Non vi è alcun principio o obbligo generalmente riconosciuto nel diritto contrattuale inglese di utilizzare la buona fede durante la negoziazione di un contratto.
I tribunali inglesi hanno respinto i suggerimenti secondo cui l’obbligo di negoziare in buona fede dovrebbe essere implicito in un contratto. È un principio tradizionale del diritto inglese che una parte contrattuale debba essere libera di far valere il proprio interesse durante la negoziazione.
A volte le parti includono l’obbligo esplicito di negoziare in buona fede, ma i tribunali inglesi di solito lo considerano equivalente a un accordo tra le parti e, quindi, questo non risulta avere nessuna rilevanza quando, dal contesto letterale del contratto, non emerge nessun riferimento.
Secondo la legge inglese, il principio generale prevede che i tribunali concludano che, salvo prove contrarie, l’ultimo insieme di termini accordato tra le parti prima dell’accettazione o dell’esecuzione del contratto regolerà il contratto: si tratta della dottrina della cosiddetta dottrina del “last shot “. Nel caso di contratti di fornitura, solitamente e’ il fornitore a prevalere in caso di divergenze sulla forma contrattuale in quanto questi può controllare il processo di vendita non accettando di fornire beni o servizi fino a quando l’acquirente non accetti le sue condizioni.
Il fornitore può imporre, attraverso una clausola contrattuale, la propria prevalenza su qualsiasi condizione fornita dall’acquirente, ad esempio:
“L’accettazione da parte del [Fornitore] del tuo ordine è soggetta ai termini e alle condizioni di vendita del [Fornitore].”
(The acceptance by [Supplier] of your order is subject to [Supplier’s] terms and conditions of sale).
L’uso di questo tipo di linguaggio non è una garanzia assoluta che si applichino i termini stabiliti dal fornitore, ma cio può scoraggiare alcuni acquirenti dal rispondere introducendo a loro volta ulteriori termini, poiché risulta alquanto improbabile che vengano accettati. Tale “clausola prevalente” non sarà efficace laddove il fornitore abbia successivamente accettato di accettare i termini dell’acquirente o se l’acquirente si rifiuta espressamente di accettare i termini del fornitore.
Laddove le parti intrattengano rapporti commerciali sulla base delle stesse condizioni per un periodo di tempo, ciò potrebbe costituire prove di una “negoziazione in corso” e i rispettivi termini utilizzati dalle parti saranno considerati i termini del loro contratto. Ciò può consentire a un fornitore di sostenere successivamente che i suoi termini devono trovare applicazione nel caso in cui un acquirente tenti successivamente di introdurre nuovi termini di acquisto.
Quanto ai requisiti di lingua, non vi e’ alcun obbligo legale di redarre un contratto nella lingua inglese, anche se cio’ non costituisce generalmente un problema siccome molto spesso i contratti internazionali vengono comunque redatti in lingue inglese.
La regola generale secondo la legge inglese è che un contratto commerciale non deve essere redatto in una forma particolare per essere legalmente vincolante. Finché esistono gli elementi base di un contratto – ovvero offerta, accettazione, corrispettivo, intenzione di creare un rapporto giuridico e certezza dei termini – non importa se un contratto viene stipulato su carta o online.
La questione chiave quando si stipulano contratti online è garantire che i termini siano correttamente inseriti nel contratto – vale a dire, la parte che accetta i termini deve avere la possibilità di leggerli prima di accettare il contratto. Questo può essere fatto fornendo un link contenente i termini e le condizioni con una casella di spunta per dichiararne l’accettazione. Se il link ai termini non viene aperto e una parte non si preoccupa di leggere i termini, ciò andrà a scapito della parte perché il contratto sarà comunque vincolante.
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