UNICREDIT – BANCO BPM. UNA PARTITA NON SOLO ITALIANA

E’ notizia di ieri, 25 novembre 2024, che Unicredit, la seconda banca italiana dopo Intesa Sanpaolo, ha lanciato un’offerta pubblica di scambio (Ops) del valore di 10,1 miliardi, sul Banco Bpm, la terza banca italiana. Si tratta di un’offerta che, in gergo finanziario, è detta “carta su carta”, perché non prevede alcun esborso di denaro cash, ma lo scambio di azioni. Unicredit ha fatto sapere che si tratterebbe di azioni di nuova emissione, il che comporterebbe necessariamente un amento di capitale. Agli azionisti di Banco Bpm vengono offerte azioni ad un prezzo implicito di 6,657 euro. A fronte di un’azione del Banco Bpm i soci riceveranno 0,175 titoli di Unicredit. Se l’operazione andasse in porto nascerebbe una banca con una capitalizzazione di borsa (ai valori del 25 novembre) di 77,6 miliardi, con quasi 100 mila dipendenti, 5 mila filiali e 19 milioni di clienti.

L’Ops di Unicredit si aggiunge all’offerta pubblica d’acquisto (Opa) lanciata l’11 settembre sulla banca pubblica tedesca Commerzbank, di cui ha già acquistato il 21% e si propone di acquistarne la maggioranza.

L’ops sul Banco Bpm si inquadra su un progetto auspicato da molti, in primis dall’ex Presidente della BCE Mario Draghi nel suo rapporto europeo sulla competitività, di creare banche e imprese europee più grandi che possano essere competitive a livello mondiale.

Sul piano normativo, il Testo Unico della Finanza (T.U.F. – D. L.gvo 58/1998 e successive modificazioni) definisce offerta pubblica di acquisto o di scambio ogni offerta, invito a offrire o messaggio promozionale, in qualsiasi forma effettuati, finalizzati all’acquisto o allo scambio di prodotti finanziari e rivolti a un numero di soggetti e di ammontare complessivo superiori a quelli indicati dalla Consob con proprio regolamento; non costituisce offerta pubblica di acquisto o di scambio quella avente a oggetto titoli emessi dalle banche centrali degli Stati comunitari. Si tratta, a ben vedere, di una sorta di sollecitazione del risparmiatore al disinvestimento, posto che gli viene chiesto di vendere o comunque trasferire strumenti finanziari a favore dell’offerente. La decisione o il sorgere dell’obbligo di promuovere un’offerta pubblica di acquisto o di scambio devono essere subito comunicati alla Consob e contestualmente resi pubblici. La Consob stabilisce con regolamento i contenuti e le modalità di pubblicazione della comunicazione. Non appena l’offerta sia stata resa pubblica, il consiglio di amministrazione o di gestione della società emittente e dell’offerente ne informano i rispettivi rappresentanti dei lavoratori o, in mancanza di rappresentanti, i lavoratori stessi. In pendenza dell’offerta la Consob può sospenderla in via cautelare, in caso di fondato sospetto di violazione delle disposizioni del T.U.F. o delle norme regolamentari; può sospenderla, per un termine non superiore a trenta giorni, nel caso intervengano fatti nuovi o non resi noti in precedenza tali da non consentire ai destinatari di pervenire ad un fondato giudizio sull’offerta; può dichiararla decaduta, in caso di accertata violazione delle disposizioni del T.U.F. o delle norme regolamentari. L’offerta è irrevocabile ed è nulla ogni clausola contraria. E’ però possibile che agli stessi investitori siano presentate nuove offerte concorrenti con la prima. In generale, e salva l’ autorizzazione dell’assemblea ordinaria o di quella straordinaria per le delibere di sua competenza, le società italiane quotate i cui titoli sono oggetto dell’offerta si devono astenere dal compiere atti od operazioni che possono contrastare il conseguimento degli obiettivi dell’offerta (c.d. passivity rule).

Il governo italiano ha fatto sapere di valutare l’esercizio del golden power (in italiano: poteri speciali dello Stato), cioè di quello strumento normativo che permette allo Stato di intervenire in quelle operazioni che coinvolgono imprese ritenute strategiche per l’Italia ed in generale per la stabilità economica; ciò a prescindere dalla nazionalità dell’investitore ed a prescindere dalla titolarità in capo allo Stato di partecipazioni nelle imprese strategiche.

I poteri di intervento esercitabili con il golden power attengono principalmente alla possibilità che il governo si opponga all’acquisto di partecipazioni, ponga il veto all’adozione di delibere societarie e possa imporre specifiche prescrizioni e condizioni. Un potere certamente rilevante ma non tale da fermare l’operazione.

 

Avv. Giorlamo Lazoppina

(info@studiolegalelazoppina.com)

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