Secondo il Codice Civile, quando una parte non adempie ai propri obblighi contrattuali, l’altra parte può risolvere il contratto. Inoltre, se l’accordo prevede una clausola di risoluzione, una parte può porre fine all’accordo in base a tale clausola anche se non vi è stata alcuna violazione del contratto.
Tuttavia, per quanto riguarda i contratti continuativi, come i contratti di franchising, l’aspettativa della parte (principalmente l’affiliato nei contratti di franchising) di continuare a essere impegnata in base al contratto dovrebbe essere tutelata. L’approccio comunemente inteso è quello di limitare in una certa misura la risoluzione del contratto, ad esempio richiedendo un motivo legittimo per la risoluzione dei contratti continuativi.
D’altro canto, concentrandosi sul principio della libertà contrattuale, sono state emesse sentenze che riconoscono la libertà di recedere dai contratti continuativi. Ad esempio, in un caso in cui si contestava l’esercizio del diritto di recedere da un contratto di agente speciale per un negozio di alimentari, la Corte Suprema di Tokyo ha ritenuto che non e’ necessaria una motivazione specifica per esercitare il diritto a risolvere il contratto. Inoltre, ci sono state sentenze che, con riferimento al rifiuto di rinnovare contratti di franchising per la distribuzione di pranzi a domicilio, hanno stabilito che il contratto termina con la scadenza del termine stesso a meno che non sussistano circostanze eccezionali, come ad esempio il caso in cui il rifiuto di rinnovo si traduca in una violazione dell’ordine pubblico o della buona fede.
Tuttavia, con riferimento ai contratti di franchising in particolare, ci sono molti precedenti che restringono il diritto alla cancellazione.
Inoltre, in un caso giudiziario in cui vi era una controversia sulla possibilità di rifiutare il rinnovo di un contratto di franchising, si è ritenuto che, per la natura stessa del contratto di franchising, sarebbero state necessarie alcune tutele legali per gli affiliati sulla base delle aspettative di una continua espansione dell’attività, e di conseguenza vi sarebbero alcune restrizioni basate sui principi di equità nel rifiutare l’esecuzione del rifiuto a rinnovare, e che sarebbe ragionevole interpretare che un rapporto contrattuale si concluda per scadenza del termine solo nei casi in cui vi siano ragioni legittime per rifiutare il rinnovo.
Sebbene l’analisi fornita dalla decisione dell’alta Corte di Tokyo relativa all’accordo di agente speciale per la distribuzione di cosmetici, descritta in precedenza, possa essere ragionevolmente coerente con il principio della libertà contrattuale, considerate alcune sentenze di altri casi che si basano invece su principi di equità, per ridurre al minimo i rischi di contenzioso in caso di risoluzione contrattuale sarebbe prudente tenere presente la presenza di motivi legittimi per l’annullamento di un contratto continuativo.
Nel caso di risoluzione di un accordo in base al diritto di recesso previsto dall’accordo stesso, sebbene sia comune specificare un periodo di preavviso prima dell’efficacia della risoluzione, se non viene specificato un periodo di preavviso, si può ritenere che il contratto possa essere risolto immediatamente. D’altra parte, per invocare il diritto legale di recedere da un contratto in risposta all’inadempimento della controparte, è necessario richiedere formalmente alla parte inadempiente di adempiere ai propri obblighi entro un periodo ragionevole, e se la parte inadempiente continua a l’inadempimento durante questo periodo, il contratto può essere annullato.
Secondo i precedenti giudiziari, tuttavia, in determinate circostanze vi saranno alcune restrizioni alla cancellazione di un contratto continuativo. Se non viene specificato un periodo di preavviso relativamente lungo, c’è la possibilità che l’annullamento del contratto non sia consentito, a seconda delle circostanze.
Un contratto commerciale non si risolve automaticamente in caso di insolvenza della controparte.
Di conseguenza, le parti includono spesso una clausola contrattuale che consente a ciascuna di esse di risolvere il contratto in caso di insolvenza dell’altra parte. Tuttavia, è molto probabile che tale clausola sia considerata inapplicabile.
Non esistono restrizioni generali alla risoluzione di un contratto se la controparte si trova in difficoltà finanziarie. Pertanto, le parti possono risolvere il contratto in conformità con quanto previsto dal contratto stesso.
Per consentire questo diritto di recesso, le parti spesso includono una clausola contrattuale che consente a una parte di recedere dal contratto se l’altra parte soffre di difficoltà finanziarie di tipo descritto di seguito:
- quando sospende o non è in grado di effettuare pagamenti, o quando le fatture non vengono pagate; o
- quando sono state intraprese azioni di sequestro, sequestro provvisorio, ingiunzioni provvisorie o vendita all’asta.
Tuttavia, tali diritti di recesso possono essere limitati in determinate circostanze.
Ai sensi del Codice Civile modificato, entrato in vigore il 1° aprile 2020, quando un evento di forza maggiore non imputabile a nessuna delle parti rende impossibile al debitore l’adempimento dell’obbligazione, il rischio di tale evento è a carico del debitore e il creditore ha il diritto di rifiutare la controprestazione e di risolvere il contratto.