Brexit: impatto sulle dogane e sulle imposte indirette

Il 30 gennaio 2018, la Commissione Europea ha pubblicato un avviso riguardante l’impatto che avrà la Brexit in campo doganale e nell’ambito delle imposte indirette.

Nell’avviso, la Commissione Europea richiede la preparazione delle parti europee interessate e ricorda che, a meno che non sia raggiunto un accordo in un’altra data, il Regno Unito dovrà essere considerato come un Paese non facente parte dell’Unione Europea a partire dal 30 marzo 2019.

Da un punto di vista doganale, dopo la Brexit, il Regno Unito non apparterrà più al Territorio Doganale Europeo. Questo, a sua volta, comporta l’esercizio di controlli doganali in conformità al Codice doganale dell’Unione, così come l’obbligo di adempiere alle formalità doganali (es. dichiarazioni doganali). Le autorità doganali avranno anche diritto a richiedere garanzie per debiti doganali potenziali od esistenti, ed i beni importati dal Regno Unito richiederanno l’applicazione dei relativi obblighi doganali.

I beni importati o esportati nel Regno Unito possono anche essere soggetti a specifiche restrizioni o divieti. Questo riguarda in modo particolare le merci militari, ma anche specifici rifiuti, prodotti chimici e specie in via di estinzione. In aggiunta, i beni importati nel Regno Unito ed incorporati in merci esportate dall’Unione Europea in paesi terzi, non saranno più qualificati come “contenuto UE”, compromettendo quindi l’applicabilità di tariffe preferenziali negoziate tra l’Unione Europea ed i suoi partner commerciali.

Per quanto riguarda l’Imposta sul Valore Aggiunto, i beni che entrano nel territorio europeo dal Regno Unito comporteranno l’applicazione dell’IVA sull’importazione, mentre i beni che lasciano l’Unione Europea verranno trattati come esportazioni e pertanto, esenti da IVA. Lo stesso vale per l’applicazione delle accise.

I soggetti passivi residenti nel Regno Unito che desiderano beneficiare del meccanismo “MOSS” (mini one stop shop – dove l’IVA viene applicata nel paese del consumatore), applicabile ai fornitori di servizi elettronici ai consumatori nell’Unione Europea, sono tenuti ad effettuare la registrazione in uno stato membro dell’Unione Europea. In aggiunta, a un soggetto passivo inglese che porta avanti transazioni tassabili nell’Unione europea, gli potrebbe essere richiesto di registrarsi per l’IVA in uno stato membro dell’Unione Europea o di nominare un rappresentante fiscale responsabile per il pagamento dell’IVA.

Infine, l’IVA a carico sostenuta nell’Unione Europea da soggetti passivi britannici non sarebbe più recuperabile attraverso la Direttiva 2008/9/CE, ma attraverso la Direttiva 86/560/CEE, la quale prevede un meccanismo di rimborso per i soggetti passivi residenti in paesi non appartenenti all’Unione.

Questo avviso, che segue un documento più recente riguardante l’impatto della Brexit sui beni controllati, costituisce un invito per la preparazione delle parti europee interessate, includendo soggetti passivi residenti nel Regno Unito. Indipendentemente dal futuro delle negoziazioni correnti, i business europei dovranno pianificare in anticipo al fine di mitigare l’impatto della Brexit.

 

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