Sempre più cittadini UE ed Extra-UE in questi anni hanno scelto il Regno Unito come meta turistica ma anche lavorativa per sfuggire alla crisi.
Torna il timore del governo di Londra di un possibile ‘assalto’ di persone intenzionate a tentare la sorte dal continente e magari ad approfittare dei vantaggi (pur ampiamente ridimensionati dalle politiche di questi anni) del welfare britannico. Per Cameron e il suo team, il picco di 330.000 migranti in più censiti in Gran Bretagna nell’ultimo anno, a dispetto della linea dura promessa dall’esecutivo, è stato in effetti uno smacco.
Il ministro dell’Interno Theresa May definisce quindi l’attuale livello d’immigrazione non sostenibile, in quanto mette troppa pressione sulle infrastrutture, come case e trasporti, e sui servizi pubblici, come scuole e ospedali. Secondo i suoi dati, il flusso dagli altri Paesi comunitari è più che raddoppiato rispetto al 2010 ed è per questo che la volontà del governo di rinegoziare la relazione della Gran Bretagna con l’Ue è così importante.
Il Regno Unito non ha sottoscritto il trattato di Schengen, pertanto è libero di esercitare alle frontiere controlli sulle persone.
Nel Regno Unito il quadro normativo di riferimento in materia d’immigrazione è costituito dal Decreto sull’Immigrazione del 1971 (Immigration Act 1971) e dalle successive modifiche. Vi sono inoltre altre disposizioni che disciplinano il controllo del fenomeno immigratorio, quali norme che estendono o restringono il diritto di residenza a particolari categorie di cittadini o la previsione di sanzioni a carico di chi fa entrare illegalmente stranieri privi dei documenti necessari.
Secondo la Legge vigente, lo straniero non appartenente a uno Stato membro del Commonwealth britannico, con diritto d’ingresso o ad uno Stato UE necessita, per l’ingresso nel territorio del Regno Unito, di uno specifico permesso (Entry Clearance) rilasciato dal dipartimento dell’agenzia preposta per le procedure di controllo dell’immigrazione (Border and Immigration Agency del Home Office). Per ottenere tale permesso, il richiedente deve dimostrare di disporre di mezzi finanziari adeguati al mantenimento e di un alloggio idoneo e deve registrarsi presso gli uffici delle Autorità preposte.
Chiaramente, il Regno Unito è in Europa a tutti gli effetti e non può limitare la libertà di movimento, esistono tuttavia, diversi ‘trucchetti’ potenzialmente in mano a qualsiasi esecutivo nazionale dell’Unione, quello britannico compreso, per rendere la vita più complicata ai cittadini europei e scoraggiarne l’arrivo.
Uno di questi è il Right to Rent, che obbliga i proprietari di casa a verificare lo status di immigrato legale dei loro aspiranti affittuari.
Sul sito del governo è disponibile uno strumento di controllo che i locatori possono utilizzare per effettuare controlli sui loro futuri affittuari e verificare se essi hanno avuto dei precedenti di immigrazione irregolare con l’Home Office.
Tali controlli dovranno essere effettuati su tutti gli inquilini adulti per tutti i nuovi contratti di locazione in Inghilterra a partire dal 1 Febbraio 2016.
Il Right to Rent prevede anche un processo accelerato per lo sfratto degli immigrati irregolari e nuove sanzioni per i proprietari che non rispettano le regole con sanzioni fino a £3.000 per ogni affittuario illegale.
E’ stato, inoltre, introdotto un nuovo reato per i proprietari e agenti immobiliari che ripetutamente ignorano i controlli del Right to Rent oppure non prendono le azioni necessarie per rimuovere gli immigrati illegali dalla loro proprietà. Questi proprietari possono essere puniti con l’incarcerazione fino a 5 anni.
Il referendum per l’uscita del Regno Unito dalla Ue è previsto per il 2017, ma secondo molti commentatori potrebbe essere annunciato anche per la seconda metà del 2016. Il risultato di questa consultazione è ancora imprevedibile, ma una Brexit potrebbe dare sicuramente a Londra mano libera per porre fine all’immigrazione di soggetti che non intendono lavorare negli Uk, ma vivere approfittando del welfare britannico.
Cameron non ha intenzione di fare uscire l’Inghilterra dalla Ue, poiché’ in quel caso la potente Confindustria britannica toglierebbe il proprio sostegno ai conservatori, ma di abolire le misure, che nel trattato di Schengen prevedono il libero spostamento delle persone lasciando, invece, libera la circolazione di merci, di capitali e servizi.
Il primo ministro ha però bisogno di arrivare al 2017 con un forte consenso popolare, che gli permetta di convincere i cittadini a votare “Yes”. C’è da aspettarsi, dunque, che nei prossimi due anni la politica inglese sarà all’insegna della lotta all’immigrazione onde restare nell’Unione europea.
Marina d’Angerio
Dottore Commercialista
ICAEW Chartered Accountant
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