La stampa ha recentemente divulgato la notizia di persone che, dopo aver vissuto nel Regno Unito per molti anni, hanno ricevuto una comunicazione dall’Home Office con cui viene richiesto loro di lasciare il Paese. In particolare, molto scalpore ha fatto la storia di un uomo di mezza età, trasferitosi dai Caraibi nel Regno Unito intorno agli anni ’50: questi, dopo aver trascorso gran parte della sua vita nel Regno Unito, qualche settimana fa si è visto recapitare una lettera dal UKVI (United Kingdom Visas and Immigration) con cui gli veniva comunicato che avrebbe dovuto lasciare il Paese.
Ma andiamo con ordine. Agli inizi degli anni ’50, il governo inglese aveva espressamente richiesto alle persone dei Caraibi di venire a vivere nel Regno Unito per aiutare a ricostruire il paese dopo la guerra. A quel tempo, molte persone sono emigrate dal loro Paese per venire a vivere nel Regno Unito, dove hanno trovato lavoro come infermieri, conducenti di autobus e ricoprendo altri posti vacanti. A quel tempo, e in tali circostanze, coloro che emigravano dai Caraibi verso il Regno Unito facevano parte del Commonwealth e delle colonie inglesi e quando sbarcavano nel Regno Unito, lo facevano in qualità di cittadini britannici. Di conseguenza, tali persone godevano del cosiddetto “Right of abode – ROA”, e cioè un diritto di residenza nel Paese. Tale diritto consente al soggetto di vivere e lavorare liberamente nel Regno Unito e di non essere sottoposto a controlli di immigrazione.
Per vedersi riconosciuto tale diritto, un soggetto deve soddisfare i seguenti requisiti:
- Uno dei due genitori deve essere nato nel Regno Unito ed avere la cittadinanza del Regno Unito o di una colonia inglese al momento in cui il soggetto è nato;
- il 31 dicembre 1982 il soggetto era cittadino del Commonwealth;
- il soggetto non hai smesso di essere cittadino del Commonwealth (nemmeno temporaneamente) in qualsiasi momento dopo il 31 dicembre 1982.
Pertanto, coloro che sono arrivati nel Regno Unito da bambini negli anni ’50, i cui genitori erano cittadini di una colonia inglese (ad esempio la Giamaica), soddisfavano il requisito richiesto al primo punto.
Per quanto riguarda il secondo punto, con l’entrata in vigore del British Nationality Act 1981 le cose sono cambiate e coloro che erano emigrati dai Caraibi non potevano più fare affidamento sul solo punto 1 al fine di essere riconosciuti come soggetti britannici e ottenere il Right of Abode. La legge del 1981 ha infatti modificato le regole e il soggetto doveva dimostrare di essere stato cittadino del Regno Unito o di una colonia inglese al 31 dicembre 1982, e di essere stato in grado di mantenere tale cittadinanza per il fatto di essere nato, essere stato adottato, essere naturalizzato o per essersi registrato nel Regno Unito. Le cose, pertanto, si sono notevolmente complicate rispetto a prima.
Molte persone a loro tempo non si erano registrate come cittadini britannici, forse non conoscendo tale necessità. Erano inoltre previsti ulteriori requisiti, come l’aver risieduto in modo permanente nel Regno Unito per almeno cinque anni o più, non aver violato i controlli sull’immigrazione, ecc. Pertanto, si è reso da subito evidente che non sarebbe stato più cosi semplice riuscire a dimostrare di essere in possesso dei requisiti necessari per ottenere il diritto a rimanere nel Regno Unito.
Il terzo punto causa ulteriori problemi, in particolare per quanto riguarda le parole tra parentesi, “anche temporaneamente”. Prendiamo la Giamaica come esempio: questo stato ha ottenuto l’indipendenza nel 1962, e pertanto da tale data non è più una colonia del Regno Unito. I giamaicani che vivevano nel Regno Unito e non erano in possesso di un passaporto britannico, potevano a quel punto presentare richiesta per il passaporto Giamaicano. Tali soggetti, pertanto, hanno di fatto perso temporaneamente la cittadinanza del Commonwealth nel momento in cui la Giamaica è divenuta uno stato indipendente. La persona doveva quindi dimostrare al United Kingdom Immigration and Visas di avere diritto alla cittadinanza britannica. E qui insorgono i problemi: se una persona ha vissuto per oltre 40 anni nel Regno Unito cosa potrebbe essere, se non inglese? Però, purtroppo, la questione non è cosi semplice e scontata.
Numerosi sono tuttavia i casi di persone ritrovatesi in tale situazione. Fra gli altri, vale la pena menzionare il caso di una signora di sessantacinque anni, trasferitasi nel Regno Unito a soli 5 anni in seguito all’ondata migratoria degli anni 50 con il passaporto di una zia, la quale si è vista recentemente recapitare una lettera dall’ufficio immigrazione nella quale le viene espressamente richiesto di lasciare il paese entro 7 giorni. La signora, sposata ormai da quarant’anni con un cittadino inglese, è riuscita a dimostrare il suo diritto alla cittadinanza inglese in ragione del matrimonio, evitando quindi la lunga trafila di dover fornire prova di tale diritto dimostrando di avere fatto ingresso nel Regno Unito come British Subject e, pertanto, di essere stata titolare del cosiddetto Right of Abode.
Il governo inglese si è limitato a dire che avrà un occhio di riguardo per casi come questo. Tuttavia, osservando le leggi in materia di immigrazione che continuano a venire introdotte, non è difficile capire il perché’ del verificarsi di tali spiacevoli situazioni.
Il governo da molti anni continua a esercitare pressioni sui cittadini per gestire e controllare l’immigrazione. Basta semplicemente guardare le legge sull’immigrazione del 2014 e 2016, che richiedono ai proprietari di immobili di verificare che le persone a cui decidono di dare in affitto il bene abbiano il diritto di risiedere nel Regno Unito. Anche le banche hanno il potere di verificare che coloro che sono titolari di un conto bancario abbiano il diritto di risiedere nel Regno Unito. L’NHS ha inoltre il dovere di segnalare all’UKVI tutti i casi in cui una persona è sotto trattamento medico e potrebbe non essere un cittadino britannico. La legislazione sull’immigrazione introdotta nel corso degli anni, inoltre, continua a inasprire le sanzioni finanziarie, penali e civili in cui il soggetto può incorrere.
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