IL RUOLO DELL’ART. 19 D. LGS. N. 546/1992 NEL CONTENZIOSO TRIBUTARIO

Corte di cassazione civile, Ordinanza, SS.UU., n. 2147 del 22.01.2024, Rel. Crucitti

 

SOMMARIO: Riassunto/Abstract; 1. Il dato normativo ex art. 19 D. Lgs. n. 546 del 1992; 2. La natura dell’elenco degli atti impugnabili; 3. L’ordinanza della Corte di cassazione, SS.UU., n. 2147 del 22.01.2024, Rel. Crucitti: i passaggi motivazionali; 4. Conclusioni. Bibliografia Essenziale

 

Riassunto

Il contributo vuole portare all’attenzione dei lettori l’art. 19 del Decreto Legislativo n. 546 del 1992 al fine di evidenziare i passaggi fondamentali di una recente ordinanza della Corte di cassazione del 2024. Lo scopo principale è quello di definire gli atti che possono essere oggetto di ricorso e, dunque, agevolare la comprensione delle complesse dinamiche processuale dei giudizi tributari.

 

Abstract

The paper focuses on the article no. 19 of the Legislative Decree no. 546/1992.

 

  1. Il dato normativo ex 19 D. Lgs. n. 546 del 31 dicembre 1992.

RUBRICA: Art. 19 Atti impugnabili e oggetto del ricorso

1.– Il ricorso può essere proposto avverso:

  1. a) l’avviso di accertamento del tributo;
  2. b) l’avviso di liquidazione del tributo;
  3. c) il provvedimento che irroga le sanzioni;
  4. d) il ruolo e la cartella di pagamento;
  5. e) l’avviso di mora;

e-bis) l’iscrizione di ipoteca sugli immobili di cui all’articolo 77 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni;

e-ter) il fermo di beni mobili registrati di cui all’articolo 86 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni;

  1. f) gli atti relativi alle operazioni catastali indicate nell’art. 2, comma 2;
  2. g) il rifiuto espresso o tacito della restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie ed interessi o altri accessori non dovuti;

g-bis) il rifiuto espresso o tacito sull’istanza di autotutela nei casi previsti dall’articolo 10-quater della legge 27 luglio 2000, n. 212;

g-ter) il rifiuto espresso sull’istanza di autotutela nei casi previsti dall’articolo 10-quinquies della legge 27 luglio 2000, n. 212;

  1. h) il diniego o la revoca di agevolazioni o il rigetto di domande di definizione agevolata di rapporti tributari;

h-bis) la decisione di rigetto dell’istanza di apertura di procedura amichevole presentata ai sensi della direttiva (UE) 2017/1852 del Consiglio del 10 ottobre 2017 o ai sensi degli Accordi e delle Convenzioni internazionali per evitare le doppie imposizioni di cui l’Italia è parte ovvero ai sensi della Convenzione relativa all’eliminazione delle doppie imposizioni in caso di rettifica degli utili di imprese associate n. 90/436/CEE;

  1. i) ogni altro atto per il quale la legge ne preveda l’autonoma impugnabilità davanti alle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado.

2.– Gli atti espressi di cui al comma 1 devono contenere l’indicazione del termine entro il quale il ricorso deve essere proposto e della corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado competente, nonché delle relative forme da osservare ai sensi dell’art. 20.

3.– Gli atti diversi da quelli indicati non sono impugnabili autonomamente. Ognuno degli atti autonomamente impugnabili può essere impugnato solo per vizi propri. La mancata notificazione di atti autonomamente impugnabili, adottati precedentemente all’atto notificato, ne consente l’impugnazione unitamente a quest’ultimo.

AGGIORNAMENTO (48). Il D. Lgs. 10 giugno 2020, n. 49 ha disposto (con l’art. 25, comma 1) che la presente modifica si applica alle istanze di apertura di procedura amichevole presentate a decorrere dal 1° luglio 2019 sulle questioni controverse riguardanti il reddito o il patrimonio, relativi al periodo d’imposta che inizia il 1° gennaio 2018 e ai successivi periodi d’imposta.

 

AGGIORNAMENTO (52). Il D. Lgs. 30 dicembre 2023, n. 220 ha disposto (con l’art. 4, comma 2) che “Le disposizioni del presente decreto si applicano ai giudizi instaurati, in primo e in secondo grado, con ricorso notificato successivamente al 1° settembre 2024, fatta eccezione per quelle di cui all’articolo 1, comma 1, lettere d), e), f), i), n), o), p), q), s), t), u), v), z), aa), bb), cc) e dd) che si applicano ai giudizi instaurati, in primo e in secondo grado, nonché in Cassazione, a decorrere dal giorno successivo all’entrata in vigore del presente decreto”.

2.- La natura dell’elenco degli atti impugnabili.

L’articolo poc’anzi richiamato deve essere inquadrato tenendo presenti i passaggi motivazionali delle principali sentenze in materia.

Preme, dunque, ricordare non solo che “[…] in tema di contenzioso tributario l’elencazione degli atti impugnabili, contenuta nell’art.19 d.lgs. n. 546 del 1992 pur avendo natura tassativa non preclude la facoltà di impugnare anche altri atti, dovendosi intendere la tassatività riferita, in ossequio alle norme costituzionali di tutela del contribuente (artt. 24 e 53 Cost.) e di buon andamento dell’amministrazione (art. 97 Cost.), non ai singoli provvedimenti nominativamente indicati ma alle categorie a cui questi ultimi sono astrattamente riconducibili, in quanto producono gli stessi effetti giuridici […]”, ma, più precisamente che “[…] in tema di contenzioso tributario, l’impugnazione da parte del contribuente di un atto non espressamente indicato dall’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, il quale, tuttavia, abbia natura di atto impositivo, è una facoltà e non un onere, il cui mancato esercizio non preclude la possibilità d’impugnazione con l’atto successivo (Cassazione Civile ordinanza n. 6267 del 24/02/2022), […]”.

Ancora, in altra sede è stato chiarito che “[…] sussiste la facoltà di ricorrere al giudice tributario avverso tutti gli atti adottati dall’ente impositore che, con l’esplicitazione delle concrete ragioni (fattuali e giuridiche) che la sorreggono, porti a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, senza necessità di attendere che la stessa, ove non sia raggiunto lo scopo dello spontaneo adempimento cui è “naturaliter” preordinato l’invito bonario al pagamento, si vesta della forma autoritativa di uno degli atti dichiarati espressamente impugnabili dell’ art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992 (Suprema corte di Cassazione 17 agosto 2021, n. 22971), […]”.

Dunque, si può asserire che “[…] È noto che l’art. 19 citato contiene una elencazione degli atti avverso i quali è espressamente prevista la possibilità di proporre ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale competente per territorio. Tuttavia, l’elenco contenuto nell’art. 19 non esaurisce affatto il novero degli atti che possono essere emessi dagli enti impositori e che vengono portati a formale conoscenza del contribuente, soprattutto a seguito dell’estensione della giurisdizione delle Commissioni tributarie, avvenuta con la modifica dell’art. 2 del D. Lgs. 546 del 1992 operata dall’art. 12 della L. n. 448 del 21 dicembre 2001. Si è quindi posto il problema del riconoscimento di una tutela per il contribuente a fronte della notifica dei suddetti atti, che, pur non trovando riscontro nel corpo dell’art. 19, potrebbero incidere sulla sfera giuridica del contribuente. Non soccorre a tal fine infatti la previsione del comma terzo del citato art. 19, che impone di rilevare i vizi degli atti non elencati al comma primo solo mediante l’impugnazione successiva di uno degli atti impugnabili: infatti, potrebbe accadere che all’atto innominato non faccia seguito alcuno degli atti considerati impugnabili, mentre già dalla notifica di un atto non impugnabile potrebbero derivare conseguenze pregiudizievoli per la posizione giuridica soggettiva del contribuente […]”.

Scendendo nel dettaglio delle specifiche controversie giurisdizionali, si vuole offrire una casistica giurisprudenziale:

1.- “[…] Art. 19 del D. Lgs. 546 del 1992, con il quale l’Amministrazione finanziaria porti a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, esplicitandone le ragioni fattuali e giuridiche, è una facoltà e non un onere. In particolare il rigetto della domanda di Collaborazione volontaria è da ritenersi equiparabile al rigetto di una domanda di definizione agevolata di rapporti tributari espressamente contemplata del D. Lgs. n. 546 del 1992, art. 19. Inoltre, in  caso di mancata impugnativa della predetta istanza, non è preclusa la possibilità di impugnare l’atto successivo, in ossequio alle norme costituzionali di tutela del contribuente e di buon andamento dell’amministrazione, anche in considerazione dell’ampliamento della giurisdizione tributaria operato con la Legge 28 dicembre 2001 n. 448 (cfr. Cass. n. 12150/2019, n. 1230/2020 e n. 15318/2021), […]”.

2.- “[Ancora, la giurisprudenza ha] affermato che l’impugnazione da parte del contribuente della diffida di pagamento, atto non espressamente indicato dall’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, è una facoltà volta ad estendere gli strumenti di tutela del contribuente, ma non un onere, sicché in mancanza di essa la pretesa tributaria non si cristallizza e, pertanto, non è preclusa la successiva impugnazione di uno degli atti tipici previsti dall’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992 […]”.

3.- “[Sul punto, è tornata la giurisprudenza con la ]Sez. 5, n. 27582/2018, Castorina, Rv.65096101, con riferimento alla fattura recante l’addebito di canoni tariffari in materia di rifiuti urbani: non rientrando essa nell’elenco tassativo degli atti impugnabili innanzi al giudice tributario di cui all’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, l’impugnazione della stessa non costituisce un onere, previsto a pena di decadenza, ma solo una facoltà, potendo il contribuente attendere che la pretesa impositiva, sebbene già estrinsecatasi nei suoi elementi essenziali in tale atto prodromico, gli venga notificata attraverso uno dei successivi atti tipici di cui al detto art. 19. Sulla stessa scia, Sez. 5, n. 27601/2018, Zoso, Rv. 650966-01, ha ritenuto che il preavviso di fermo amministrativo emesso ex art. 86 del d.P.R. n. 602 del 1973 per crediti tributari è impugnabile innanzi al giudice tributario, in quanto atto funzionale a portare a conoscenza del contribuente una determinata pretesa tributaria, rispetto alla quale sorge l’interesse ex art. 100c.p.c. alla tutela giurisdizionale per il controllo della legalità sostanziale della pretesa impositiva, a nulla rilevando che detto preavviso non compaia esplicitamente nell’elenco degli atti impugnabili contenuto nell’art. 19 del d.lgs. n. 546 del1992,in quanto tale elencazione va interpretata in senso estensivo, sia in ossequio alle norme costituzionali di tutela del contribuente e di buon andamento della P.A., che in conseguenza dell’allargamento della giurisdizione tributaria operato con l. n. 448 del 2001, […]”.

“[Sempre per quel che concerne gli atti impugnabili] la Sez. 5, n. 27581/2018, Castorina, Rv. 65140401, aveva chiarito che nel processo tributario, ove all’impugnazione della cartella di pagamento segua quella della successiva intimazione di pagamento, emessa per gli stessi tributi a carico del medesimo contribuente, non sussiste violazione del principio del ne bis in idem processuale, trattandosi di giudizi aventi petitum e causa petendi differenti. Non rientra, invece, nel novero degli atti impugnabili il processo verbale di constatazione, che è semplicemente un atto endoprocedimentale non destinato, in quanto tale, a vincolare il contenuto del successivo avviso di accertamento. Ne consegue che, in tema di contraddittorio e poteri del giudice tributario, non lede il diritto di difesa la ripresa a tassazione contenuta nell’avviso di accertamento per importi maggiori di quelli oggetto del prodromico processo verbale di constatazione, in quanto solo con l’atto impositivo, che non dipende necessariamente dal processo verbale di constatazione, si esterna ciò che viene constatato ed accertato dall’Amministrazione finanziaria ed è al rispetto del suo contenuto che è tenuto il giudice tributario (Sez. 6-5, n. 13490/2019, Gori, Rv. 653872-01), […]”.

Un cenno, infine, lo merita il processo di esecuzione.

Al riguardo è stato chiarito dalla dottrina che “[…] l’opposizione agli atti esecutivi avverso l’atto di pignoramento asseritamente viziato per omessa o invalida notificazione della cartella di pagamento (o di altro atto prodromico al pignoramento), è ammissibile e va proposta – ai sensi del d.lgs. n. 546 del 1992, art. 2 comma 1 e art. 19 d.P.R. n. 602 del 1973, art. 57 e dell’art. 617 c.p.c. – davanti al giudice tributario, risolvendosi nell’impugnazione del primo atto in cui si manifesta al contribuente la volontà di procedere alla riscossione di un ben individuato credito tributario (Compendio di diritto tributaria – Parte generale, speciale e processuale, I, Edizione, 2024, Nel Diritto Editore), […]”.

3.- L’ordinanza della Corte di cassazione, SS.UU., n. 2147 del 22.01.2024, Rel. Crucitti: i passaggi motivazionali.

Premesso l’excursus appena riportato, si vogliono in questa sede evidenziare alcuni passaggi interessanti e fondamentali della Ordinanza delle SS.U. n. 2147 del 22.01.2024, Rel. Crucitti:

“[…] In tema di contenzioso tributario l’elencazione degli atti impugnabili, contenuta nell’art.19 d.lgs. n.546 del 1992 pur avendo natura tassativa non preclude la facoltà di impugnare anche altri atti, dovendosi intendere la tassatività riferita, in ossequio alle norme costituzionali di tutela del contribuente (artt. 24 e 53 Cost.) e di buon andamento dell’amministrazione (art. 97 Cost.), non ai singoli provvedimenti nominativamente indicati ma alle categorie a cui questi ultimi sono astrattamente riconducibili, in quanto producono gli stessi effetti giuridici […]”.

Ancora, proseguendo lungo un profilo giurisprudenziale, occorre evidenziare quanto segue:

“[…] E’ altrettanto pacifico, per la giurisprudenza di questa Corte, ivi compresa quella più recente ed estensiva, citata a conforto dal Tribunale remittente e dal P.G., che, in ogni caso, deve trattarsi di atti con i quali l’Amministrazione finanziaria porti a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, esplicitandone le ragioni fattuali e giuridiche e che tale atto, anche senza la necessità che la pretesa si manifesti in forma autoritativa, sempre riferibile ad un determinato rapporto tributario, sia immediatamente lesivo dei diritti del contribuente.

Di questi connotati la predetta nota indubitabilmente difetta in quanto, in primo luogo non rivolta direttamente allo specifico e concreto rapporto tributario in essere con la Società attrice ma resa, sotto la forma di parere generale e astratto, al Ministero degli Interni, avente a oggetto la generale disciplina fiscale da applicare, ai fini dell’IVA, ai servizi di gestione dei centri di accoglienza dei migranti o dei richiedenti asilo politico, con le dovute diversificazioni a seconda della natura dei soggetti gestori e alle tipologie dei servizi resi; inoltre ha quale destinatario finale non il singolo contribuente ma l’indeterminata platea dei gestori i servizi di accoglienza su tutto il territorio nazionale […]”.

5.- Conclusioni.

A conclusione di questo breve excursus appare evidente come la tesi della “tassatività” dell’elenco sia in realtà una tesi recessiva. Prevale, infatti, l’impressione che l’elencazione degli atti impugnabili assuma le sembianze di un “elenco fisso”, quasi “obbligatorio” a cui può aggiungersi una sorta di “elenco facoltativo” di atti ulteriori che, pur essendo appartenenti alle macrocategorie esplicitamente rappresentate nell’art. 19 del D. Lgs. n. 546 del 31 dicembre 1992, sono privi di esplicita menzione e puntuale elencazione.

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Bibliografia essenziale

  • Corte di cassazione, Ordinanza, SSUU Civili, n. 2147 del 22.01.2024, Rel. Crucitti;
  • Corte di cassazione, Sentenza, n. 5174/5 del 17.02.2023;
  • Corte di cassazione, Sentenza, n. 3466/5 del 11.02.2021;
  • , Sez. Un., n. 13913 del 05.06.2017;
  • , Sez. V, n. 27227 del 25.09.2023;
  • SU, n. 9840 del 05.05.2011;
  • SU, n. 5994 del 17.04.2012;
  • SU, n. 4315 del 20.02.2020;
  • Corte di cassazione, Ordinanza, SU. Civile, n. 24191 del 08.08.2023 – Presidente: D’Ascola Pasquale Relatore: Napolitano Lucio;
  • Civile, Sentenza, Sez. 5, n. 35442 del 19.12.2023;
  • Corte di cassazione, Ord. SU Civile, n. 2147 del 22.01.2024 – Presidente: D’Ascola Pasquale; Relatore: Crucitti Roberta;
  • Cassazione Civile, Ordinanza, n. 6267 del 24.02.2022;
  • Corte Suprema di cassazione, n. 22971 del 2021;
  • Corte di Cassazione, n. 4513 del 25.02.2009;
  • Corte di cassazione, Sentenza, n. 69 del 05.02.2024;
  • Corte di cassazione, Ordinanza, n. 3466 del 11.02.2021;
  • Corte di cassazione, 12150 del 2019;
  • Corte di cassazione, n. 1230 del 2020;
  • Corte di cassazione, 15318 del 2021;
  • Corte di cassazione, Sentenza, n. 5174/5 del 17.02.2023;
  • Corte di cassazione, Ordinanza, n. 3466/5 del 11.02.2021;
  • Corte di cassazione, 6/5, n. 3775 del 2018, Mocci, Rv. 647116-01;
  • Corte di cassazione, Sez. 5, n. 14574 del 2018, Giudice Pietro, Rv. 648777-01;
  • Corte di cassazione, Sez. 5, n. 4614 del 2018, Di Geronimo, Rv. 646275-01;
  • Segue: Sentenza della Sez. 5, n. 10668 del 2019, Fanticini, Rv. 653657-01;
  • Segue: Sez. 5, n. 23269 del 2018, Putaturo Donati Viscido di Nocera, Rv. 650738-01;
  • Compendio di diritto tributaria – Parte generale, speciale e processuale, I, Edizione, 2024, Nel Diritto Editore.

Avv. Micaela Lopinto

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