La Brexit minaccia di avere un impatto significativo su tutte le imprese del Regno Unito, soprattutto quelle impegnate nel settore dell’importazione ed esportazione.
Che si raggiunga o meno un accordo con l’Unione Europea entro il 31 dicembre 2020, è inevitabile che le imprese del Regno Unito e dell’Unione Europea, a partire dal nuovo anno, si ritroveranno a fare i conti con nuove procedure doganali. Nel caso di no deal, i rapporti commerciali tra Europa e Regno Unito saranno disciplinati dalle norme del World Trade Organisation e ciò significa che:
- Per tutte le importazioni dall’Unione Europea al Regno Unito si applicheranno le stesse aliquote previste per le importazioni provenienti da paesi terzi con cui il Regno Unito non ha negoziato accordi di libero scambio;
- Anche le esportazioni dal Regno Unito all’Unione Europea saranno trattate come tutte le esportazioni con i paesi che non godono di un accordo di libero scambio con l’Unione Europea.
È chiaro, dunque, che ci sarà un aumento dei prezzi per le merci importate ed esportate.
La Brexit non risparmierà le relazioni tra le imprese del Regno Unito e quelle residenti in un paese terzo con cui l’Unione europea ha un accordo di libero scambio o un accordo preferenziale, se non nel caso in cui il Regno Unito e il paese interessato decidano di proseguire con il loro accordo. Sono circa 40 gli accordi di questo genere che interessano 70 paesi. Benché alcuni di questi paesi abbiano già deciso di rinnovare gli accordi anche per il periodo post Brexit, la maggior parte è ancora in fase di negoziazione.
Vediamo quali sono gli aspetti che le imprese devono considerare così da non arrivare impreparati alla fine del periodo transitorio.
Tariffe: in caso di accordo, le imprese dovranno verificare in che modo quanto concordato, in relazione alle norme di origine, influisca sulle merci che devono essere importate dall’UE o esportate nel Regno Unito. Si teme, ad esempio, che le merci provenienti dal Giappone (con il quale il Regno Unito ha negoziato un nuovo accordo di libero scambio) non possano essere considerate del Regno Unito quando i prodotti assemblati nel Regno Unito vengono esportati nell’UE. Pertanto, le merci assemblate nel Regno Unito possono ancora essere soggette a dazi doganali quando vengono esportate nell’UE. Inoltre, alcuni contratti possono contenere disposizioni specifiche, mentre altri possono fare riferimento a un Incoterm (International Commercial Terms, indica la serie di termini utilizzati nel campo delle importazioni ed esportazioni).
Dogane: numerose saranno le procedure doganali da rivedere, non solo nei rapporti tra Regno Unito e Unione Europea ma anche tra Unione Europea e gli altri paesi con i quali non saranno rinnovati gli accordi di libero scambio.
Ritardi: con l’attuazione della Brexit, aumenteranno, sicuramente, i controlli alle frontiere. Di conseguenza, è probabile che si verifichino ritardi, indipendentemente dal fatto che un’impresa abbia rispettato le formalità doganali richieste. Tutte le aziende devono considerare l’impatto che tali ritardi potranno avere sulle loro attività.
Variazioni del tasso di cambio: nel periodo post Brexit, il tasso di cambio del Regno Unito potrebbe essere più volatile e variare a lungo termine. Di conseguenza, le aziende dovrebbero considerare di essere contrattualmente protette dal rischio di variazione dei tassi di cambio.
Modifiche: occorre valutare se:
- I contratti prevedono dei rimedi in caso di modifiche sostanziali negative;
- È possibile chiedere dei rimedi attraverso procedure generali di controllo delle modifiche;
- È possibile chiedere un risarcimento invocando le clausole di forza maggiore o per frustrazione del contratto.
Tasse: bisognerà valutare l’impatto dei cambiamenti nel regime IVA.
Staff: se la capacità delle parti di eseguire il contratto dipende dalla presenza di personale (fornitori) che lavora nel Regno Unito o in Europa, bisognerà valutare l’impatto della Brexit sulle regole relative all’immigrazione e quelle relative alle nuove disposizioni di viaggio, sia in caso di deal che in caso di no deal.
Norme e regolamenti: è molto probabile che saranno oggetto di modifiche in caso di no deal, sia perché le norme e i regolamenti britannici cambieranno, sia perché le nuove norme e i regolamenti UE non saranno attuati nel Regno Unito. Inoltre, in alcuni casi, le imprese dovranno ottenere specifiche autorizzazioni regolamentari e/ o conformarsi a requisiti supplementari in materia di etichettatura.
Terminologia del contratto: qualsiasi riferimento agli organi, alle leggi e ai regolamenti dell’UE dovrà essere modificato.
Diritti territoriali: occorrerà verificare se i contratti che si riferiscono all’UE come territorio comprenderanno ancora il Regno Unito dopo la Brexit.
Responsabilità e perdite recuperabili occorre verificare la capacità dell’azienda di recuperare (o la sua vulnerabilità ai crediti) le perdite attribuibili agli effetti della Brexit.
Diritti di recesso: le aziende dovrebbero considerare:
-In che misura i fornitori o i clienti sono in grado di annullare i contratti per motivi legati alla Brexit;
-In quale misura l’impresa può esercitare il diritto di recesso.
Rischio di solvibilità: bisogna valutare la possibilità che i fornitori o i clienti possano essere colpiti da rischi di solvibilità attribuibili ai costi di crescita dell’attività e o all’effetto dei ritardi sui processi che dipendono da consegne just-in-time.
Esecuzione dei contratti: tutte le sentenze emesse nel Regno Unito in relazione a contratti che includono disposizioni per la giurisdizione non esclusiva del Regno Unito non possono essere esecutive nell’UE dopo la Brexit (fatto salvo il reciproco riconoscimento delle sentenze).