Ricorre per cassazione l’Agenzia delle Entrate avverso, le impugnative di una società vittoriosa ne due gradi precedenti, a cui aveva negato il rimborso Iva.
La Cassazione accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese di questo grado, ad altra sezione della CTR.
Rileva la Suprema Corte che in tema di violazioni IVA oggetto di accertamento nell’ambito dell’attività di polizia tributaria, le dichiarazioni rilasciate da terzi, le risultanze delle indagini condotte nei confronti di altre società, gli atti trasmessi dalla G.d.F., risultanti dall’attività di P.G., senza esclusione dei verbali redatti a seguito d’intercettazioni telefoniche disposte in sede penale, se contenuti negli atti allegati all’avviso di rettifica notificato o trascritti essenzialmente nella motivazione dello stesso, costituiscono parte integrante del materiale indiziario e probatorio, che il giudice tributario di merito è tenuto a valutare dandone adeguato conto nella motivazione della sentenza, atteso che il P.V.C., redatto dalla G.d.F. o dagli altri organi di controllo fiscale, è assistito da fede privilegiata ai sensi dell’art. 2700 c.c., quanto ai fatti in esso descritti: per contestare tali fatti è pertanto necessaria la proposizione della querela di falso.
Inoltre, il rimborso ex art. 30, non può prescindere dalla regolarità delle scritture contabili ed in specie della fattura, documento idoneo a rappresentare un costo dell’impresa, pertanto, qualora l’A.F. contesti al contribuente l’indebita detrazione di fatture, relative ad operazioni inesistenti, spetta alla stessa, adducendo la falsità del documento e quindi l’inesistenza di un maggior imponibile, provare che l’operazione commerciale in realtà non è stata mai posta in essere, anche attraverso elementi presuntivi, che il giudice tributario di merito, investito della controversia sulla legittimità e fondatezza dell’atto impositivo, è tenuto a valutare, singolarmente e complessivamente, e solo qualora li ritenga dotati dei caratteri di gravità, precisione e concordanza, consentirà al contribuente, che ne diviene onerato, di provare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate.
Giuseppe Garro, Studio di Consulenza Tributaria e Fiscale in Siracusa
Fonte: Fisco e Diritto 20 ottobre 2014
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