Le aziende lavorano sempre più spesso in paesi esteri, complice il nuovo incremento dei viaggi d’affari e la crescente richiesta di accordi di lavoro a distanza. Questi accordi possano pero’ avere un impatto sugli obblighi fiscali delle aziende in questione. Ad esempio:
- i viaggi interstatali per i lavoratori a distanza che normalmente lavorano da casa possono comportare obblighi fiscali per i fringe benefit;
- i viaggi internazionali, anche solo per un paio di settimane, possono comportare obblighi fiscali per la società nelle giurisdizioni estere;
- sono stati proposti emendamenti alle norme australiane sulla residenza fiscale individuale che potrebbero far sì che periodi di soli 45 giorni trascorsi in Australia nel corso dell’anno fiscale possano far scattare la residenza fiscale australiana.
Prendersi il tempo necessario per comprendere questi rischi è importante sia per i viaggi di breve durata che per gli incarichi a lungo termine, sia dal lato del datore di lavoro che per il dipendente.
Considerando l’esempio di un responsabile delle vendite che si reca nel Regno Unito, ciò potrebbe creare un problema di stabilimento permanente per il datore di lavoro nel Regno Unito. Per evitare questo risultato, si dovrebbero prevedere delle restrizioni per il direttore vendite che negozia o conclude contratti per conto del datore di lavoro australiano mentre si trova nel Regno Unito. Per il responsabile delle vendite, ciò potrebbe creare un problema di residenza e quindi obblighi fiscali nel Regno Unito. Un periodo di soli 17 giorni può avere questo risultato se il direttore vendite è stato residente nel Regno Unito in uno dei tre anni precedenti. L’accordo sulla doppia imposizione tra Australia e Regno Unito potrebbe essere d’aiuto, ma non sempre fornisce una risposta chiara per coloro che si sono spostati molto tra i Paesi e non si sono stabiliti in modo permanente in un luogo.
Per i viaggi a lungo termine, occorre considerare chi si assume il rischio fiscale: alcuni datori di lavoro scelgono di equiparare fiscalmente i dipendenti che intraprendono incarichi esteri, mentre altri chiedono al dipendente di assumersi il rischio ai fini della retribuzione totale. In ogni caso, la decisione presa deve essere consapevole.
Vanno comunque fatte le seguenti considerazioni:
- chi deve essere qualificato come l’ente datore di lavoro (tenendo presente che in alcuni casi gli obblighi fiscali possono ricadere sul “datore di lavoro economico” piuttosto che sul “datore di lavoro legale”)
- stabilire se i contributi australiani per la superannuation devono essere mantenuti mentre il dipendente è all’estero o in pausa
- determinare se in Australia sorgano obblighi di trattenuta PAYG per i salari pagati al dipendente
- considerare i pacchetti retributivi complessivi
- comprendere le retribuzioni che devono essere incluse ai fini dell’imposta sui salari
Anche la categoria del visto può avere un impatto, poiché l’Australia distingue tra le tasse per chi viaggia con un visto temporaneo e quelle per chi ha un visto permanente.
E’ sempre e comunque consigliabile che i dipendenti richiedano una consulenza fiscale, in quanto determinate decisioni possono avere un impatto sulla tassazione del loro patrimonio privato.