IVIE : Le menzogne di Stato, il caso degli immobili in Francia.
Con il decreto “ Salva Italia” è stata istituita l’imposta sul valore degli immobili situati all’estero , abbreviata IVIE.
Questa imposta si presta a numeriose critiche.
La principale è l’evidente profilo di incostituzionalità: non vi puo’ essere disparità di trattamento fiscale fra i proprietari di immobili sulla base dell’ubicazione degli stessi, sia nazionale che estera.
Secondo il consolidato costume del legislatore italiano la normativa è stata introdotta, modificata ed integrata; il solito ginepraio.
Questo intervento è interessato solo gli aspetti operativi immediati in vista della scadenza del termine per il pagamento. Tutte le altre questioni sono rinviate a successivi interventi.
Per ragioni di opportunità si esamina solo la situazione dei contribuenti italiani che posseggono un immobile in Francia. La situazione è analoga per tutti gli altri paesi, ma non abbiamo il tempo e le necessarie informazioni per una esaustiva trattazione.
Presupposto dell’imposta e soggetti passivi.
L’imposta è istituita con effetto retroattivo, a decorrere dal periodo d’imposta 2011.
L’imposta è dovuta dalle persona fisiche residenti nel territorio dello Stato che detengono degli immobili ( terreni e fabbricati) all’estero, a qualsiasi uso essi siano destinati.
Soggetto passsivo dell’imposta è il proprietario dell’immobile ovvero il titolare di un diritto reale.
Intanto bisognerebbe chiarire che per residenza si intende la residenza fiscale, residenza che attrae al sistema impositivo italiano tutti i redditi ovunque siano stati prodotti.
La nuova imposta patrimoniale ha lo scopo dichiarato di assoggettare ad imposizione gli investimenti effettutai all’estero dai residenti fiscali italianI.
Orbene, la dizione letterale della normativa lascia intendere che l’immigrtato che acquisisce lo status di residente fiscale italiano deve assoggettare ad imposta anche gli immobili che eventualmente possedeva nel paese di origine o altrove ancor prima di immigrare in Italia.
Assai difficile comprendere la ratio di questo passaggio, se non una mera esigenza di cassa.
Misura dell’imposta.
L’aliquota dell’imposta è fissata nella misura dello 0,76 per cento, calcolata sul valore dell’immobile.
L’imposta non è dovuta qualora non superi i 200 euro.
L’imposta è dovuta proporzionalmente alla quota di possesso ed ai mesi dell’anno nei quali si è protratto il possesso. Nel computo della durata si considera mese intero quello in cui il possesso si è protratto per almeno quindici giorni.
Credito e super credito d’imposta.
Dalll’imposta dovuta di detrae, fino a concorrenza del suo ammontare, un credito d’imposta pari all’ammontare dell’eventuale imposta patrimoniale versata nell’anno di riferimento nello Stato estero in cui è situato l’immobile.
L’imposta sul patrimonio fa parte delle imposte dirette e colpisce il patrimonio netto del contribuente. Nel caso in cui un’imposta, come per l’IVIE, colpisce una determinata categoria di beni, si dovrebbe parlare di tassa di possesso o, a tutto concedere, di imposta patrimoniale specifica. L’esatta qualificazione della nuova imposta è fondamentale per gli effetti che produce.
Per scongiurare il rischio di impugnazione ed eventuale annullamento dei trattati contro le doppie imposizione il fisco italiano accorda la possibilità di detrarre l’equivalente imposta pagata nello stato estero in cui sono situano i beni immobili.
Situazione Kafkiana: non pare esistano stati esteri che applicano un’imposta patrimoniale specifica, o tassa di possesso sugli immobili. Infatti in tutti gli stati esteri, se e quando è applicata un’imposta patrimoniale, la base imponibile è determinata detraendo tutti gli oneri ammessi in detrazione come i mutui e quant’altro. Tra l’altro la maggior parte dei Paesi comunitari ha abolito da tempo l’imposta patrimoniale: Irlanda (1978), Austria (nel 1994) Danimarca (1997) Germania (1997) Olanda (2001) , Islanda,Finlandia e Lussemburgo (2006), Svezia (2007). Il Giappone l’aveva già abolita nel 1950. L’imposta patrimoniale era, fino a qualche mese fa, un argomento secondario, una scelta di politica fiscale in netto declino, sia sul piano teorico che su quello pratico. Resta la posizione della Francia che esaminiamo a parte.
Il contribuente ha il diritto di avvantaggiarsi di un credito di imposta analoga all’Ivie; imposta che non paga.
Nell’ipotesi estrema in cui vi sia uno Stato estero ove è applicata un’imposta analoga all’Ivie, scatta la seconda trappola.
Questa fantomatica “ imposta patrimoniale analoga” estera è detraibile, ai fini del calcolo dell’imposta IVIE, nell’anno di riferimento nello stato estero in cui è situato l’immobile. Il che vale quanto dire, sempre nell’esercitazione scolastica, per un’imposta estera analoga, che non esiste, si ha: anno di competenza 2011, anno di presentazione della dichiarazione per l’applicazione dell’imposta patrimoniale estera 2012, anno di pagamento, principio di cassa, 2012.
Morale: i contribuenti italiani non posso detrarre l’ipotetica imposta pagata all’estero perché non sono stati effettivamente inciso nell’anno di competenza dell’IVIE.
Niente paura: arriva il super credito d’imposta.
Se dopo aver detratto, si fa per dire, l’imposta patrimoniale pagata all’estero si resta a debito si può portare in detrazione l’eventuale residuo credito di imposta originato dalla tassazione di redditi prodotti all’estero. Le regole per la detrazione del credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero sono note.
Se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi prodotti all’estero, le imposte ivi pagate a titolo definitivo su tali redditi sono ammesse in detrazione dall’imposta netta dovuta fino alla concorrenza della quota d’imposta corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all’estero ed il reddito complessivo, al netto delle perdite di precedenti periodi d’imposta ammesse in diminuzione.
I redditi si considerano prodotti all’estero sulla base di criteri di reciprocità con lo stato estero. Se concorrono redditi prodotti in più Stati esteri, la detrazione si applica separatamente per ciascuno Stato estero. A proposito di criterio di reciprocità, non è appurato che la nuova imposta sia regolata dal trattato contro le doppie imposizioni vigente fra Italia e Francia ed in tutti i trattati ispirati al modello OCSE.
Ed ecco la trappola. La detrazione , leggi credito d’imposta, deve essere conteggiata nella dichiarazione relativa al periodo d’imposta in cui è prodotto il reddito estero al quale si riferisce l’imposta ( esempio 2011), a condizione che il pagamento a titolo definitivo avvenga prima della sua presentazione. Nel caso in cui il pagamento a titolo definitivo avvenga successivamente, si procede a nuova liquidazione dell’imposta dovuta e si finisce a credito.
In pratica che possiede un immobile in Francia, paga le imposte sul reddito ( Impôt sur le revenu) a metà ottobre, deve presentare la dichiarazione, pagare il dovuto, senza tener conto del credito d’imposta, e quindi a fine ottobre procede ad una nuova liquidazione della dichiarazione presentata.
Il nostro contribuente potrebbe, i seguito alla nuova liquidazione dell’imposta, vantare un credito nei confronti dell’Erario, sui tempi del rimborso non vi è certezza.
Base imponibile.
Nella prima parte del Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate non emergono particolari problemi e lo si riprende pari pari. Il valore è costituito dal costo risultante dall’atto di acquisto o dai contratti e, in mancanza, secondo il valore di mercato rilevabile al termine di ciascun anno solare nel luogo in cui è situato l’immobile.
Qualora l’immobile non sia più posseduto alla data del 31 dicembre dell’anno si deve fare
riferimento al valore dell’immobile rilevato al termine del periodo di detenzione.
Per gli immobili acquisiti per successione o donazione il valore è quello dichiarato nella dichiarazione di successione o nell’atto registrato o, in mancanza, il costo di acquisto sostenuto dal de cuius o dal donante risultante dalla relativa documentazione o, in assenza di documentazione, il valore di mercato rilevabile nel luogo in cui è situato l’immobile.
I problemi pratici ed interpretativi cominciano con la parte relativa agli immobili siti nell’Unione Europea e nello Spazio Economico Europeo. Vediamo cosa dice la legge e che cosa precisa l’Agenzia delle Entrate.
Per gli immobili situati in Paesi appartenenti alla Unione Europea o in Paesi aderenti allo Spazio Economico Europeo, che garantiscono un adeguato scambio di informazioni, il valore è quello catastale, come determinato e rivalutato nel Paese in cui l’immobile è situato, assunto a base per la determinazione di imposte reddituali o patrimoniali. Tale criterio si applica anche qualora gli immobili sono pervenuti per successione o donazione.
In assenza del suddetto valore, si assume il costo risultante dall’atto di acquisto o dai contratti e, in mancanza, il valore di mercato rilevabile nel luogo in cui è situato l’immobile.
Innanzi tutto, vista la continua mutazione delle liste bianche, grigie e nere, appare opportuno precisare che, per l’anno 2011, i paesi che garantiscono un adeguato scambio di informazioni sono gli attuali 27 paesi dell’Unione Europea e la Norvegia; per quanto riguarda lo Spazio Economico Europeo restano fuori Islanda e Liechtestein.
Il vero problema è rappresentato dalla previsione di privilegiare la determinazione dell’ imponibile sulla base del valore catastale. In primis potrebbe anche andar bene, l’Erario cerca di far cassa anche per gli anni a venire confidando sulle rivalutazioni periodiche degli estimi catastali.
Subito dopo l’Agenzia delle Entrate precisa che il valore catastale si aplica cosi’ come determinato e rivalutato nel Paese in cui l’immobile è situato, ed è stato assunto a base per la determinazione di imposte reddituali o patrimoniali nel Paese estero stesso.
Siamo punto ed a capo. Credo che il valore catastale non sia assunto ai fini della determinazione dell’imposta sul reddito o dell’imposta patrimoniale in alcun stato dell’Unione Europea o della Spazio Economico Europero. Poiché una simile previsione supera di gran lunga ogni possibile fantasia: ci si limita ad esaminare il caso degli immobili siti in Francia, fattispecie per la quale si dispone delle necessarie informazioni.
Immobili siti in Francia: base imponibile ed imposte deducibili.
Per una soddisfacente disamina delle problematiche relative all’applicazione dell’Ivie agli immobili siti in Francia ed appartenenti a contribuenti residenti in Italia occorrono alcune premesse teoriche.
Cio’ è indispensabile per poter analizzare compitamente e serenamente la legge che istituisce l’Ivie e le successive istruzioni dell’Agenzia delle Entrate.
Imposte e tasse.
In estrema sintesi le imposte sono quanto il contribuente corrisponde, a secondo la sua capacità contributiva, e senza alcun nesso diretto con lo svolgimento da parte dell’Ente pubblico di una particolare attività o di un servizio. Le imposte sul reddito sono, di regola progressive.
Le tasse sono il corrispettivo che il cittadino versa allo Stato, o ad altra istituzione pubblica, in relazione ad un’utilità che egli trae da determinati servizi prestati dallo stato o dagli altri organismi ed organizzazioni pubblici. Le tasse, di regola, non sono progressive ed,a volte, sono applicate in misura fissa.
Imposte e tasse francesi gravanti sugli immobili.
In Francia, sugli immobili, sono in vigore un’imposta patrimoniale e un’imposta sul reddito, oltre a due tasse locali.
L’imposta patrimoniale francese ( Impôt sur la fortune) non ha niente a che vedere con l’Ivie italiana.
Le persone fisiche con domicilio fiscale in Francia che dispongono di un patrimonio di valore superiore o uguale a 1 milione e 300 mila euro devono pagare l’ISF. L’imposta è dovuta anche dalle persone fisiche che, pur non residenti in Francia, posseggono beni ivi situati, per un valore netto superiore o uguale a 1,3 milioni di euro.
Ci sono alcune regole attenuative che non incidono su questa analisi specifica.
In primo luogo emerge chiaramente ed indiscutibilmente che il fisco francese, a seconda dei casi, assoggetta ad imposta patrimoniale il patrimonio o il valore netto dei beni. Questo sta a significare che il contribuente porta in detrazione debiti, oneri, muti e quant’altro.
Il contribuente italiano è chiamato a pagare l’imposta sul valore di acquisto o in base alle rendite catastali rivalutate, senza possibilità alcuna di detrarre alcunché.
Si sa che in Francia è possibile contrarre dei mutui “in fine”, mutui per i quali il contribuente è finanziato sino al 100% del prezzo di acquisto e paga i soli interessi. Il debito verrà estinto se e quanto il debitore lo riterrà opportuno. Non è un caso limite, il ragionamento vale, in qualche modo, per qualsivoglia tipo di mutuo.
Ne consegue che il contribuente italiano è obbligato a pagare l’Ivie su un patrimonio determinato artificialmente senza tener conto degli elementi passivi che riducono legalmente ed effettivamente questo valore.
Il patrimonio preso a base per il calcolo dell’imponibile Iimposta sulla fortuna francese è quello del nucleo familiare, nucleo che puo’ essere diverso da quello per l’imposta sui redditi, caso in cui si applica lo splitting.
Nessuna analogia tra l’imposta patrimoniale francese e l’Ivie italiana.
L’imposta sul reddito francese ( impôt sur le revenu). Per la determinazione del reddito imponibile le rendite catastali rivalutate non sono mai prese in considerazione. Il sistema fiscale francese assoggetta a tassazione i redditi realmente conseguiti dai contribuenti, con esclusione di qualsivoglia presunzione di reddito e con esclusione del ricorso alle rendite catastali.
Quindi l’importo pagato a questo titolo non trova applicazione per la determinazione del credito di imposta da conteggiare ai fini Ivie.
Restano le imposte locali: tassa fondiaria (taxe foncière) sulle proprietà costruite o da costruire, e la Taxe d’habitation.
Intanto è bene notare che la legislazione francese parla correttamente di tasse e non di imposte, il che basta ad impedire di tenere conto di queste tasse nella determinazione dell’eventuale credito d’imposta.
Comunque entrambe le tasse sono destinate al pagamento delle spese sostenute dal comune e dagli altri enti territoriali per soddisfare le necessità dei cittadini e quindi nonhanno nessuna anlogia con l’imposta patrimoniale italiana.
Questo conferma ulteriormente, ammesso che ve ne fosse bisogno, che le tasse e le imposte che gravano sugli immobili ubicati in Francia non concorrono alla determinazione di un eventuale credito di imposta da conteggiare ai fini Ivie.
Lo stesso vale per il précompte immobilier belga e per la Council Tax del Regno Unito.
Pur necessitando una ulteriore e specifica analisi non è difficile prevedere che nei paesi della Comunità Europea e dello Spazio Economico Europeo sia in vigore un’imposta patrimoniale analoga all’IVIE italiana.
Sono soggetti all’Invie esclusivamente le persone fisiche residenti in Italia e sono, percio’ esclusi, dall’applicazione dell’imposta le società semplici, gli enti non commerciali e i trust che soggiaciono alla normativa ed agli adempimenti di monitoraggio fiscale.
Conclusioni.
La commissione europea ha già avviato una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia in relazione al conflitto fra la disciplina del modulo RW ed il Trattato sul funzionamento dell’Unione.
Oltre ad alcuni profili di incostituzionalità non è difficile prevedere che la legge che introduce l’imposta patrimoniale sugli immobili e attività finanziarie all’estero sia in aperto e flagrante contrasto con il Trattato istituivo dell’Unione Europea che prevede la libera circolazione di persone, merci e capitali.