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La Lettonia diventa il 18° Stato membro ad adottare l’euro

Dopo la mezzanotte di oggi la Lettonia adotta l’euro – nel 15 ° anniversario del lancio dell’euro nel 1999 – 18 Stati membri e 333 milioni di europei condivideranno la stessa moneta. Si tratta di un risultato importante per la Lettonia e per la zona euro nel suo complesso. Domani, i lettoni inizieranno a ritirare del contante e pagare per i loro acquisti in euro. Questo è stato reso possibile grazie alla accurati preparativi in vista della introduzione della moneta unica.

Il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso ha dichiarato: “Sono lieto di dare il benvenuto alla Lettonia come XVIII° membro della zona euro. Questo è un evento importante, non solo per la Lettonia, ma per la zona euro stessa, che rimane stabile, attraente e aperta a nuovi membri. Per la Lettonia, è il risultato degli sforzi notevoli e la determinazione incrollabile delle autorità e del popolo lettone. Grazie a questi sforzi, intrapresi a seguito di una profonda crisi economica, la Lettonia entrerà nella zona euro più forte che mai. A nome della Commissione europea porgo le mie più sincere congratulazioni alla Lettonia e auguri per il futuro.”

Olli Rehn, vicepresidente della Commissione europea responsabile per gli affari economici e monetari e l’euro, ha detto: “Voglio dare il benvenuto molto caloroso alla Lettonia nella zona euro. I vostri sforzi hanno avuto successo e la forte ripresa economica del paese offre un chiaro messaggio di incoraggiamento ad altri paesi europei che subiscono un periodo economico difficile. Raggiungere la zona euro segna il completamento del viaggio di Lettonia che torna nel cuore politico ed economico del nostro continente, e questo è qualcosa che tutti dobbamo festeggiare”.

Da domani, l’euro sostituirà gradualmente il lat come moneta della Lettonia. Ci sarà un periodo di doppia circolazione di due settimane, durante il quale le due monete circoleranno una accanto all’altra in modo da consentire un progressivo ritiro dei lats lettoni. Quando si riceve un pagamento in lats, il resto verrà dato in euro.

1) L’introduzione del contante in euro nell’economia lettone

Le banche commerciali hanno ricevuto banconote e monete in euro in anticipo dalla Banca centrale lettone, la Banca di Lettonia, ed hanno a loro volta fornito contante in euro a negozi e altre attività.

Un totale di 800.000 starter kit con monete in euro recanti le facce nazionali lettoni sono stati a disposizione del pubblico dal 10 dicembre. Inoltre, 70.000 starter kit sono stati offerti ai dettaglianti.

Dal 1 ° gennaio, la Banca di Lettonia cambierà quantità illimitate di lats in euro al tasso di conversione ufficiale (1 EUR = 0,702804 LVL) per un periodo illimitato di tempo e gratuitamente. Le banche commerciali forniranno servizi di cambio in contanti illimitato gratuito fino al 30 giugno 2014 e gli uffici postali fino al 31 marzo 2014.

Quasi tutti i bancomat in Lettonia distribuiranno banconote in euro entro i primi 30 minuti del 1 ° gennaio 2014. Per facilitare il processo, alcune banche hanno esteso l’orario di lavoro. Il 1 ° gennaio, 22 filiali delle tre maggiori banche saranno aperte durante il pomeriggio. Diverse banche potranno schierare personale supplementare per le operazioni di cassa presso le filiali durante il periodo di doppia circolazione. Gli uffici postali non si apriranno il 1 ° gennaio, ma per contro lo faranno il Sabato successivo (4 gennaio 2014).

2) La conversione dei prezzi

I prezzi hanno dovuto essere visualizzati sia in lats ed euro dal 1 ° ottobre 2013 e questa regola si applica fino al 30 giugno 2014. Al fine di rispondere alle preoccupazioni dei consumatori sugli aumenti dei prezzi e le pratiche abusive nel periodo transitorio, una campagna “Fair Euro Introducer” è stata lanciata nel luglio 2013. Essa invita le imprese (ad esempio, commercianti, istituzioni finanziarie, negozi internet) ad impegnarsi a non usare il passaggio per il proprio profitto, a rispettare le regole di commutazione e di fornire la necessaria assistenza ai propri clienti.

La conformità ai requisiti per la visualizzazione dei prezzi di conversione durante il periodo di doppia visualizzazione e la realizzazione della campagna “Fair Euro introduttore” è monitorata in particolare dal Centro per la protezione dei diritti dei consumatori. Essa può infliggere ammende e mettere i nomi delle imprese che non osservano il Memorandum “Fair Euro introduttore ” in una “lista nera” a disposizione del pubblico.

Il 5 marzo di quest’anno, la Lettonia ha formalmente chiesto alla Commissione di presentare una relazione di convergenza straordinaria, con l’obiettivo di utilizzare l’euro dal 1° gennaio 2014. Il 5 giugno, la Commissione ha concluso che la Lettonia soddisfa i criteri per l’adozione dell’euro. Il 9 luglio, i ministri delle finanze dell’UE hanno preso la decisione formale di aprire la strada per l’adozione dell’euro da parte della Lettonia.

Successivamente, la Lettonia iniziato a preparare il passaggio all’euro per attuare il suo piano nazionale, fornendo tutti i dettagli per l’organizzazione della introduzione dell’euro e il ritiro dei lats. Questo comprende, per esempio, il calendario per le forniture di contante in euro alle banche commerciali e ai rivenditori, le regole per gli scambi in denaro per i cittadini da applicare prima e dopo il suo ” primo giorno ” della moneta unica, la strategia per adeguare i conti bancari, sistemi di pagamento elettronici e bancomat all’euro, ecc.

 I preparativi per la sostituzione sono stati integrati da una campagna di comunicazione completa delle autorità lettoni. La Commissione europea e la Banca centrale europea hanno contribuito a questi sforzi.

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Kazakistan: firmata la convenzione fiscale multilaterale OCSE

untitledIl Kazakistan è diventato il 64° firmatario della convenzione multilaterale sulla reciproca assistenza amministrativa in materia fiscale.

La convenzione è stata firmata per sostenere gli sforzi per combattere l’evasione e le frodi fiscali internazionali.

L’accordo prevede sia lo scambio automatico di informazioni e di informazioni su richiesta per facilitare le indagini in materia di criminalità fiscale. Per entrare in vigore nel Kazakhstan, il paese deve prima concludere le procedure di ratifica nazionali.

 I 64 firmatari della Convenzione sono: Albania, Andorra, Argentina, Australia, Austria, Azerbaijan, Belgio, Belize, Brasile, Canada, Cile, Cin , Colombia, Costa Rica, Croazia, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Georgia, Germania, Ghana, Grecia, Guatemala, Ungheria, Islanda, India, Indonesia, Irlanda, Italia, Giappone, Kazakistan , Corea del Sud , Lettonia , Liechtenstein , Lituania, Lussemburgo, Malta, Messico, Moldavia, Marocco, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Nigeria, Norvegia, Polonia, Portogallo, Romania, Russia, San Marino, Arabia Saudita, Singapore, Repubblica Slovacca, Slovenia, Sud Africa, Spagna, Svezia, Svizzera, Tunisia, Turchia, Ucraina, Regno Unito, e Stati Uniti.

Tredici giurisdizioni sono soggette alla Convenzione mediante estensione territoriale – dalla Danimarca: le Isole Faroe e la Groenlandia; dai Paesi Bassi: Aruba, Curaçao e Saint Maarten, e dal Regno Unito: l’Isola di Man, Anguilla, Bermuda, le Vergini Britanniche Islands, le isole Cayman, Gibilterra, Montserrat e le isole Turks e Caicos.

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Non categorizzato

Entro il 2030 l’economia del Regno Unito sorpasserà la Germania

imagesCAK2CFZC Il Regno unito sorpasserà Francia e Germania e diventerà la prima potenza economica dell’Europa entro il 2030. Lo prevede uno studio del Centro per la ricerca economica e commerciale pubblicato dal Daily Telegraph.

Secondo questo Think Tank, il Regno Unito scavalcherà la Francia nel 2018, per poi fare altrettanto con la Germania nel 2030. Ma, a livello mondiale, sarà lui stesso superato da India e Brasile.

“Si prevede che la Germania perda la prima posizione nell’economia dell’Europa occidentale a vantaggio del Regno Uniti attorno al 2030, a causa della maggiore crescita della popolazione britannica e della sua minore dipendenza nei confronti della altre economie europee”, indica lo studio.

(fonte afp)

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Costa Rica approva lo scambio di informazioni fiscali con 7 Paesi del Nord Europa

Il Ministero delle Finanze del Costa Rica ha riferito che l’Assemblea legislativa ha approvato i nuovi accordi in materia di scambio di informazioni fiscali con i sette paesi del Nord Europa: Svezia, Norvegia, Danimarca, Finlandia, Groenlandia, Islanda e Isole Faroe.

L’approvazione legislativa di questi sette accordi di scambio di informazioni rappresenta un grande progresso nella responsabilità internazionale e un impegno importante da parte del paese in termini di trasparenza fiscale e di scambio automatico di informazioni rilevanti ai fini fiscali “, ha detto il ministro delle Finanze del Costa Rica.

Quest’anno, Costa Rica ha inoltre firmato un Account Tax Compliance Act Foreign (FATCA) con gli Stati Uniti, accettando di condividere le informazioni riguardanti le partecipazioni finanziarie di cittadini statunitensi che vivono in Costa Rica.

Queste azioni vengono a supportare l’amministrazione che lavora per preparare l’adesione del Costa Rica all’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico.

Per il Costa Rica questi accordi rappresentano un ulteriore ed importante passo verso la trasparenza fiscale.

Dal 2009, il Costa Rica ha firmato accordi analoghi con Argentina, Australia, Canada, Francia, Messico e Paesi Bassi.

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Olanda : firmato l’accordo Fatca

Il Segretario di Stato delle Finanze olandese ha concluso e firmato un accordo intergovernativo (IGA) per l’attuazione del Foreign Account Tax Compliance Act (FATCA).

L’accordo, che rende possibile uno scambio automatico di dati tra le autorità fiscali dei due paesi, è stato progettato per affrontare l’evasione fiscale ed i depositi di risparmio non dichiarati. Inoltre, il trattato diminuisce, ad esempio, l’onere amministrativo per le istituzioni finanziarie olandesi, e garantisce una protezione giuridica per i loro clienti.

Un importante vantaggio di IGA, è che le istituzioni finanziarie olandesi non hanno più bisogno di concludere accordi con le autorità fiscali statunitensi separatamente. Contrariamente alle autorità fiscali di ogni nazione che scambierà i dati. La legislazione olandese sarà modificata a tal fine.

Dal settembre 2015 l’Amministrazione fiscale e doganale scambierà automaticamente i dati con l’Internal Revenue Service. L’ Amministrazione fiscale e doganale riceverà dagli Stati Uniti i dati relativi a contribuenti olandesi.

Il Segretario di Stato delle Finanze olandese ha detto che: “Questo accordo sottolinea la risolutezza dei Paesi Bassi e degli Stati Uniti per combattere l’evasione fiscale internazionale”.

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La “collaborazione volontaria”:luci ed ombre di un’opportunità per il contribuente con capitali detenuti all’estero

segreto%20bancarioA causa del mancato accordo tra UE e gli altri Paesi UE considerati “quasi” Black List (Svizzera, San Marino, Liechtenstein, Andorra, Montecarlo), Austria e Lussemburgo hanno di fatto bloccato il processo per la firma dell’accordo per la rimozione del segreto bancario, inizialmente prevista entro la fine del 2013, con la conseguenza che tale termine slitterà ancora. Ciononostante, nella lotta contro il riciclaggio, sembra raggiunto ormai un punto di non ritorno.

In Svizzera, ad esempio, paese storicamente privilegiato dai cittadini italiani per le operazioni di trasferimento di capitali all’estero, ci si sta avvicinando a passo svelto (quanto meno, mai sperimentato prima) all’allineamento alle raccomandazioni antiriciclaggio dell’OCSE e del GAFI (il suo braccio operativo), cui aderire per non rientrare nella lista dei paesi Black List. Anche altri paesi (e non solo europei, ad esempio Singapore) stanno prendendo provvedimenti nella stessa direzione per cercare di non essere iscritti nella famigerata Black List.

La proposta di revisione delle norme che regolano la lotta al riciclaggio, sottoposta dal governo di Berna alle Camere Federali, amplierebbe la platea dei soggetti punibili, coinvolgendo non più solo gli autori del reato ma anche i professionisti che concorrono a vario titolo al reato. Tra questi: i funzionari di banca, i fiduciari, i gestori patrimoniali, i commercialisti e gli avvocati che dovessero trattare patrimoni di origine “incerta”. Se tale riforma del codice penale svizzero dovesse passare, sarà consentita la confisca dei capitali del reo in misura equivalente a quanto sottratto al fisco con l’operazione illecita. Inoltre le procure straniere potranno ottenere il sequestro dei proventi di frode depositati presso le banche elvetiche e, pare, non solo per i capitali detenuti direttamente, ma anche per quelli detenuti attraverso enti interposti.

E’ anche questo il motivo per cui, negli ultimi mesi, le banche svizzere stanno inviando ai loro clienti lettere dai toni ultimativi con cui si invita a scegliere tra la chiusura del conto o l’uscita dall’anonimato, generando il panico tra i clienti. In realtà i tempi di attuazione di queste rivoluzionarie riforme non saranno certo brevissimi. La convenzione internazionale per lo scambio di informazioni tra autorità fiscali, firmata ad ottobre del Governo elvetico, ancora dovrà passare il vaglio del voto in parlamento, probabilmente l’anno prossimo, e sarà soggetta a referendum popolare. La Svizzera avrà tempo fino a tutto il 2015 per adeguarsi, e ci vorranno ancora 2 anni prima che possa entrare in vigore. In caso di mancata ratifica, la Svizzera verrebbe inserite nella Black List a partire dal 2016. Quindi i veri effetti di questa “rivoluzione” elvetica si vedranno nell’arco di un decennio.

E in Italia? Nel Belpaese è ancora oggetto di studio e dibattito lo strumento legislativo con cui attivare la strada dell’auto-denuncia, oscillando tra chi giudichi non corretto tendere una mano a chi ha frodato il fisco e chi, più pragmaticamente, punterebbe a massimizzare il flusso di incassi previsto per l’erario, attraverso abbattimento delle sanzioni e la depenalizzazione dei reati connessi.

Nei giorni scorsi il Sole 24 Ore ha pubblicato quella che dovrebbe essere la soluzione messa in campo dal governo Letta per attirare i capitali detenuti all’estero dai nostri contribuenti più retrivi e che il governo vorrebbe inserire già nella legge di stabilità in discussione alla Camera.

Da quanto si ricava da questa bozze, e come già era trapelato, non si tratterà di un condono, perché le imposte evase saranno esatte per intero, né si tratterà di uno scudo fiscale, perché i titolari dei capitali, a differenza di quanto finora invece vaticinato (lo schema di autodenuncia con l’interposizione di un professionista “intermediario”), non rimarranno anonimi. Questo fatto avrebbe importanti ripercussioni sul professionista coinvolto nella procedura perché questi potrà richiedere solo informazioni generali senza svelare il nome del contribuente e i dettagli della sua specifica situazione, mentre, se nell’interesse del proprio cliente, dovrà rendersi necessario porre domande più dettagliate, sarebbe obbligato ad adempiere a tutte le verifiche e agli obblighi cui è tenuto dalla normativa anti-riciclaggio.

A questo proposito, il Governo dovrà anche decidere se fare propria una nuova figura di reato, “l’autoriciclaggio”: il contribuente che avrà esportato capitali sarà responsabile del reato di riciclaggio. Questo, nelle intenzioni del procuratore aggiunto del Tribunale di Milano Francesco Greco, responsabile del gruppo di lavoro che ha elaborato la bozza sulla voluntary disclosure italiana, dovrebbe spingere chi detiene capitali all’estero a cogliere l’opportunità dell’autodenuncia per non incorrere in reati penali davvero molto più gravi. Verrebbe estesa la punibilità anche all’autore del reato da cui proviene il denaro, mentre “attualmente è punito a titolo di riciclaggio soltanto chi non abbia commesso, o non abbia concorso a commettere, anche il reato presupposto”, come può leggersi nella relazione illustrativa.

Lo scenario temporale della “voluntary disclosure” in salsa tricolore punta ad un copioso rientro dei capitali entro il 30 settembre 2016 e le risorse che si spera di ritrarne finanzieranno già a partire dal 2014 e per tutto il triennio 2014-2016 il fondo automatico per tagliare il cuneo fiscale. Si è, al momento, in attesa di un provvedimento legislativo che recepisca queste indicazioni e di una successiva circolare operativa, con cui il contribuente potrà valutare la convenienza o meno, caso per caso, dell’accesso allo strumento.

Un elemento importante della “collaborazione volontaria” sarà la piena esimente della punibilità da 1 a 3 anni per i reati di infedele ed omessa dichiarazione e la riduzione della metà delle sanzioni previste per i reati più gravi di dichiarazione fraudolenta con false fatturazioni o artifici contabili, passando da un minimo 18 mesi a 9 mesi e da un massimo di 6 anni 3 anni di reclusione. Verrebbe anche prevista una ulteriore riduzione delle sanzioni della metà se le attività saranno detenute in paesi White List (quindi l’1,5% dell’importo non dichiarato) e una riduzione di un quarto nel caso resteranno in paesi Black List (quindi il 4,5% dell’importo non dichiarato).

Sono filtrate anche notizie sulle nuove linee guida dell’Agenzia delle Entrate riguardo il monitoraggio fiscale. Verrebbe definitivamente chiarito il nuovo quadro sanzionatorio previsto che già la Legge Europea dell’agosto del 2013 aveva profondamente rivisto al ribasso a partire dal 4 settembre 2013. In sostanza, viene confermato che, in osservanza del principio del favor rei, al contribuente andranno applicate le sanzioni previste a lui più favorevoli, indipendentemente da quando sia stata commessa la violazione: per le violazioni già commesse si applicheranno le nuove sanzioni ridotte. Gli uffici, una volta ricalcolate le sanzioni, dovranno annullare l’atto originario con un provvedimento in autotutela parziale. Successivamente, se il contribuente provvederà al pagamento di quanto rimasto pendente, l’ufficio chiederà l’estinzione del giudizio per cessata materia del contendere. Qualora, invece, il contribuente non intendesse definire il nuovo importo, il giudizio proseguirà sino alla decisione del giudice. L’annullamento parziale dovrà essere emesso anche in sede di mediazione per le cause soggette a tale obbligo. L’Agenzia, avendo preso atto che alcuni adempimenti sono stati eliminati (omessa o incompleta compilazione delle Sez. I e III del Quadro RW di Unico) dispone anche di abbandonare il contenzioso pendente, sempre qualora il contribuente ritenga opportuno farne richiesta in vista dell’estinzione della controversia pendente. Nei casi in cui sia prevista un minimo ed un massimo di pena, la rideterminazione dovrà tener conto anche della gravità della violazione e della condotta del contribuente, valutata dall’ufficio legale e dall’ufficio accertamento.

Come si diceva, la procedura di “collaborazione volontaria” non consentirà il mantenimento dell’anonimato perché verrà attivato direttamente dal contribuente stesso che invierà all’Agenzia delle Entrate una richiesta in cui dovrà indicare distintamente tutti gli investimenti e le attività finanziarie detenute all’estero, direttamente o indirettamente, per tutti i periodi su cui il fisco può ancora procedere ad accertamento. Andranno indicate tutte le informazioni e allegati tutti i documenti necessari alla complicatissima ricostruzione dei singoli redditi (dividendi, redditi da immobili, redditi finanziari, ecc.) con cui tali patrimoni furono costituiti, acquistati o che oggi derivano dalla loro dismissione. Questo perché l’emersione volontaria darà luogo ad un vero e proprio accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate che dovrà ricostruire le aliquote da applicare distintamente. I casi di determinazione forfetaria potranno applicarsi solo a quelle situazioni che, anche per l’anzianità della loro formazione, non potranno essere ricostruite analiticamente.

L’amministrazione finanziaria potrà risalire temporalmente fino a quanto consentito dai normali parametri degli accertamenti. Quindi, ipotizzando l’entrata in vigore il 1° gennaio 2014, non si potrà risalire oltre il 2004 per l’omessa dichiarazione e il 2006 per l’infedele dichiarazione. Se un contribuente non avesse dichiarato le attività estere nel quadro RW, il termine previsto per i periodi d’imposta accertabili è di 5 anni, raddoppiabili per i paesi Black List, e decorrono dall’anno di mancata compilazione (es.: quadro relativo al 2008, si contano 5 o 10 anni a partire dal 2009).

Perché la dichiarazione di “collaborazione volontaria” esplichi i suoi effetti il contribuente dovrà versare in un’unica soluzione le somme dovute in base all’accertamento e le relative sanzioni entro i termini dell’accertamento stesso (60 giorni) o entro 20 giorni dalla presentazione dell’atto di accertamento con adesione. Il che fa dedurre che vi sarà comunque un accertamento che dovrà venir emesso, e che sarà preceduto da un contraddittorio durante il quale potrà definirsi il dovuto. Bisognerà qui porre molta attenzione perché, in caso di false attestazioni, si rischiano da 6 mesi ad 1 anno di carcere. L’intera procedura potrà essere attivata fino al 30 settembre 2016.

Entro 30 giorni dall’effettuazione dei versamenti dovuti, l’Agenzia delle Entrate comunicherà all’autorità giudiziaria competente la conclusione della procedura di “collaborazione volontaria”.

Non si potrà ricorrere allo strumento di voluntary disclosure se il contribuente avrà avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali per violazioni di norme tributarie relativi alle attività oggetto della “collaborazione volontaria”.

A questo punto, fermo restando che quando sarà chiaro e definito il quadro legislativo sarà opportuno fare una verifica caso per caso viene da chiedersi: “Ma converrà aderire alla proposta di “collaborazione volontaria”?”

In effetti, lo sconto sulle sanzioni sarà molto forte e i reati penali connessi all’omessa o infedele dichiarazione saranno azzerati. Però sarà un’operazione da affrontare con prudenza. L’autodenuncia, ad esempio, una volta presentata l’istanza, andrà portata a termine perché non sarà coperta da anonimato. In caso di mancato versamento delle somme dovute l’Agenzia avrà a disposizione 1 anno di tempo per notificare un nuovo atto di contestazione con le sanzioni senza abbattimento. E le imposte dovute a seguito della “collaborazione volontaria” saranno le imposte in misura piena per le annualità ancora accertabili, senza alcun abbattimento o forfetizzazione. Sarà in alcuni casi complicatissimo reperire la documentazione utile alla ricostruzione dei redditi prodotti all’estero, specie se di natura finanziaria. Inoltre, non è ancora chiaro il quadro delle ripercussioni sugli obblighi relativi all’antiriciclaggio, né per consulenti, fiduciarie e intermediari né per quanto scaturirà in base al nuovo reato dell’autoriciclaggio.

La “collaborazione volontaria”, probabilmente, non riuscirà a determinare il rimpatrio della maggior parte dei capitali italiani detenuti all’estero come auspicato, perché, indipendentemente dalla bontà dello strumento legislativo che sarà approvato in via definitiva, la gran parte delle attività e investimenti detenuti all’estero da italiani non sono detenuti direttamente da persone fisiche ma per mezzo di società anonime residenti in un paradiso fiscale. Con le nuove disposizioni che entreranno in vigore negli anni prossimi anche nei paesi “quasi” black list”, a rischio saranno coloro che hanno esportato denaro senza averlo comunicato al fisco e avendo aperto un conto intestato direttamente a proprio nome, confidando sull’anonimato. Agli evasori eticamente meno attrezzati, basterà, nei prossimi mesi, spostare i conti intestati a proprio nome in filiali straniere degli stessi istituti attualmente recentemente irrigiditisi (quali quelli elvetici), per farli rientrare successivamente all’entrata in vigore della legge: la eliminazione del segreto, infatti, sembra che riguarderà solo i conti intestati a cittadini stranieri presso gli istituti nazionali (elvetici, ad esempio), non anche quelli detenuti presso le filiali di questi all’estero. Oppure, se già non lo avessero fatto prima, potranno intestare il conto a un fiduciario con residenza in qualche paradiso fiscale e potranno continuare indisturbati ad evadere.

 

Paolo Battaglia

Dottore Commercialista in Ragusa

 

 

 

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Offshore

La “collaborazione volontaria”: luci ed ombre di un’opportunità per il contribuente con capitali detenuti all’estero

segreto bancarioA causa del mancato accordo tra UE e gli altri Paesi UE considerati “quasi” Black List (Svizzera, San Marino, Liechtenstein, Andorra, Montecarlo), Austria e Lussemburgo hanno di fatto bloccato il processo per la firma dell’accordo per la rimozione del segreto bancario, inizialmente prevista entro la fine del 2013, con la conseguenza che tale termine slitterà ancora. Ciononostante, nella lotta contro il riciclaggio, sembra raggiunto ormai un punto di non ritorno.

In Svizzera, ad esempio, paese storicamente privilegiato dai cittadini italiani per le operazioni di trasferimento di capitali all’estero, ci si sta avvicinando a passo svelto (quanto meno, mai sperimentato prima) all’allineamento alle raccomandazioni antiriciclaggio dell’OCSE e del GAFI (il suo braccio operativo), cui aderire per non rientrare nella lista dei paesi Black List. Anche altri paesi (e non solo europei, ad esempio Singapore) stanno prendendo provvedimenti nella stessa direzione per cercare di non essere iscritti nella famigerata Black List.

La proposta di revisione delle norme che regolano la lotta al riciclaggio, sottoposta dal governo di Berna alle Camere Federali, amplierebbe la platea dei soggetti punibili, coinvolgendo non più solo gli autori del reato ma anche i professionisti che concorrono a vario titolo al reato. Tra questi: i funzionari di banca, i fiduciari, i gestori patrimoniali, i commercialisti e gli avvocati che dovessero trattare patrimoni di origine “incerta”. Se tale riforma del codice penale svizzero dovesse passare, sarà consentita la confisca dei capitali del reo in misura equivalente a quanto sottratto al fisco con l’operazione illecita. Inoltre le procure straniere potranno ottenere il sequestro dei proventi di frode depositati presso le banche elvetiche e, pare, non solo per i capitali detenuti direttamente, ma anche per quelli detenuti attraverso enti interposti.

E’ anche questo il motivo per cui, negli ultimi mesi, le banche svizzere stanno inviando ai loro clienti lettere dai toni ultimativi con cui si invita a scegliere tra la chiusura del conto o l’uscita dall’anonimato, generando il panico tra i clienti. In realtà i tempi di attuazione di queste rivoluzionarie riforme non saranno certo brevissimi. La convenzione internazionale per lo scambio di informazioni tra autorità fiscali, firmata ad ottobre del Governo elvetico, ancora dovrà passare il vaglio del voto in parlamento, probabilmente l’anno prossimo, e sarà soggetta a referendum popolare. La Svizzera avrà tempo fino a tutto il 2015 per adeguarsi, e ci vorranno ancora 2 anni prima che possa entrare in vigore. In caso di mancata ratifica, la Svizzera verrebbe inserite nella Black List a partire dal 2016. Quindi i veri effetti di questa “rivoluzione” elvetica si vedranno nell’arco di un decennio.

E in Italia? Nel Belpaese è ancora oggetto di studio e dibattito lo strumento legislativo con cui attivare la strada dell’auto-denuncia, oscillando tra chi giudichi non corretto tendere una mano a chi ha frodato il fisco e chi, più pragmaticamente, punterebbe a massimizzare il flusso di incassi previsto per l’erario, attraverso abbattimento delle sanzioni e la depenalizzazione dei reati connessi.

Nei giorni scorsi il Sole 24 Ore ha pubblicato quella che dovrebbe essere la soluzione messa in campo dal governo Letta per attirare i capitali detenuti all’estero dai nostri contribuenti più retrivi e che il governo vorrebbe inserire già nella legge di stabilità in discussione alla Camera.

Da quanto si ricava da questa bozze, e come già era trapelato, non si tratterà di un condono, perché le imposte evase saranno esatte per intero, né si tratterà di uno scudo fiscale, perché i titolari dei capitali, a differenza di quanto finora invece vaticinato (lo schema di autodenuncia con l’interposizione di un professionista “intermediario”), non rimarranno anonimi. Questo fatto avrebbe importanti ripercussioni sul professionista coinvolto nella procedura perché questi potrà richiedere solo informazioni generali senza svelare il nome del contribuente e i dettagli della sua specifica situazione, mentre, se nell’interesse del proprio cliente, dovrà rendersi necessario porre domande più dettagliate, sarebbe obbligato ad adempiere a tutte le verifiche e agli obblighi cui è tenuto dalla normativa anti-riciclaggio.

A questo proposito, il Governo dovrà anche decidere se fare propria una nuova figura di reato, “l’autoriciclaggio”: il contribuente che avrà esportato capitali sarà responsabile del reato di riciclaggio. Questo, nelle intenzioni del procuratore aggiunto del Tribunale di Milano Francesco Greco, responsabile del gruppo di lavoro che ha elaborato la bozza sulla voluntary disclosure italiana, dovrebbe spingere chi detiene capitali all’estero a cogliere l’opportunità dell’autodenuncia per non incorrere in reati penali davvero molto più gravi. Verrebbe estesa la punibilità anche all’autore del reato da cui proviene il denaro, mentre “attualmente è punito a titolo di riciclaggio soltanto chi non abbia commesso, o non abbia concorso a commettere, anche il reato presupposto”, come può leggersi nella relazione illustrativa.

Lo scenario temporale della “voluntary disclosure” in salsa tricolore punta ad un copioso rientro dei capitali entro il 30 settembre 2016 e le risorse che si spera di ritrarne finanzieranno già a partire dal 2014 e per tutto il triennio 2014-2016 il fondo automatico per tagliare il cuneo fiscale. Si è, al momento, in attesa di un provvedimento legislativo che recepisca queste indicazioni e di una successiva circolare operativa, con cui il contribuente potrà valutare la convenienza o meno, caso per caso, dell’accesso allo strumento.

Un elemento importante della “collaborazione volontaria” sarà la piena esimente della punibilità da 1 a 3 anni per i reati di infedele ed omessa dichiarazione e la riduzione della metà delle sanzioni previste per i reati più gravi di dichiarazione fraudolenta con false fatturazioni o artifici contabili, passando da un minimo 18 mesi a 9 mesi e da un massimo di 6 anni 3 anni di reclusione. Verrebbe anche prevista una ulteriore riduzione delle sanzioni della metà se le attività saranno detenute in paesi White List (quindi l’1,5% dell’importo non dichiarato) e una riduzione di un quarto nel caso resteranno in paesi Black List (quindi il 4,5% dell’importo non dichiarato).

Sono filtrate anche notizie sulle nuove linee guida dell’Agenzia delle Entrate riguardo il monitoraggio fiscale. Verrebbe definitivamente chiarito il nuovo quadro sanzionatorio previsto che già la Legge Europea dell’agosto del 2013 aveva profondamente rivisto al ribasso a partire dal 4 settembre 2013. In sostanza, viene confermato che, in osservanza del principio del favor rei, al contribuente andranno applicate le sanzioni previste a lui più favorevoli, indipendentemente da quando sia stata commessa la violazione: per le violazioni già commesse si applicheranno le nuove sanzioni ridotte. Gli uffici, una volta ricalcolate le sanzioni, dovranno annullare l’atto originario con un provvedimento in autotutela parziale. Successivamente, se il contribuente provvederà al pagamento di quanto rimasto pendente, l’ufficio chiederà l’estinzione del giudizio per cessata materia del contendere. Qualora, invece, il contribuente non intendesse definire il nuovo importo, il giudizio proseguirà sino alla decisione del giudice. L’annullamento parziale dovrà essere emesso anche in sede di mediazione per le cause soggette a tale obbligo. L’Agenzia, avendo preso atto che alcuni adempimenti sono stati eliminati (omessa o incompleta compilazione delle Sez. I e III del Quadro RW di Unico) dispone anche di abbandonare il contenzioso pendente, sempre qualora il contribuente ritenga opportuno farne richiesta in vista dell’estinzione della controversia pendente. Nei casi in cui sia prevista un minimo ed un massimo di pena, la rideterminazione dovrà tener conto anche della gravità della violazione e della condotta del contribuente, valutata dall’ufficio legale e dall’ufficio accertamento.

Come si diceva, la procedura di “collaborazione volontaria” non consentirà il mantenimento dell’anonimato perché verrà attivato direttamente dal contribuente stesso che invierà all’Agenzia delle Entrate una richiesta in cui dovrà indicare distintamente tutti gli investimenti e le attività finanziarie detenute all’estero, direttamente o indirettamente, per tutti i periodi su cui il fisco può ancora procedere ad accertamento. Andranno indicate tutte le informazioni e allegati tutti i documenti necessari alla complicatissima ricostruzione dei singoli redditi (dividendi, redditi da immobili, redditi finanziari, ecc.) con cui tali patrimoni furono costituiti, acquistati o che oggi derivano dalla loro dismissione. Questo perché l’emersione volontaria darà luogo ad un vero e proprio accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate che dovrà ricostruire le aliquote da applicare distintamente. I casi di determinazione forfetaria potranno applicarsi solo a quelle situazioni che, anche per l’anzianità della loro formazione, non potranno essere ricostruite analiticamente.

L’amministrazione finanziaria potrà risalire temporalmente fino a quanto consentito dai normali parametri degli accertamenti. Quindi, ipotizzando l’entrata in vigore il 1° gennaio 2014, non si potrà risalire oltre il 2004 per l’omessa dichiarazione e il 2006 per l’infedele dichiarazione. Se un contribuente non avesse dichiarato le attività estere nel quadro RW, il termine previsto per i periodi d’imposta accertabili è di 5 anni, raddoppiabili per i paesi Black List, e decorrono dall’anno di mancata compilazione (es.: quadro relativo al 2008, si contano 5 o 10 anni a partire dal 2009).

Perché la dichiarazione di “collaborazione volontaria” esplichi i suoi effetti il contribuente dovrà versare in un’unica soluzione le somme dovute in base all’accertamento e le relative sanzioni entro i termini dell’accertamento stesso (60 giorni) o entro 20 giorni dalla presentazione dell’atto di accertamento con adesione. Il che fa dedurre che vi sarà comunque un accertamento che dovrà venir emesso, e che sarà preceduto da un contraddittorio durante il quale potrà definirsi il dovuto. Bisognerà qui porre molta attenzione perché, in caso di false attestazioni, si rischiano da 6 mesi ad 1 anno di carcere. L’intera procedura potrà essere attivata fino al 30 settembre 2016.

Entro 30 giorni dall’effettuazione dei versamenti dovuti, l’Agenzia delle Entrate comunicherà all’autorità giudiziaria competente la conclusione della procedura di “collaborazione volontaria”.

Non si potrà ricorrere allo strumento di voluntary disclosure se il contribuente avrà avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali per violazioni di norme tributarie relativi alle attività oggetto della “collaborazione volontaria”.

A questo punto, fermo restando che quando sarà chiaro e definito il quadro legislativo sarà opportuno fare una verifica caso per caso viene da chiedersi:
“Ma converrà aderire alla proposta di “collaborazione volontaria”?”

In effetti, lo sconto sulle sanzioni sarà molto forte e i reati penali connessi all’omessa o infedele dichiarazione saranno azzerati. Però sarà un’operazione da affrontare con prudenza. L’autodenuncia, ad esempio, una volta presentata l’istanza, andrà portata a termine perché non sarà coperta da anonimato. In caso di mancato versamento delle somme dovute l’Agenzia avrà a disposizione 1 anno di tempo per notificare un nuovo atto di contestazione con le sanzioni senza abbattimento. E le imposte dovute a seguito della “collaborazione volontaria” saranno le imposte in misura piena per le annualità ancora accertabili, senza alcun abbattimento o forfetizzazione. Sarà in alcuni casi complicatissimo reperire la documentazione utile alla ricostruzione dei redditi prodotti all’estero, specie se di natura finanziaria. Inoltre, non è ancora chiaro il quadro delle ripercussioni sugli obblighi relativi all’antiriciclaggio, né per consulenti, fiduciarie e intermediari né per quanto scaturirà in base al nuovo reato dell’autoriciclaggio.

La “collaborazione volontaria”, probabilmente, non riuscirà a determinare il rimpatrio della maggior parte dei capitali italiani detenuti all’estero come auspicato, perché, indipendentemente dalla bontà dello strumento legislativo che sarà approvato in via definitiva, la gran parte delle attività e investimenti detenuti all’estero da italiani non sono detenuti direttamente da persone fisiche ma per mezzo di società anonime residenti in un paradiso fiscale. Con le nuove disposizioni che entreranno in vigore negli anni prossimi anche nei paesi “quasi” black list”, a rischio saranno coloro che hanno esportato denaro senza averlo comunicato al fisco e avendo aperto un conto intestato direttamente a proprio nome, confidando sull’anonimato. Agli evasori eticamente meno attrezzati, basterà, nei prossimi mesi, spostare i conti intestati a proprio nome in filiali straniere degli stessi istituti attualmente recentemente irrigiditisi (quali quelli elvetici), per farli rientrare successivamente all’entrata in vigore della legge: la eliminazione del segreto, infatti, sembra che riguarderà solo i conti intestati a cittadini stranieri presso gli istituti nazionali (elvetici, ad esempio), non anche quelli detenuti presso le filiali di questi all’estero. Oppure, se già non lo avessero fatto prima, potranno intestare il conto a un fiduciario con residenza in qualche paradiso fiscale e potranno continuare indisturbati ad evadere. […]

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Il Consiglio nazionale svizzero blocca l’accordo per l’imposta di successione francese

Come previsto, il Consiglio nazionale svizzero ha respinto l’accordo franco-svizzero, volta ad evitare la doppia imposizione in materia di imposte di successione. L’ipotesi è quella della sostituzione dell’attuale accordo bilaterale esistente tra i due paesi risalgono dal 1953; il testo del nuovo progetto è stato bloccato in modo schiacciante con 122 voti favorevoli, 53 contrari e 11 astensioni.

Veementemente criticato dalla destra, gli oppositori del secondo accordo denunciano le disposizioni che consentono alla Francia di esercitare il suo potere di tassazione. I legislatori svizzeri segnalano una forma di “imperialismo francese “, che non trova spazio in un paese vicino e amico.

In contrasto con il precedente accordo, che prevedeva che l’imposta di successione è dovuta nel luogo di residenza del defunto, il nuovo accordo consente al governo francese di tassare eredi e beneficiari di cittadini svizzeri, residenti in Francia. Questo dopo la detrazione delle imposte di successione dovuta in Svizzera, però, a condizione che gli eredi e beneficiari abbiano risieduto in Francia per almeno otto su dieci anni precedenti il periodo di apertura della successione.

Anche se i cambiamenti possono sembrare solo di natura tecnica, a prima vista, le conseguenze finanziarie delle nuove disposizioni sono enormi, e di grande preoccupazione per la comunità svizzera che attualmente vive in Francia.

Per eredità dirette, gli eredi sono soggetti ad una limitata tassa di successione o addirittura sono esenti da imposizione fiscale in Svizzera. In Francia, le successioni tra discendenti diretti sono tassati ad aliquote variabili tra il 5 e il 45 per cento, a seconda del valore dei beni ereditati.

Pur prendendo atto “con rammarico” della decisione del Consiglio nazionale di bloccare l’accordo franco-svizzero, che è stato firmato a Parigi il 11 luglio 2013, il ministro delle Finanze francese Pierre Moscovici, tuttavia, ha sottolineato che questa non è la fine del processo di ratifica svizzero. Moscovici ha sottolineato che il testo ora passa al Consiglio svizzero degli Stati per la sua valutazione, marzo 2014.

Ringraziando il ministro delle finanze svizzero Eveline Widmer -Schlumpf per il suo impegno e il suo coinvolgimento, il ministro delle Finanze Moscovici ha sottolineato la sua fiducia che l’eccellente dialogo ormai in atto tra la Francia e la Svizzera continuerà e servirà a migliorare la cooperazione fiscale tra i due stati.

Concludendo, il ministro delle Finanze francese Moscovici ha sottolineato i meriti del nuovo testo, che, ha insistito, soddisfa pienamente l’obiettivo generale di accordi fiscali bilaterali, vale a dire quello di eliminare la doppia imposizione, per evitare casi di doppia non imposizione, e per combattere la frode fiscale e evasione fiscale.

Il Consiglio svizzero degli Stati membri secondo attendibili previsione respingerà l’accordo.

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Lussemburgo e Austria bloccano l’ accordo sulla tassazione dei redditi da risparmio

 

Anche se non del tutto inaspettatamente, l’Austria e il Lussemburgo hanno ancora una volta bloccato i piani per un completo scambio automatico di informazioni fiscali all’interno dell’Unione europea.

Durante l’ultima riunione Ecofin a Bruxelles , Austria e Lussemburgo hanno rifiutato di fornire il loro sostegno ai piani per rivedere ed estendere la direttiva sulla tassazione del risparmio dell’UE , al fine di garantire che le informazioni sono scambiate automaticamente per tutti i tipi di reddito in futuro .

Chiaramente preferendo una soluzione a livello dell’OCSE , Austria e Lussemburgo hanno sottolineato che saranno accettate  disposizioni più severe , una volta che negoziati sulle misure equivalenti siano stati conclusi tra l’UE ei paesi terzi, in particolare Svizzera , Liechtenstein , Andorra , Monaco e San Marino .

Mentre molti ministri delle finanze dell’UE hanno ventilato la loro disapprovazione della posizione comune , la loro ira sembra un po’ una messa in scena.

Per contrastare le critiche, e per difendere la propria posizione ,il nuovo governo lussemburghese ha emesso un comunicato in cui si evidenzia senza ombra di dubbio l’impegno del Granducato a progredire verso uno scambio automatico di informazioni .

In primo luogo , il governo ha sottolineato che per l’anno fiscale 2015, il Lussemburgo potrà applicare lo scambio automatico di informazioni sui pagamenti di interessi all’interno dell’UE . Inoltre, si allude al fatto che il 3 dicembre 2013, il Lussemburgo ha firmato l’iniziativa recentemente lanciata dai paesi del G5 a supporto dello sviluppo in seno all’OCSE dello scambio automatico di informazioni tra autorità fiscali come un unico standard globale . Infine, il governo ha sottolineato che un progetto di legge , che autorizza la ratifica della Convenzione OCSE sulla reciproca assistenza amministrativa in materia fiscale , deve essere inviato al Parlamento entro la fine dell’anno .

Per quanto riguarda i piani di estendere il campo di applicazione della Direttiva UE sul risparmio , il governo ha deplorato che i negoziati condotti con i paesi terzi in questione non hanno raggiunto risultati che sarebbero sufficienti a soddisfare le condizioni definite dal Consiglio europeo per l’adozione dell’accordo riveduto. “

Concludendo , il governo ha sottolineato l’importanza di andare avanti in questi negoziati , al fine di garantire che la stessa norma viene applicata da tutti i principali centri finanziari al fine di evitare la fuga di capitali al di fuori dell’UE , e , a sua volta proteggere la sua capacità di investire al fine di rafforzare l’economia e la crescita , e garantire un movimento che è in linea con l’OCSE , al fine di garantire la creazione e l’implementazione di uno standard internazionale .

Nonostante queste osservazioni , il commissario europeo Algirdas  Šemeta ha recentemente dichiarato che è ” incomprensibile ” e ” non solo deludente ” che un accordo sulla direttiva risparmio non possa essere raggiunto . Šemeta ha sottolineato che questo è ” fuori sincronia con lo stato d’animo e le risoluzioni a livello comunitario e internazionale”

 

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Irlanda, Francia e Italia: irregolarità nelle esenzioni dalle accise

La Corte di giustizia europea ha stabilito che determinate esenzioni dalle accise concesse da Francia, Irlanda e Italia sono in violazione del le norme Europee sugli aiuti di Stato.

La Commissione europea ha perseguito la questione per otto anni. Nel 2005, ha stabilito per Francia, Irlanda, Italia che le esenzioni dalle accise sugli oli minerali utilizzati come combustibile per la produzione di allumina costituivano aiuti di Stato illegali e in gran parte incompatibili con la normativa europea.

Questa decisione è stata poi impugnata dinanzi al Tribunale dell’Unione europea, che l’aveva annullata. L’annullamento è stato concesso sulla base del fatto che le esenzioni in questione non fossero imputabili agli stati membri, ma all’UE, in quanto derivati da norme stabilite dal Consiglio dei ministri. Per la Corte, dunque, l’esenzione non ha rappresenta un aiuto di Stato ai sensi propri delle direttive dell’UE. Inoltre, la Corte ha sostenuto che l’azione della Commissione ha messo in discussione la validità della capacità del Consiglio di autorizzare talune esenzioni.

La Commissione ha presentato appello, ma il Tribunale ha nuovamente respinto le tesi. Ciò ha indotto la Commissione ad avvertire che la sentenza ha avuto conseguenze per le sue competenze ai sensi delle norme sugli aiuti di Stato, e per la nozione di aiuto di Stato.

La Corte di giustizia ha annullato la sentenza del Tribunale. Accogliendo con favore l’annuncio, la Commissione ha affermato che ciò conferma la competenza esclusiva della Commissione nel controllo degli aiuti di Stato, insieme con l’oggettività della nozione di aiuto di Stato. La Corte di giustizia ha anche statuito che una decisione del Consiglio che autorizza uno Stato membro, in conformità con una direttiva UE sulla tassazione ad introdurre esenzioni di accisa, non poteva impedire alla Commissione di esercitare le funzioni ad essa conferite dai trattati dell’UE.

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