoni, ottenendo più volte la maggioranza quando sottoposta a votazione.

Per preservare l’acquis della Svizzera, la via bilaterale deve essere rinnovata senza compromettere l’indipendenza e la prosperità del Paese né la salvaguardia dell’accesso al mercato. Discussioni a livello svizzero ed europeo hanno permesso di tracciare diverse bozze di soluzione di natura tecnica e giuridica. Basandosi su una di queste opzioni, il Consiglio federale ha incaricato, lo scorso giugno, il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) di elaborare un progetto per un mandato di negoziazione. Oggi il Consiglio federale ha confermato la decisione presa a giugno e sottopone il progetto di mandato a consultazione presso le Commissioni della politica estera e i Cantoni. Le parti sociali ne vengono informate.

Questioni istituzionali La soluzione scelta dal Consiglio federale non implica alcuna nuova istituzione di carattere sovranazionale e consente, da un lato, di garantire l’omogeneità del diritto applicabile e, dall’altro, di tutelare l’autonomia della Svizzera in quanto Stato non membro dell’UE. Ogni parte garantirà il monitoraggio sull’applicazione dell’accordo all’interno del proprio territorio mediante le sue autorità, mentre la supervisione generale sull’applicazione sarà assicurata dal comitato misto. Sia la Svizzera sia l’UE possono, all’occorrenza, sottoporre alla Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE) le questioni interpretative relative al diritto dell’UE recepito in un accordo bilaterale. Sulla  base dell’interpretazione della CGUE il comitato misto dovrà cercare una soluzione accettabile per entrambe le parti. In suo difetto potrebbero essere adottate misure compensative proporzionate che possono arrivare fino alla sospensione parziale o totale dell’accordo interessato.

La soluzione scelta non implica nemmeno il recepimento automatico dell’acquis comunitario. Qualsiasi integrazione di una nuova disposizione del diritto dell’UE in un accordo bilaterale deve essere oggetto di una decisione da parte della Svizzera, nel pieno rispetto delle sue procedure interne. In sostanza, un futuro accordo istituzionale non può produrre, come effetto, la modifica della natura e del campo di applicazione degli accordi tra la Svizzera e l’UE. Così, per esempio, per quanto concerne l’accordo sulla libera circolazione delle persone, non sarà recepita la direttiva europea relativa alla cittadinanza. Sarà garantito che la Svizzera possa mantenere le misure complementari in materia di libera circolazione delle persone.

Prossime tappe Il progetto di mandato – che contiene gli obiettivi e le direttive negoziali cui sarà soggetta la delegazione svizzera – viene oggi sottoposto a consultazione presso le Commissioni della politica estera e i Cantoni. Le parti sociali ne vengono informate. I risultati della consultazione saranno presentati al Consiglio federale in vista dell’adozione definitiva di un mandato. Se vengono aperti i negoziati e hanno buon esito, il Parlamento e il popolo avranno la possibilità di esprimersi in materia.

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