Il mondo cambia sempre più velocemente. Nuove tecnologie e sostenibilità ambientale sono i pilastri sui cui si baserà sempre più la nostra società e, di conseguenza, sono questi gli obiettivi cui l’impresa deve guardare. Obiettivi che sono anche strumenti per una maggiore produttività e per una maggiore crescita. Va da sé che la capacità di adattamento, in uno con la capacità di cogliere e prevenire le nuove sfide, sia per forza di cose vitale e imprescindibile per tutto il mondo dell’impresa.
In Italia, uno studio condotto da L’Economia del Corriere della Sera e da ItalyPost su mille imprese di dimensione tra i 20 e i 500 milioni di fatturato (i cosiddetti Champions), conferma come il cuore pulsante dell’economia italiana sia ancora rappresentato dalle piccole e medie imprese, con un fatturato aggregato pari 103 miliardi, cresciuto in media del 12% l’anno negli ultimi sei esercizi analizzati. L’Italia si conferma così al secondo posto in Europa ed al settimo posto nel mondo tra le potenze industriali. Un risultato di rilevo e non scontato se solo si considerano le grandi economie di sistema che le sono davanti: U.S.A., Cina, Germania e Giappone. E se si considerano le gravi crisi provocate dalla pandemia da Covid-19 e dalle due guerre in Ucraina ed in Medio Oriente, le quali hanno generato un livello di inflazione non preventivabile in quelle dimensioni. A ciò va aggiunto il correlativo aumento dei tassi di interesse da parte delle Banche Centrali, prima fra tutte la Federal Reserve, seguita, adire il vero con non molto tempismo, dalla Banca Centrale Europea, che ha inevitabilmente provocato una contrazione dei consumi. Eppure il sistema economico e produttivo ha tenuto e le proiezioni per il 2024 appaiono positive. Secondo Caterina Della Torre, partner di Special Affairs e project leader della ricerca sui Champions, “ciò che in ogni caso caratterizza e differenzia queste imprese è un focus continuo sull’evoluzione, sul cambiamento, che non comporta un adattamento ai nuovi scenari ma un vero e proprio riprogettare e rifondare l’azienda in linea con un mondo nuovo. Si sviluppano i modelli produttivi ma anche quelli di leadership, (…) si a llarga il proprio portfolio con nuovi prodotti e tecnologie” (L’Economia del Corriere della Sera, Numero speciale, 11.03.2024).
Vi è poi la necessità/opportunità di politiche verdi da parte delle imprese. Necessità perché il nostro pianeta è ormai allo stremo e non è dato sapere quanto potrà reggere sotto il peso delle ancora alte produzioni da combustibili fossili, soprattutto nei paesi emergenti. Eppure una trasformazione “verde” dell’industria – che, almeno in Europa, è già in corso – avrebbe benefici di grande impatto non solo, come è ovvio, sull’ambiente, ma anche sulla stessa capacità produttiva delle aziende, anche in termini di fatturato, con benefici per gli stessi lavoratori e sui cittadini. Le proteste dei “trattori” di questi ultimi giorni dimostrano come la sostenibilità ambientale sia vista solo come una fucina di sacrifici ed obblighi per lavoratori e cittadini e non come una opportunità (oltre che come una necessità vitale per il pianeta e, quindi, per noi stessi). Teresa Ribera, Vicepresidente e ministro della Transizione in Spagna, da molti accreditata come prossimo commissario europeo di nomina governativa, in una illuminante intervista a Federico Fubini su L’economia del Corriere della Sera dell’11 marzo, afferma chiaramente che “non siamo riusciti a far sì che la gente comune abbia l’esperienza concreta dei benefici della transizione. In Spagna e Portogallo il prezzo dell’elettricità è sostanzialmente più basso grazie alla produzione da fonti rinnovabili. Ma significa anche che dobbiamo affrontare la questione delle capacità di stoccaggio. Ci sono benefici concreti per la gente comune e per l’industria, grazie alla transizione. (…) Dobbiamo far sì che da nessuna parte del mondo si costruiscano nuove centrali elettriche a carbone”.
In conclusione, in un mondo in continua evoluzione appaiono premianti, dati alla mano, le imprese che riescono ad adattarsi meglio ai nuovi scenari e investono nella riprogettazione continua.
Quanto alla transizione verde, essa è condicio sine qua non per la sopravvivenza del pianeta ma è anche elemento imprescindibile per la vita delle aziende. Essa è certamente fonte di benefici, e non solo di sacrifici, per tutti i cittadini; e ciò non solo nel lungo periodo ma anche in tempi brevi come le esperienze spagnole e portoghesi dimostrano. Tale obiettivo è, a parere di chi scrive, figlio diretto della capacità delle imprese di progettare un continuo cambiamento. E l’impresa vincente è certamente quella che cambia prima di essere costretta a farlo.
Avv. Girolamo Lazoppina