E’ stato affermato in passato che “la vera natura dell’attivita’ bancaria non consista tanto nel prestare somme di denaro, ma piuttosto nell’ottenere la loro restituzione”. Analogamente, e’ possibile affermare che una causa e’ coronata da successo, non tanto se si ottiene una sentenza favorevole in giudizio, quanto se si riesce ad incassare il dovuto. Non sono isolati, infatti, i casi in cui il tribunale di un qualunque Stato americano si sia trovato nell’impossibilita’ di dare esecuzione ad una propria sentenza per la mancanza, nel suo territorio, di beni appartenenti all’imputato, possibili oggetti di pignoramento. In tali circostanze, quindi, il creditore, per poter ottenere soddisfazione, e’ costretto ad instaurare un secondo giudizio davanti al tribunale dello Stato in cui si trovano i beni del debitore.
Mentra la Costituzione americana stabilisce espressamente il principio secondo cui, qualunque sentenza, purche’ emessa negli Stati Uniti, sia che provenga da un tribunale statale che da uno federale debba ottenere automatico riconoscimento ed esecuzione in ciascuno Stato della Confederazione, a condizione che tale sentenza sia stata ivi appositamente registrata (art. IV della Costituzione), lo stesso principio non trova, invece, applicazione in riferimento a sentenze emesse da un tribunale di un Paese straniero. La ragione risiede nel fatto che, negli Stati Uniti, non esiste alcuna legge federale o trattato internazionale, che disciplini il riconoscimento e l’esecuzione di sentenze straniere nel Paese (a differenza, ad esempio, di quanto previsto daslla Convenzione di New York, ratificata dagli Stati Uniti nel 1970, che, in materia, di arbitrato, stabilisce, invece, l’automatico riconoscimento ed esecuzione delle sentenze arbitrali pronunciate nell’ambito degli Stati firmatari). Nonostante la Costituzione americana riconosca al Congresso il potere di legiferare in materia di commercio internazionale e quindi, teoricamente, anche di pronunciarsi sul tema del riconoscimento e dell’esecuzione delle decisioni rese da tribunali stranieri, sino ad oggi, il Congresso non si e’ mai avvalso di tale facolta’. Per queste ragioni, negli Stati Uniti, la materia del riconoscimento e dell’esecuzione delle decisioni emesse da organi giudicanti stranieri e’ disciplinata quasi interamente a livello statale: e’ lasciata, cioe’, all’autonomia legislativa dei singoli Stati della Confederazione.
La mancanza di una disciplina organica, che potesse trovare applicazione nell’ambito dell’intero territorio nazionale ha, tuttavia, stimolato l’interventon della National Conference of Commissioners on Uniform State Laws, che, nel 1962, ha inteso colmare tale vuoto normativo, attraverso la redazione di un apposito statuto intitolato “Uniform Foreign Money Judgments Recognition Act” (UFMJRA). Si tratta di un documento, che si propone di fornire ai singoli Stati della Confederazione, i criteri e le procedure da adottare nel valutare l’idoneita’delle sentenze emesse dai tribunali stranieri ad ottenere riconoscimento e successiva esecuzione all’interno del territorio nazionale. Ben 30 dei 50 Stati della confederazione, oltre al Distretto di Columbia e alle Isole Vergini statunitensi, hanno provveduto alla sua adozione attraverso appositi interventi legislativi. Il crescente volume di affari, registrato negli Stati Uniti, nel settore del commercio internazionale ha, tuttavia, determinato un considerevole aumento delle controversie e, conseguentemente, un numero sempre maggiore di sentenze straniere sono state depositate presso i tribunali statali per ottenere esecuzione. Al fine di gestire questa nuova realta’ e far fronte alle numerose richieste, i redattori dello statuto del 1962 sono intervenuti nuovamente e hanno provveduto ad integrare la versione originale dando alla luce, nel 2005, all’ Uniform Foreign Country Money Judgments Recognition Act” (UFCMJRA).
La principali differenze che si riscrontranonelle due versioni dello statuto sono:
- La versione emanata nel 2005, rispetto a quella del 1962, chiarisce in maniera inequivocabile come sussista una netta differenza tra una sentenza emessa da un tribunale di uno Stato della Confederazione e quella proveniente, invece, da un tribunale di un Paese estero: sebbene siano, infatti, entrambe definite “sentenze straniere”, la prima, riceve automatico riconoscimento in tutto il territorio nazionale, a seguito della semplice registrazione presso il tribunale dello Stato in cui si desidera procedere alla sua esecuzione, come stabilito dall’articolo IV della Costituzione americana, la seconda, invece, necessita di apposito separato procedimento.
- Lo statuto del 2005, a differenza di quello emesso nel 1962, stabilisce espressamente che la parte richiedente il riconoscimento negli Stati Uniti di una sentenza straniera sia tenuta a dimostrare che quest’ultima rientri nell’ambito di applicazione dello statuto (onere della prova a carico della parte che chiede il riconoscimento negli Stati Uniti di una sentenza straniera).
- Allo stesso modo, lo statuto del 2005 prevede, a carico della parte che solleva l’eccezione, l’obbligo di dimostrare l’esistenza di una circostanza che giustifichi il mancato riconoscimento di una sentenza straniera in territorio nazionale.
- A differenza di quanto contenuto nello statuto del 1962, in cui ci si limitava a rimandare al diritto interno di ciascuno Stato, lo statuto emanato nel 2005 contiene un’espressa indicazione della procedura prevista per ottenere il riconoscimento di una sentenza straniera in territorio statunitense: cio’ puo’ avvenire, sia attraverso l’istituzione di apposito procedimento oppure, qualora un procedimento del genere sia gia’ in corso, attraverso la presentazione di domanda riconvenzionale.
- Lo statuto del 2005 stabilisce, infine, un termine di prescrizione pre la presentazione della domanda di riconoscimento di una sentenza straniera negli Stati Uniti. Qualora la sentenza straniera non risulti gia’ prescritta, secondo le normative vigenti nel Paese in cui e’ stata emessa, nel qual caso non potra’ essere riconosciuta neppure negli Stati Uniti, il termine massimo previsto dallo statuto del 2005 per richiedere il riconoscimento di una sentenza straniera, che disponga il pagamento di una somma di denaro, e’ di 15 anni dalla data in cui tale sentenza e’ divenuta esecutiva.
Volendo analizzare in maniera maggiormente dettagliata il contenuto dei due statuti in oggetto, occore, innanzitutto, sottolineare come il loro ambito di applicazione sia limitato alle sole decisioni provenienti da tribunali di Paesi stranieri, che comportino il pagamento di una somma di denaro: non rientrano, tuttavia, nella previsione dello statuto, le sentenze, che dispongono il pagamento di tasse e/o di sanzioni di altra natura, cosi’ come quelle decisioni, in materia di diritto di famiglia, che dispongono il pagamento di alimenti o il versamento di assegni di mantenimento, sottoposte alla disciplina di appositi statuti statali. Inoltre, per poter ottenere riconoscimento negli Stati Uniti, la sentenza straniera deve essere definitiva, inoppugnabile ed esecutiva, ai sensi delle disposizioni processuali vigenti nel Paese, in cui la sentenza stessa e’ stata pronunciata (come previsto dall’art. 2 del UFMJRA e dall’art. 3(a)(2) del UFCMJRA).
A norma dello statuto del 2005, tuttavia, la semplice pendenza di fronte ad una corte di appello o la sua idoneita’ ad essere impugnata, non e’ di per se’ motivo per respingere la richiesta di riconoscimento di una sentenza streaniera in territorio statunitense. Nel recepire il contenuto dello statuto sul punto, alcuni Stati della Confederazione si sono, tuttavia, leggermente discostati ed hanno riconosciuto la facolta’ dei loro tribunali di sospendere il procedimento di riconoscimento in presenza di un giudizio di appello, nel caso in cui un ricorso in appello sia, espressamente, previsto dalla legge del Paese, in cui la sentenza e’ stata pronunciata, oppure qualora la parte soccombente manifesti l’intenzione di impugnare la decisione (vedi, ad esempio, l’art. 1713, comma 6, del Codice di Procedura Civile dello Stato della California).
Lo statuto del 2005 provvede, altresi’, ad elencare le circostanze, che devono e/o possono giustificare il mancato riconoscimento di una sentenza straniera da parte di un tribunale statunitense. Le tre ipotesi, che, per prime, vengono prese in considerazione, evidenziano qualche difetto nell’applicazione e nel rispetto, da parte dei tribunali stranieri, del principio di imparzialita’, che dovrebbe, invece, uniformare ogni ordinamento giuridico. In particolare, di seguito l’elenco delle situazioni in presenza delle quali una sentenza straniere deve essere giudicata “not conclusive” e, come tale, non soggetta ad alcun riconoscimento in territorio statunitense:
- nel caso in cui la sentenza sia stata emessa in un Paese, i cui tribunali non garantiscano un procedimento imparziale o, comunque, non adottino procedure, che soddisfino i requisiti del “giusto ed equo processo”;
- ad eccezione di alcune specifiche circostanze, qualora il tribunale, chiamato a pronunciarsi sul caso di specie, risulti incompetente in quanto sprovvisto di giurisdizione per materia;
- nel caso in cui il tribunale straniero risulti incompetente a pronunciarsi sul caso di specie in quanto sprovvisto di giurisdizione nei confronti del convenuto.
In quest’ultimo caso, tuttavia, la mancanza di giurisdizione nei confronti del convenuto non rappresenta un impedimento al riconoscimento della sentenza straniera, qualora ricorrano le seguenti corcostanze:
- il convenuto ha ricevuto, personalmente, notifica dell’atto di citazione nel Paese straniero, in cui si e’ svolto il processo;
- il convenuto e’ comparso, personalmente e spontaneamente, in giudizio e la sua comparizione non e’ dovuta al solo scopo di contestare la competenza del giudice nei suoi confronti, o di proteggere i propri beni personali dal rischio di pignoramento;
- il convenuto, prima dell’inizio del procedimento, ha manifestato la propria volonta’ a sottoporre quella determinata controversia alla giurisdizione di quel determinato tribunale nel Paese straniero;
- il convenuto era domiciliato nel Paese straniero al momento, in cui il procedimento e’ stato avviato, oppure ivi si trovava la sede principale della sua attivita’ lavorativa;
- il convenuto era titolare di un ufficio nel Paese straniero e la controversia era, strettamente, correlata all’attivita’ lavorativa svolta in quell’ufficio;
- il convenuto era titolare di un veicolo o di un aereomobile registrato nel Paese straniero e la controversia era, strettamente, correlata all’utilizzo di tale mezzo.
La circostanza, infine, che si tratti di una sentenza definitiva ed esecutiva non comporta l’automatico riconoscimento di una pronuncia straniera da parte dei tribunali statali statunitensi. Lo statuto del 2005 attribuisce, infatti, piena discrezionalita’ agli organi statali, qualora ricorra una delle seguenti condizioni:
- il convenuto non ha ricevuto notifica dell’atto di citazione con sufficiente anticipo per poter, adeguatamente, preparare la propria difesa in giudizio;
- la sentenza straniera e’ stata frutto di un inganno, che ha impedito alla parte soccombenete di sostenere le proprie ragioni in giudizio;
- l’oggetto della controversia alla base della sentenza emessa dal tribunale straniero risulta contrario ai principi di ordine pubblico vigenti nello Stato americano chiamato a pronunciarsi sul riconoscimento;
- la sentenza straniera risulta in contrasto con altra pronuncia emessa nel Paese o in altro Stato;
- il procedimento tenutosi nel Paese straniero risulta in contrasto con un precedente accordo intervenuto tra le parti, prima che la sentenza venisse ivi pronunciata;
- la sentenza straniera e’ stata emessa sulla base del semplice presupposto che la notifica dell’atto di citazione al convenuto e’ avvenuta nel Paese straniero; pertanto, il principio del foro non conveniente trova applicazione.
La previsione esplicita di una clausola contrattuale, che preveda la devoluzione di eventuali controversie, legate all’adempimento delle rispettive obbligazioni contrattuali, ad un giudice o ad un tribunale italiano, puo’ rappresentare una strada percorribile, a condizione che la successiva notifica dell’atto di citazione alla controparte statunitense avvenga nel rispetto del principio del “giusto processo”. Tale princio risulta soddisfatto ogni qualvolta all’imputato venga, tempestivamente, notificato l’atto di citazione in giudizio, venga offerta l’opportunita’ di prendere parte al procedimento e di esporre la propria linea difensiva, attraverso l’escussione di testimoni e la presentazione di prove e venga, infine, garantito il diritto di essere giudicato da un organo imparziale. Queste sono, infatti, le condizioni necessarie affinche’ un tribunale statunitense possa decidere di riconoscere una sentenza emessa da un tribunale italiano.
Stefano Linares, Esq.
Attorney and counsellor-at-law ; New York