Non sempre è facile prepararsi al cambiamento. Tuttavia, ci sono casi in cui è necessario essere pronti, come, ad esempio, nell’ipotesi di una hard Brexit, e cioè nel caso in cui il Regno Unito dovesse uscire dall’Unione Europea senza accordo alcuno con quest’ultima.
Purtroppo, molti cittadini europei che vivono nel Regno Unito non sono preparati a questa evenienza; e alcuni di questi non sono nemmeno pronti alla migliore delle ipotesi.
Le problematiche che riguardano i cittadini europei sono strettamente correlate al particolare status di cui gode tale categoria di persone, status caratterizzato dal diritto alla libertà di movimento garantito dall’Unione Europea.
La Brexit, tuttavia, ci ha fatto familiarizzare con quella che si potrebbe definire una “preoccupante anomalia democratica”: i cittadini europei che vivono all’estero non possono esercitare il loro diritto al voto nelle elezioni generali o referendum del paese ospitante.
Tale regola in questione viola il principio del “no taxation without representation”, e cioè “no tassazione senza rappresentanza”. Tuttavia, i cittadini europei conservano il diritto di votare nel paese di cui hanno la cittadinanza, dove vi è quindi una rappresentanza senza tassazione.
La Brexit non cambiera’ questa anomalia, ma si limitera’ a evidenziarla meglio.
Come è stato detto poco dopo il referendum sulla Brexit, il pericolo per i cittadini dei paesi membri dell’Unione Europea non è la deportazione, bensì la discriminazione.
La bozza di accordo sui diritti dei cittadini europei è stata definita “decente”. Tuttavia, questa non annulla il rischio di potenziali discriminazioni. Il governo inglese, solo per fare un esempio, ha già preso in considerazione l’introduzione di corsie preferenziali per il controllo dei passaporti a favore dei cittadini inglesi. Per avere un’idea di cosa ciò possa significare per i cittadini europei che non hanno il passaporto inglese, basta dare un’occhiata alle corsie contrassegnate con la scritta “altri passaporti” presenti ai controlli degli aeroporti di Heathrow Terminal 5.
E, ancor peggio, in caso di no deal, il rischio di discriminazioni aumenta esponenzialmente.
L’attuale governo inglese potrebbe decidere di rispettare quanto deciso nel corso dei negoziati. Questa almeno è la speranza. Ma non è dato sapere cosa invece farà il governo. Ancora, nel caso di una hard Brexit, lo status dei cittadini europei che si trovano in UK sarà di fatto incerto.
Alla fine del 2017, il numero dei cittadini europei residenti nel Regno Unito era pari a 3,8 milioni. Alcuni professionisti che si occupano di immigrazione hanno peraltro comunicato che molti cittadini europei hanno accettato il consiglio dell’Home Office di posporre la presentazione della domanda per richiedere la permanent residence fino a quando non verrà introdotto un nuovo sistema post Brexit, momento in cui tali soggetti potranno richiedere il cosiddetto “settled status”, termine carico di incertezza.
L’attuale procedura per richiedere la permanent residence è tuttavia molto intricata. Il modulo per presentare richiesta ha circa 85 pagine, e cambia in continuazione. Alle volte è addirittura necessaria l’assistenza di un avvocato per rispondere alle domande più intricate. Ma una cosa è certa: nonostante la complessità e il costo, la cosa più consigliabile da fare in questo momento è quella di presentare subito domanda. Coloro che decidono di aspettare fino a dopo la Brexit, infatti, si ritroveranno a presentare domanda assieme ad altri 4 milioni di persone, in quella che potrebbe essere definita la coda più lunga della storia.
Per coloro che intendono rimanere nel Regno Unito ancora per un paio d’anni non è fondamentale ponderare bene prima di prendere una decisione sul da farsi. Tuttavia, coloro che intendono rimanere in UK più a lungo hanno una sola strada che potrà garantire loro un futuro privo di discriminazioni: prendere la cittadinanza inglese.
Ad esempio, Mark Carney, governatore della Banca di Inghilterra e cittadino canadese, ha deciso di seguire questa strada. Tuttavia, questi si trova in una posizione più vantaggiosa in quanto cittadino del Commonwealth. Questi ultimi, infatti, sono comunque autorizzati a votare alle elezioni generali del Regno Unito. Per i cittadini europei, dunque, l’acquisizione della cittadinanza inglese è una conquista ancor maggiore, in quanto pone garantisce il diritto a votare nel Regno Unito, ponendo fine al problema della tassazione senza rappresentanza.
Così come è stato dimostrato dal Referedum sulla Brexit, il diritto a votare può essere critico. Se i cittadini europei residenti nel Regno Unito avessero infatti potuto votare al Referendum del 2016, i loro voti avrebbero potuto spostare l’ago della bilancia sul “Remain”.
Ci sono anche alcuni soggetti che dichiarano di parlare per conto degli europei che vivono nel Regno Unito. Alcuni tra questi hanno buone intenzioni, ma non tutti intendono agire nell’effettivo interesse degli europei che risiedono in UK.
Bisognerebbe infatti prestare attenzione ai Remainers più accaniti: coloro che vogliono votare nuovamente contro un accordo di recesso con l’intenzione di indire un secondo referendum sulla questione.
Un capovolgimento pacifico e consensuale del risultato del primo referendum sarebbe un’ottima soluzione, ma la possibilità che ciò si verifichi è pari a zero. Un annullamento violento della Brexit è forse in un certo senso un po’ più probabile, ma di certo contrario agli interessi degli europei.
Diversamente, l’opzione più probabile a seguito di un eventuale rigetto dell’accordo di recesso è appunto una no deal Brexit.
Un accordo in tema Brexit non è magari quello che gli europei residenti in UK avrebbero voluto, ma è di certo lo scenario migliore a cui possono andare incontro al momento, soprattutto perché’ in tale caso verrebbe data alla maggioranza dei cittadini europei una prospettiva di stabilità nel lungo termine.
Tuttavia, i cittadini europei che risiedono nel Regno Unito, anche se non possono partecipare alle votazioni del paese, non sono del tutto impotenti, conservando il diritto di votare nel paese di cui hanno la cittadinanza. Londra, di fatto, è considerata la sesta città più numerosa della Francia, dato l’elevato numero di cittadini francesi che vi risiedono. Una delle ragioni per cui i governi europei stanno spingendo a favore della conclusione di un accordo con il Regno Unito è quella di “accalappiarsi” gli elettori che ivi risiedono.
Alcuni dicono che Regno Unito e Unione Europea raggiungeranno un accordo, e che quest’ultimo verrà ratificato dalla House of Commons.
Tuttavia, sussiste un rischio non trascurabile che tale accordo fallisca. Ed è proprio questa l’eventualità a cui gli europei dovrebbero prepararsi.
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