La composizione negoziata della crisi. Un successo inatteso

Il  legislatore italiano ha “istituzionalizzato” l’istituto della composizione negoziale della crisi posto che esso, originariamente disciplinato dal d.l. 24 agosto 2021, n. 118, è stato successivamente traslato nel nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza. Si tratta di un istituto nuovo, non concorsuale, che mira al risanamento dell’impresa. I suoi presupposti, sia soggettivi che oggettivi, sono delineati dall’art. 12 del CCII, il quale prevede che l’imprenditore commerciale e (rectius: o) agricolo può chiedere la nomina di un esperto al segretario generale della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura nel cui ambito territoriale si trova la sede legale dell’impresa, quando si trova nelle condizioni di cui all’articolo 2, comma 1, lettere a) o b), oppure quando si trova anche soltanto in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza e risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa.

Dunque, l’istituto può essere attivato da un imprenditore commerciale o agricolo: quindi, ai sensi dell’art. 2195 C.C., da imprenditori che esercitano un’attività industriale diretta alla produzione di beni o di servizi, un’attività intermediaria nella circolazione dei beni, un’attività di trasporto per terra, per acqua o per aria, un’attività bancaria o assicurativa ed altre attività ausiliarie delle precedenti. E, ai sensi dell’art. 2135 C.C., da imprenditori che esercitano attività quali la coltivazione del fondo, la selvicoltura, l’allevamento di animali e attività connesse. In ultimo, anche dalle imprese cosiddette sotto-soglia o minori, alle quali il legislatore (art. 25-quater CCII) ha riservato uno speciale iter.

Quanto al presupposto oggettivo l’imprenditore commerciale o agricolo deve trovarsi tecnicamente in stato di crisi ex art. 2, co. I, l. a) e quindi in uno stato debitorio che renda probabile l’insolvenza e che si manifesta con l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi. Oppure deve trovarsi in stato di insolvenza (art. 2, co. I, l. b), cioè, tecnicamente, in quello stato debitorio che si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni. Viepiù, l’art. 12 del Codice anticipa il lasso temporale della crisi ricomprendendo nel campo applicativo dell’istituto anche i casi in cui essa sia soltanto probabile. Ciò che però è necessario – una vera e propria condicio sine qua non – è che il risanamento dell’impresa risulti ragionevolmente perseguibile. Conseguentemente, se l’impresa si trova in uno stato di conclamata insolvenza, non suscettibile di risanamento e quindi irreversibile, è da ritenersi che l’istituto non possa essere attivato.

La procedura si svolge attraverso una piattaforma telematica nazionale accessibile agli imprenditori iscritti nel registro delle imprese attraverso il sito istituzionale di ciascuna camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura. Essa è gestita dal sistema delle camere di commercio, per il tramite di Unioncamere, sotto la vigilanza del Ministero della giustizia e del Ministero dello sviluppo economico. L’elenco degli esperti è tenuto presso le camere di commercio di ciascun capoluogo o province autonome.

Secondo i dati di Unioncamere di novembre 2024 in tre anni sono state avviate 1963 composizioni negoziate della crisi con un incremento, nell’ultimo anno, del 60% (fonte: L’Economia del Corriere della Sera, 20.01.2025). Di rilievo sia qualitativo che quantitativo le imprese coinvolte: si passa da realtà imprenditoriali operanti nella lavorazione dell’acciaio e con rilevanti fatturati, ad imprese operanti nel campo della produzione di carta e cartone o dei rivestimenti per la casa e l’arredo; così come ad imprese operanti nel campo tessile, nell’abbigliamento fino a toccare attività che operano nel digitale e nell’intelligenza artificiale. Si tratta di imprese colpite dai grandi rincari energetici e delle materie prime, o dalla crisi dell’automobile che ha ridimensionato la produzione della componentistica aziendale; così come di imprese impegnate in acquisizioni societarie che hanno comportato conseguenti esposizioni debitorie. Va da sé che un istituto come la Composizione negoziata, che interviene già in presenza di indizi di crisi, è molto appetibile sia per scongiurare una crisi più grave e irreversibile, sia perché dà risultati in tempi brevi, in genere entro un anno e sia perché, salvo ipotesi specifiche quali, per esempio, la richiesta di protezione dalle azioni creditorie, si svolge in via stragiudiziale, informale, laddove l’esperto è, sostanzialmente, un mediatore. Tutto ciò fa si che l’istituto sia diventato appetibile anche ai fondi di investimento: sia ai fondi specializzati nei finanziamenti alle imprese in difficoltà finanziarie, sia ai fondi di investimento meramente speculativi, anche stranieri. I primi alla luce dei benefici che la legge concede loro: tra tutti la prededuzione dei crediti; i secondi per la possibilità, visto il moltiplicarsi delle procedure di composizione negoziata, di concedere prestiti a tassi di interesse elevati, anche superiori al 12% (fonte: L’Economia del Corriere della Sera, 20.01.2025).

In conclusione, un istituto nato sulla scia delle Raccomandazioni europee, mirante fondamentalmente a salvare le imprese in crisi non irreversibile, è oggi diventato un istituto strategico per le imprese di ogni tipo, grandi o piccole, e finanche uno stimolo – chi l’avrebbe immaginato – per la speculazione finanziaria.

La sua realistica fattibilità, alla luce soprattutto della circostanza che l’imprenditore mantiene la gestione dell’impresa, in uno con la possibilità di “guadagnare tempo” per avviare anche vere e proprie ristrutturazioni e schermarsi dalla iniziative dei creditori (anche se in questo caso dovrà adirsi il tribunale), lo ha trasformato in uno strumento “ordinario” per la “cura” delle imprese ed in uno strumento di strategia aziendale sempre più diffuso. Ciò è un bene, posto che la salvaguardia delle imprese e la prevenzione di crisi irreversibili, e quindi la prevenzione di “patologie” quali l’insolvenza, appunto, irreversibile, rientrano nella ratio legis e giovano non solo al tessuto imprenditoriale ma anche al suo variegato indotto. Certo, l’effetto collaterale della genesi di fenomeni speculativi forse non era stato messo in conto dal legislatore e, obiettivamente, era difficilmente preventivabile. Starà alle parti coinvolte, ed all’esperto in primis, valutare attentamente l’opportunità di ricorrere a finanziamenti troppo onerosi. La prassi è in continua evoluzione. Vedremo.

 

Avv. Girolamo Lazoppina

(info@studiolegalelazoppina.com)

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